Una ragazza dalla vivacissima chioma color fiamma guardava oltre l'oblò della propria cabina con aria assente. Di tutte le navi che Meryl avesse mai pilotato, ce ne era una in particolare cui non smetteva di pensare. La nave in questione era sicuramente la migliore che avesse mai visto. Dotata di un design impeccabile e di una potenza tecnica assurdamente elevata per gli anni di servizio che aveva. Solo che effettivamente c'era un particolare di quella storia che la infastidiva e la rendeva insofferente: Non era riuscita a pilotarla. Chiusa in quella stanza quadrata, mentre le sue due amiche giravano per la stazione spaziale a gozzovigliare, sembrava che tutto fosse più opprimente e inaccettabile. Continuava a pensare e ripensare a tutte le operazioni che avevano svolto, in cerca di un errore che spiegasse perché diavolo non rispondesse ai comandi. Avevano fatto il pieno di carburante, controllato l'iperguida e attivato le sequenze di avvio convenzionali. Nulla. L'astronave non si era attivata. A quel punto, Z5-GE, il loro droide, aveva attivato tutte le sequenze di diagnosi e analisi che conosceva. Dato il suo trascorso come droide di sicurezza imperiale, era probabile che avesse le capacità per venirne a capo. Invece, anche Zeta si era dovuto rassegnare. Al momento era ancora bordo della nave, in orbita in un luogo sicuro, incapace di arrendersi al compito per via delle prerogative che gli ufficiali imperiali avevano programmato nel suo software della personalità al tempo del suo servizio. Meryl, comunque, non nutriva molta speranza nel droide. E neanche molta simpatia in effetti. Mentre quel rottame del passato continuava la sua diagnosi numerica, lei aveva preferito chiudersi in camera a guardare il soffitto e leccarsi le ferite della delusione.
Inizialmente l'assoluto silenzio della stanza, la infastidiva esattamente come avrebbe fatto un vociare animato, per cui aveva recuperato un gioco della sua infanzia; una pallina di gomma corelliana, e aveva giocato con essa, lanciandola contro la parete e riprendendola dopo un rimbalzo e così via. Dopo qualche minuto così, però, Meryl aveva smesso di divertirsi e aveva permesso al silenzio di invadere di nuovo la cabina. Restò immobile e pensierosa per un po' e tentò di dormire quando la noia la invase, ma il sonno non arrivò. Con estrema riluttanza, decise di vestirsi e raggiungere quelle due smorfiose che non la capivano. In realtà, in un angolo remoto della sua mente, sapeva che avevano ragione. D'altro canto, il veicolo in questione, non sarebbe rimasto a loro una volta scoperto come farlo funzionare. Avrebbero dovuto subito fare rotta per il rendez-vous con i compratori, coloro che le avevano commissionate per il lavoro di recupero, in un punto specifico di una rotta commerciale secondaria, e consegnarla senza troppe cerimonie. Quindi perché perdere la testa per una nave che tanto non sarebbe mai stata sua? Ama ed Edi avevano fatto leva su questa teoria per convincerla a lasciarle perdere la corvetta, ma loro non erano cresciute nei cantieri di costruzioni, non possedevano la metà della sua sensibilità nautica e non potevano capire. Meryl si legò i capelli rossi in uno chignon, indossò un cappello con visiera e uscì dalla porta della cabina. SI portò dietro la pallina antistress, che faceva rimbalzare a intervalli irregolari tra le pareti della stazione e gli sguardi scandalizzati degli altri ospiti. Trovare le sue amiche, non fu affatto difficile. Amanita Carson, la sua migliore amica fin dai tempi dell'Accademia piloti, e Ediz'lowa, per le amiche Edi, la Twi'lek, erano di fronte al bancone del bar, intente a tracannarsi uno di tanti cocktail. Lanciò la pallina in direzione delle due, ancora intente a sghignazzare con il barista. La palla di gomma prese una strana direzione, puntando verso il calice che Amanita teneva sopra il bancone, e sarebbe stata fatale per il drink di Ama se non fosse intervenuta Edi, che possedeva dei riflessi Twi'lek ben superiori a quelli umani, a prenderla al volo. Amanita si girò verso la nuova arrivata con uno sguardo imbronciato.
"Ti sarebbe toccato ripagarmelo sai?".
Meryl non rispose, richiese indietro la pallina e fece per sedersi in un divanetto lontano. Le altre due si scambiarono uno sguardo preoccupato e decisero di abbandonare le ostilità. Ama si sedette affianco e s'impose un tono materno.
"Senti, facciamo così. Una volta che ci avranno pagato per il lavoro, avremo i soldi per toglierci qualche sfizio. Ci compreremo una nuova nave. La sceglierai tu. Va bene?".
Meryl non rispose. L'offerta era chiaramente allettante, ma ancora non si capacitava del fatto di aver tra le mani una nave così leggendaria e di non averla potuto pilotare neanche a un quarto d'impulso. Edi le alzò la visiera del cappello, che le stava coprendo lo sguardo, e la guardò dritta negli occhi color nocciola. "Andremo su Ryloth. Sai, lì costruiscono astronavi davvero veloci. Questa è lentissima... e poi è probabile che si sia proprio fusa del tutto. Cosa te ne faresti di un rottame simile, Emme?".
"D'accordo". Disse soltanto. In realtà, per quanto riguardava la velocità, sapeva che quella nave in particolare poteva essere infinitamente superiore agli Ala X dell'Alleanza, i caccia più veloci dell'universo conosciuto. Invece, per quanto riguardava il cosa se ne sarebbe fatta, aveva almeno un centinaio di rotte diverse da propinargli come risposta, ma non disse nulla per non guastare ulteriormente la situazione.
"Mi portate anche a me uno di quelli?", disse invece, puntando lo sguardo su uno dei cocktail azzurrini che stavano bevendo le due.
Amanita, di nuovo raggiante, volò verso il bancone. Forse contenta di essere utile in qualcosa a Meryl o forse, più probabilmente, per passare altro tempo insieme al barista. Edi rimase al tavolo, continuando a fissare l'amica con un sorriso pieno di comprensione, che per la verità la infastidiva. Decise di farla parlare, così forse avrebbe smesso di guardarla come se fosse una piccola cucciola nel corso di una tempesta ormonale.
"Quanto è distante Ryloth da qui?". Ora che le avevano fatto quella promessa, non se la sarebbe lasciata scappare.
"Oh, alla velocità della luce ci impiegheremo..."
Il comunicatore di Ama vibrò. Meryl premette il pulsante centrale. Comparve un ologramma. La sagoma di un androide della sicurezza.
"Capitano Carson sono... ah, sei tu". La voce metallica del droide cambiò rapidamente umore. "Dici che potrebbe essere nelle tue facoltà quella di passarmi il Capitano e proprietario del comunicatore che stai abusivamente utilizzando?".
Meryl rispose con un gestaccio.
"Al momento è impegnata, insulso pezzo di latta".
Il droide sussurrò qualcosa. Meryl non comprese, e non chiese dettagli. Fece per spegnere la comunicazione, ma fu lo stesso Zeta a parlare.
"Sono riuscito a mettere in funzione la nave". Disse, senza un'enfasi che avrebbe sicuramente inserito nella frase se l'interlocutrice fosse stata Amanita.
"Cosa?". Meryl, invece, non resistette. L'euforia prese il sopravvento.
"Sono riuscito a...".
"No idiota. Intendo, come?".
"Attraverso la procedura di ripristino codificazioni d'emergenza dell'Impero Galattico. La nave stava utilizzando un codice originario risalente alla sua costruzione in lingua sullust che bloccava..."
"Ok, ok arriviamo!".
"Ah, umani...".
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Star Wars: A New Universe
FanfictionAlla vigilia della leggendaria Battaglia di Endor, una visione della Forza mostra a Luke Skywalker come cambiare le sorti dello scontro finale contro il malvagio imperatore Palpatine e salvare suo padre da morte certa. Il jedi modificherà la storia...