È IN SILENZIO CHE TI SPEZZO

15 0 0
                                    


All'inizio pensò le avesse dato un pugno, ma il sangue che colò pesante sul colletto bianco della sua camicetta le disse il contrario: sembrava che la pelle appena sotto lo zigomo fosse a brandelli, tanto che Lauren rimase con la mano a mezz'aria quando fece per avvicinarsi alla zona interessata.
Qualcosa brillò al polso del suo avversario, distraendola dalla carta da parati che cadeva a pezzi sulla parete alla sua sinistra. Qualcosa di contundente spuntava da appena sotto la manica del suo giubbotto; sembrava avesse delle lame che gli spuntavano tra le dita, tenute insieme da quattro anelli di ferro congiunti.
Aveva i capelli ricci schiacciati sulla fronte madida, mentre lasciava che sangue non suo gli gocciolasse dagli occhiali squadrati. Era forse quel dettaglio ad indurire i lineamenti di un volto che altrimenti sarebbe stato ancora giovane. Lauren vide sgranarsi i suoi occhi scuri, e in un attimo le fu di nuovo addosso.
Facendo leva sul pianoforte alle sue spalle, gli assestò un calcio alle costole. Lo vide rimanere senza fiato. In un attimo gli fu davanti ed ebbe l'occasione di guardare da vicino quel volto che conosceva così bene. Lui ricambiò lo sguardo, ancora stordito. Lauren strinse la mano destra a pugno e lo colpì alla tempia, sentendo la stanghetta degli occhiali speccarsi sotto le nocche.
Il ragazzo urtò un armadietto dalle ante di vetro sopra cui erano esposti parecchi soprammobili dall'aria fragile, mentre i suoi occhiali andarono a finire sotto un mobile di legno che sembrava sul punto di marcire. Urlò quando lei gli premette lo stivale sul petto, spingendolo con la schiena contro i frammenti di vetro e di cristallo; senza staccargli gli occhi di dosso, le dita di lei sfiorarono il tasernella tasca interna del suo cappotto. In quel momento un dolore acuto si impossessò della sua gamba sinistra e fu il suo turno di urlare contro il soffitto alto della Stanza della Musica. Scegliere una stanza insonorizzata per affrontare il ragazzo era stata una decisione saggia.
Un pezzo di vetro spesso almeno cinque millimetri spuntava ora dal suo stivale, l'altra estremità – lo sentiva – conficcata in profondità nella sua carne. La mano di lui sanguinava copiosamente, ma questo non lo dissuase dal rivolgerle un ghigno trionfante prima di liberarsi dalla sua presa.
Lauren capì di dover essere veloce: afferrò un pezzo di stoffa impolverato da sotto una statuetta di ceramica che rotolò lontano da lei. Strinse tra i denti l'orlo del cappotto ed estrasse il corpo estraneo dalla sua gamba. Cadde in avanti con entrambe le mani, la vista annebbiata che le nascondeva le scrostature del parquet. La gamba pulsava fastidiosamente, come minacciando esplodere all'interno dello stivale.
Lo vide chinarsi su di lei e pensò l'avrebbe finita; invece lo sentì armeggiare con il suo cappotto, e quello che avvertì in seguito fu la canna della sua stessa pistola puntata sulla fronte. Non le era mai venuto in mente di usarla, e la infastidiva che lui volesse usarla per porre fine alle loro danze. Sentiva i capeLlli lunghi appiccicati al collo, e l'immagine del ragazzo in piedi di fronte a lei continuava a sdoppiarsi sullo sfondo fatiscente della stanza.
Un click spezzò l'aria, e non fu solo il grilletto della pistola che sparò a salve, in aria, lontano dal viso di Lauren. La gamba ferita si fece sentire non appena l'adrenalina abbandonò il suo corpo e lei mugolò di dolore, tornando a rannicchiarsi per terra. Poco lontano da lei, il ragazzo non se la passava meglio. Ripiegato su se stesso, continuava a tenersi il polso, imprecando tra i denti. La pistola era a metà strada, sotto il pianoforte. Lauren capì che la parte più difficile sarebbe stata non fare rumore, ma aveva appena finito di raccogliere le forze che un bagliore proveniente dall'alto attirò la sua attenzione. Fissò lo sguardò ancora per qualche secondo e lo vide: il lampadario di cristallo aveva dato come un fremito. Spostò lo sguardo dal lampadario, alla pistola sul pavimento, al ragazzo che ancora era chino sul suo polso e contemporaneamente tentava evitare che il sangue gli finisse negli occhi.
Di nuovo, Lauren decise velocemente.
La custodia di cuoio da cui sfilò il pugnale portava lo stesso stemma che si poteva trovare sul leggìo del pianoforte e sull'argenteria al piano di sotto. La lasciò cadere sul parque.
- James!
Lui alzò lo sguardo verso di lei, il viso sudato e incredulo al sentire il suo nome urlato da lei.
Passò un attimo in cui non passarono nemmeno i secondi, poi Lauren mirò ai pochi centimetri di pelle in mezzo ai suoi occhi sgranati e lanciò in pugnale.
James riuscì a buttarsi di lato proprio mentre il lampadario di cristallo cedeva e precipitava nel punto dove pochi secondi prima c'era lui, bloccando la corse del pugnale di Lauren. Si sentì comunque un urlo, uno dei tanti inghiottiti dalla stanza insonorizzata. James se ne stava rannicchiato su un fianchi, una mano premuta su un occhio e un rivolo di sangue che gli sgorgava tra le dita.
Regnò il silenzio per qualche minuto.
Sentire la gamba ferita scivolare all'interno dello stivale le fece salire un conato di vomito, ma non osava slacciare i lacci degli stivali che le arrivavano fino al ginocchio, perché la pressione che applicavano era forse l'unica cosa che le stesse impedendo di morire dissanguata.
Scivolò sul pavimento che scricchiolò rumorosamente, ma James non accennava ad alzarsi. Continuò a tenere gli occhi fissi sulla sua sagoma immobile mentre recuperava la pistola, trascinandosi la gamba ferita, e controllava le munizioni.
La porta si spalancò. Un uomo il cui viso conosceva molto bene, solo più segnato di quanto Lauren ricordasse, comparve sulla soglia. Aveva addosso la stessa uniforme – un completo scuro composto da pantalone con giacca e gilet - che indossava nei giorni in cui Lauren aveva corso tra quei corridoi alta la metà dei centimetri che poteva vantare adesso.
Aspettò di vedere il lampo di comprensione nei suoi occhi, che le avrebbe detto di essere stata riconosciuta. Poi tese il braccio e sparò. Si sentì il rumore di qualcuno che aveva fatto cadere un vassoio. Lauren rise. Si voltò, e vide che James non c'era più. La finestra era aperta sul nulla che circondava la casa. Se si aguzzava la vista, si poteva scorgere un'ombra allontanarsi nel buio.
Lauren avvertì dei passi trafelati giungere alla porta; piegò il braccio infilando la canna della pistola tra i suoi capelli, appena sotto il suo orecchio, e la donna non ebbe nemmeno il tempo di urlare.




-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-




Ho scritto la mia prima Originale come esercizio per provare a produrre una scena d'azione. Ho fatto del mio meglio, anche se in realtà mi sono iscritta al contest piuttosto tardi, diciamo a cinque giorni dalla fine. Spero che il raiting sia giusto, e soprattutto spero che vi sia piaciuta!
Storia partecipante al contest "Spade Incrociate" indetto da mystery_koopa sul Forum di EFP.

È in silenzio che ti spezzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora