Capitolo 6

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Uscito dall'ospedale individuo subito la mia macchina parcheggiata dopo la sbarra d'ingresso. La raggiungo e una volta dentro sospiro.

«Buongiorno.»

«Buongiorno. Hai fatto colazione?»

«Non ancora...»

«Aspettavi me?» Alza un sopracciglio completamente bianco.

«In effetti sì. Ti va se andiamo sul lungo mare?»

Mio padre non ha ancora acceso la macchina e continua a guardarmi in attesa di una spiegazione.

Nei suoi occhi non c'è collera né preoccupazione, solo curiosità. Ho trent'anni. Sa che so badare a me stesso. Ma è la prima volta che gli chiedo di venirmi a prendere. Mi sono sempre arrangiato da solo ma questa volta non l'ho fatto, Potevo prendere un autobus o chiamare un taxi. Ma ero stanco, non dormivo da più di ventiquattro ore e avevo bisogno di parlare con qualcuno che mi aiutasse a capire. Mio padre ha settantaquattro anni. Ha tutti i capelli bianchi che gli crescono solo ai lati. È poco più basso di me, ma ha ancora un fisico snello. È poco simile ai suoi coetanei e credo che il merito sia nella sua costante allegria. Anche se, devo dire, quando si arrabbia è una vera pila di fagioli. Non ho mai avuto discussioni con lui, anche quando ho smarrito la strada, lui non ha mai perso la fiducia in me. Mai.

«Ottima idea. Tua madre ci ucciderà, ma la calmeremo con un bel maritozzo con la panna.»

«Lo sa che sei qui?»

«No. Le ho detto che andavo a comprare le sigarette.»

«Con la mia macchina?» Dico assottigliando gli occhi per scherzare.

«La mia aveva un parcheggio ottimale. Proprio davanti al portone. La tua invece era sul marciapiede. Pessimo parcheggio. Quindi dovresti ringraziarmi, non lamentarti. Allora? Perché eri in ospedale?»

Sospiro accomodandomi meglio nello schienale della macchina.

«Ieri sera abbiamo soccorso una ragazza. L'ho accompagnata in ospedale.»

«È grave?» Domanda mio padre con un velo di preoccupazione nella voce.

«No. Per ora è stabile. Arresto cardiaco. Abbiamo faticato non poco per riportarla indietro.»

«Mi dispiace. Hanno scoperto la causa?»

«È stata un'overdose.»

Mio padre non commenta limitandosi a guidare.

«Inizialmente, credevo che qualcuno l'avesse... che ne so, drogata! Ma non è così. Sapeva quello che faceva.» Mi passo una mano sul viso contrariato.

«Credi che lo abbia fatto volutamente?» È proprio questa la domanda che mi faccio da quando l'ho soccorsa.

Nessun Domani.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora