Io e lui siamo sempre stati l'uno l'opposto dell'altro.
Io e lui non siamo mai stati uguali, né mai lo saremo.
Se lui era la musica, la poesia, io ero la danza e l'ebbrezza.
Se lui era la calma in una sera d'inverno, in riva al fiume, io ero il caos e l'euforia di una festa.
Se lui era la razionalità, il pensiero logico, io ero l'istinto, il prendere decisioni impulsive.
Se lui era le carezze al mattino, gli sguardi pieni d'amore, io ero il sesso e i ritmi ditirambici.
Eppure le nostre vite erano intrecciate irrimediabilmente l'una all'altra, per mano di Sofocle che meschino, si divertì a fondere armonicamente la divina ebbrezza di Dioniso con la pacata sobrietà di Apollo, per creare della poesia pura, bianca, immacolata, come mai i nostri corpi erano stati.
______________________
«In alto i calici, quindi, e che anche questa notte sia presto dimenticata!» la coppa dorata, dal gambo lungo e sottile venne innalzata dalle piccole dita del giovane dai capelli rossicci, i quali ricadevano sulla sua fronte morbidi e indomabili, accarezzandogli la nuca e solleticandogli le spalle. A seguire, anche gli altri invitati, nessuno escluso, copiarono il gesto ricolmo di significato, sollevando un coro disordinato di urla, parole sconnesse ed esortazioni; era consuetudine, ormai, per quel genere di feste, era la prassi per lui.
Jimin era sempre stato circondato da persone che lo amavano, sin dall'infanzia; era sempre stato un ragazzo solare, gentile, dalla personalità leggera e sognatrice. Jimin era sempre quello con la testa fra le nuvole, sempre quello che prendeva la vita così come gli arrivava e ne gioiva in ogni istante. La sua anima era consacrata al caso, e indubbiamente, al caos: la confusione, il gusto agrodolce dell'inaspettato e il brivido dell'ebbrezza erano le poche cose che lo facevano sentire vivo, che gli facevano pompare il sangue nelle vene fino a farlo arrivare al cervello, stordendolo. Ogni volta, quelle piccole scosse gli attraversavano la spina dorsale, inebriando ogni nervo del suo corpo, donandogli una sensazione di estasi che poche cose nella sua realtà erano capaci di dargli.
Le toghe bianche e ancora candide, nessuna macchia rossastra a sporcare il tessuto, ricadevano lungo i corpi tonici e dorati delle decina di giovani che affollavano la sala dalle pareti dorate, decorate con dei mosaici variopinti in alcune parti e con dei vasi e delle piante esotiche in altre. Jimin aveva un gran debole per lo sfarzo, era semplicemente attratto da qualunque tipo di oggetto, ornamento o accessorio che luccicasse o fosse ricoperto da un leggero strato dorato. Per questo motivo amava riempire la sua dimora -alla quale lui stesso continuava a contrapporre l'aggettivo eccessivamente errato "umile" - delle statue più disparate, dalle più oscene raffiguranti scene di sesso, alle più classiche, rappresentanti figure celebri della storia passata.
Il primo calice di vino rosso venne ingurgitato dalle labbra del giovane padrone di casa, che se ne stava adagiato sul tavolo noncurante di essere fastidioso per i suoi stessi ospiti: d'altra parte, quelle feste non avevano nessuna regola.
I tamburi suonavano in sottofondo, il ritmo incalzante di chissà quale danza aveva spinto alcune coppie di ragazzi a sciogliere i propri nervi, ballando come in preda alle convulsioni. Altri, invece, avevano riservato un angolino del salone solo per loro e i loro baci bagnati, le loro lingue che si accarezzavano e i loro sospiri sognanti.
E Jimin era là, che come ogni volta si godeva il tutto, osservatore e attore allo stesso tempo. Sorseggiava il nettare divino senza fine, poiché della sua coppa non vedeva mai il fondo: qualcuno, per lui, si preoccupava di riempirla sempre. Così, l'alcol entrava in circolo presto e improvvisamente nel suo corpo, ancora comodamente adagiato fra i cuscini e i grappoli d'uva.
STAI LEGGENDO
Διώνυσος | Dionysus - Yoonminjoon OS
FanfictionIo e lui siamo sempre stati l'uno l'opposto dell'altro. Io e lui non siamo mai stati uguali, né mai lo saremo. Eppure le nostre vite erano intrecciate irrimediabilmente l'una all'altra, per mano di Sofocle che meschino, si divertì a fondere armonic...