4. Ricovero

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Oliver

La settimana passò in fretta anche se avevo un, come lo potevo definire, insolito rapporto con gli ospedali; era un caso di amore e odio, ambedue profondamente radicati dentro di me.

La mattina dopo il mio 'incidente' mandai un messaggio a mio zio dicendogli di non preoccuparsi, usando la scusa che ero a casa di qualche ragazza. Pensai che sarebbero bastati uno o due giorni per migliorare le condizioni del mio viso, ma mi sbagliai di grosso. Al terzo giorno la mia faccia assomigliava ad una polpetta di carne macinata, due dei miei denti erano ancora instabili e l'unico occhio che si apriva lacrimava senza sosta, per non parlare del resto del corpo.

Decisi di andare avanti con il piano di riserva e chiamai Pops, quel simpatico signore era stato uno dei primi camerieri a lavorare nel ristorante di Giò, mio zio; da anni lavorava e viveva con noi, contavo su di lui per aiutarmi senza alzare un polverone. Mi sbagliai un'altra volta. Quando gli dissi dove mi trovavo e gli spiegai che mi serviva qualcuno che andasse a recuperare la mia macchina vicino alla stazione di Zurigo, non mi chiese altro, tirai un respiro di sollievo.

I problemi iniziarono quando, assieme alla macchina, Pops mi portò anche Giò.

Non avevo mai visto mio zio così arrabbiato, lui non era di certo uno stupido ed io non ero più un adolescente scavezzacollo. La scusa doveva essere perfetta ed era fondamentale che reggesse, per niente al mondo avrei coinvolto loro due nelle mie faccende personali.

Il litigio in un bar sembrava essere la migliore soluzione, visto come ero conciato. Anche se la sgridata fu violenta, la scusa sembrò reggere.

Pops rimase in disparte mentre mi guardava preoccupato, quel signore mi conosceva da quando ero piccolo e sapevo quanto tenesse a me. Giò fu subito perdonato, come potevo arrabbiarmi con qualcuno solo perché mi voleva bene?

***

Finalmente il giorno della mia dimissione arrivò. Il medico curante insistette nel dirmi che mi avrebbe mandato a casa solamente quando avrei parlato con il cardiologo. Purtroppo sapevo già di quale argomento avremmo discusso, quella era per me una vecchia storia ormai conclusa, non ci sarebbe stato dottore al mondo che mi avrebbe fatto cambiare idea. Quello era il principale motivo del mio rapporto di odio e amore con gli ospedali.

Non volevo che nessun altro ascoltasse quella conversazione. Pops fu facile da convincere, il pover'uomo aveva una paura folle degli ospedali, perciò quando gli chiesi di aspettarmi vicino alla macchina, accennò un 'sì' con lo sguardo sollevato e si allontanò, quasi correndo.

Convincere Giò fu praticamente impossibile. Anche se non avevamo legami di sangue, visto che era il marito di mia zia, quell'uomo teneva a me ed aveva tutto il mio rispetto. Da giovane ero andato a vivere con lui e negli anni era diventato come un padre per me.

Fu irremovibile e per confermare le sue intenzioni si piazzò in piedi in un angolo della stanza. In un silenzio colmo di nervosismo aspettammo l'arrivo del cardiologo.

Giò controllava continuamente il suo telefono, anche se era affiancato da una squadra incredibile, non era un compito facile gestire parecchi ristoranti, due alberghi e altre attività sparse per la Svizzera. Negli ultimi anni aveva deciso di vendere le sue attività all'estero per concentrarsi solamente su quelle del suo paese di nascita.

Il bussare alla porta mi fece alzare gli occhi dal telefono. Mi ero già preparato e aspettavo con ansia di finire quello che, ero sicuro, non sarebbe stato un dialogo, bensì un monologo con il cardiologo. Preparai il mio sorriso di cortesia, mentre la porta si apriva.

Mi sorpresi quando, la piccola impertinente dottoressa guastafeste, entrò seguita dal dottore.

La mia schiena si irrigidì sul letto, il respiro accelerò e il sorriso si spense automaticamente. Era più forte di me, mi era stata antipatica da subito, dalla prima volta che mi aveva rivolto la parola.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 04, 2019 ⏰

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