Once I called you Brother

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Once I called you brother,
once I thought the chance
to make you laugh
was all I ever wanted...

Sono sempre stato un orfano, mai sentendomi tale.

Sono nato nel regno di Daquan, in anni bui, in cui era usanza lasciare neonati, arrivati da poche ore in questo mondo, vicino a luoghi di culto o alle poche dimore in cui si potevano trovare delle cure. La mia fortuna fu l'essere lasciato, invece, vicino al fiume del piccolo villaggio in cui sono nato ed in cui sarei cresciuto, Nachìa.

Fu un bambino a trovarmi, mentre cercava di recuperare qualche fiore acquatico da regalare a sua madre, che nel frattempo lo osservava da lontano. Fu incuriosito dalla cesta in cui mi trovavo, un oggetto insolito da vedere abbandonato in quel modo, ma mai avrebbe potuto immaginare che, alzando la sottile coperta, avrebbe trovato me. Un neonato che sarebbe presto diventato suo fratello.

Il bambino non ci pensò molto: rimise la coperta come l'aveva trovata, sollevò la cesta con tutte le sue forze e, cercando di non barcollare troppo, corse da sua madre, porgendogliela.

La donna rimase senza fiato, incredula davanti alla mia piccola figura, sorpresa di trovarmi ancora vivo dopo chissà quante ore al freddo e senza cibo. Anche lei non pensò per molto al da farsi, prendendo per mano suo figlio e stringendo nell'altra la cesta, corse verso la loro piccola casa, prendendosi subito cura di me. Quando tramontò il Sole, e dopo tante, tantissime domande del bambino, rincasò suo marito, ed ovviamente le domande, invece di diminuire, aumentarono. Discussero per quasi tutta la notte su ciò che doveva essere fatto, ma quando la donna, Xeria, mi posò nelle forti braccia di suo marito, entrambi tacquero.

Io aprii gli occhi in quell'istante: mio padre mi ha sempre raccontato che è stata la prima persona a cui ho mostrato un accenno di sorriso. Fu il mio piccolo sorriso a salvarmi, mi diceva.

Io sono sempre stato convinto che siano stati loro, tutti e tre, la mia salvezza.

«Benvenuto a casa, Jareb».

I miei genitori non mi hanno mai mentito, ho sempre saputo di non essere loro figlio naturale, ma non mi è mai importato. Né loro né mio fratello Tric mi hanno mai fatto sentire diverso.

Tric era più grande di me di quattro anni e tutto ciò che volevo, crescendo, era essere come lui, emularlo in qualsiasi cosa, seguirlo ovunque, fare le stesse identiche cose che faceva lui. Da adulto, mi rendo conto che il mio comportamento potesse essere molto fastidioso, ma Tric non mi ha mai scacciato via: è sempre stato lì per me, pronto perfino a prendersi la colpa delle mie bravate. Ogni cosa che ho vissuto, l'ho vissuta insieme a lui.

Ho sempre pensato che non avrei potuto avere un fratello maggiore migliore.

Nel villaggio, chi non conosceva la mia storia ci scambiava per veri fratelli: entrambi avevano occhi azzurri, chiarissimi, proprio come quelli di nostra madre, sebbene io mi domandassi spesso da chi in realtà li avessi ereditati, ed entrambi eravamo biondi. I capelli di Tric erano leggermente più scuri, quasi dorati, e la sua pelle più olivastra, mentre io ero più chiaro e pallido. Consideravo il Sole un mio grane nemico, visto che mi scottava ogni estate.

Nostro padre, Durin Atamras, era il sommo stregone del villaggio, venerato da tutti, considerato il più buono, il più saggio, il più valoroso. Lo era davvero. Almeno due volte al mese viaggiava nel regno, nei villaggi e nelle città più vicine, per aiutare chi aveva bisogno di lui.

Aveva cominciato ad insegnare a Tric l'arte del combattimento e della magia quando compì dieci anni, ed anche io dovetti aspettare di compiere quell'età per poter iniziare, sebbene spesso seguissi di nascosto le loro lezioni. Almeno, così credevo. Molti anni dopo, Tric mi confessò che lui e mio padre erano ben consapevoli della mia presenza, ma mi lasciavano stare. Grazie ai quattro anni di insegnamento che aveva fatto prima di me, Tric diventò il più bravo ed il più potente, ma anche io me la cavavo molto bene, soprattutto con le arti magiche, quelle che preferivo. Mio padre era, ovviamente, il miglior insegnante che potessimo avere: non era solo bravo con spada, arco e frecce, ma la magia sembrava essere parte di lui, come se non potesse esistere senza. Ci insegnò fin da subito che le arti magiche dovevano essere usate solo per fare del bene, che mai avremmo dovuto addentrarci nelle loro parti oscure e che mai, soprattutto, avremmo dovuto farci inghiottire da esse.

Once I called you BrotherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora