Prologo

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Zurigo, settembre, tarda serata.

La ragazza si guardava attorno in continuazione, non intendeva rimanere in quel luogo ancora per molto. Sussurrò a se stessa:

«Dai Anika, dove ti sei cacciata?»

Il suo sguardo, come aveva fatto numerose volte negli ultimi minuti, corse frenetico verso lo schermo del telefono che teneva stretto tra le mani. Provò inutilmente a richiamarla.

«Ti do ancora qualche minuto e poi giuro su Dio che me ne vado e lascio che sia lui a portarti a casa.»

Quella serata era già iniziata come una pazzia: l'invito a guardare un incontro di lotta clandestina all'interno di un anonimo capannone nei pressi della stazione. Lei non sarebbe voluta andare, ma la sua migliore amica, Anika, aveva conosciuto uno dei lottatori in una discoteca e l'aveva implorata dicendo di aver pianificato tutto nei minimi dettagli. Dopo tanta insistenza l'aveva finalmente convinta.

Dopo che il misterioso ragazzo ebbe combattuto, Anika si era dileguata con la scusa che lo avrebbe solamente salutato e che sarebbe tornata in un batter d'occhio. Aveva assistito ad altri tre combattimenti e di Anika nessuna traccia; apparentemente la sua amica stava per concludere, in grande stile, la folle serata.

Se solo sua madre o il suo ragazzo avessero scoperto dove si trovava l'avrebbero ammazzata.

Lo show, come l'aveva definito il presentatore, era finito. Era bastato un solo avviso dagli altoparlanti e tutti si erano dileguati come in un trucco di magia e lei si era ritrovata ad aspettare, completamente sola, in una viuzza buia. Nemmeno mostrare al gorilla che faceva il buttafuori il suo telefonino, con il suo ultimo e minaccioso messaggio aveva funzionato. Il tipo non l'aveva nemmeno guardato mentre la spingeva con gli altri verso l'esterno. Per fortuna erano andate con la sua macchina, dove lei si trovava in quel momento. Se fosse rimasta a piedi lì fuori se ne sarebbe andata a casa, avrebbe trovato un taxi e piantato in asso la sua amica.

Quel luogo le faceva venire i brividi, le ricordava la scena finale di un film che avevano visto nell'ultimo weekend: il protagonista era un assassino seriale che trovava le sue vittime in luoghi che sembravano esattamente come quello.

Grossi contenitori erano adagiati ai lati della stretta viuzza e si accatastavano ai cassonetti dell'immondizia, creando ombre inquietanti sotto la debole luce dei pochi lampioni sparsi. Scale per l'uscita di emergenza dei capannoni apparivano come minacciosi giganti metallici e il silenzio che regnava nell'aria le faceva percepire ogni piccolo rumore amplificato all'infinito.

Nella sua mente, scene del film si mescolavano ai brutali flash della serata giocandole brutti scherzi e facendola sentire sempre meno sicura. Le riecheggiava ancora nelle orecchie la voce del presentatore; le parole che suonavano colme di rabbia per via di quel tono marcato, mentre si girava a braccia aperte sul ring annunciando i combattimenti.

Poteva percepire l'adrenalina che aleggiava nell'aria in perfetta armonia con le risate degli invitati e con il chiasso delle donne semisvestite che raccoglievano le scommesse.

All'inizio le due ragazze erano rimaste impressionate da quella strana esibizione, avevano riso e commentato quelle che sembravano le scene di un film hollywoodiano. Più tardi erano rimaste affascinate quando, vicino a loro, avevano intravisto alcuni giocatori della nazionale di calcio nonché altri personaggi famosi. Era la prima volta che andavano in un luogo simile. Alcune persone erano vestite come se avessero dovuto recarsi ad un evento di lusso, altre sembravano dirigenti dopo una giornata di lavoro e i pochi giovani che avevano intravisto erano vestiti come loro: per una serata in una stupenda discoteca.

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