Il Demone Dei Sogni (BillDip/Bipper) Pt.1

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Beh, cosa può succedere in quasi quattro anni? Di tutto e di niente, penserete.
Si cresce, in quattro anni, si matura. E così fecero Dipper e Mabel Pines, i due gemelli del mistero, dello straordinario. Dopo quattro anni, finalmente i prozii Stan e Ford avevano deciso di tornare a Gravity Falls per le vacanze estive e di invitare i loro nipotini preferiti. Avrebbero raccontato le loro scoperte, i loro viaggi nell'ignoto. Dipper fantasticava su tutto ciò, guardando fuori dal finestrino del bus che era ormai in viaggio da più o meno due ore. Mentre nel paesaggio si facevano strada alberi, arbusti e cespugli del bosco di Gravity Falls, Mabel dormiva sulla spalla del proprio fratello, con la felpa rosa che arrivava fino a coprirle le ginocchia e i pantaloncini bianchi quasi coperti del tutto da quest'ultima. I gemelli erano diventati dei bei ragazzi di quasi 17 anni: Mabel aveva sviluppato più forme, si era tolta l'apparecchio (a detta sua, un traguardo personale raggiunto in poco tempo) e aveva imparato a non innamorarsi di qualunque ragazzo vedesse, mentre Dipper era cresciuto in altezza e gli erano cresciuti un po' di peli in tutto il corpo, che, per lui, gli conferivano un aspetto molto più virile. Eppure, egli non aveva perso il gusto di andare a caccia di fenomeni paranormali o di stranezze di qualunque tipo.
Dopo poco, Dipper sentii l'autobus fermarsi lentamente vicino ad un cartello che segnava la fermata del bus. Il ragazzo svegliò sua sorella, scuotendola abbastanza forte. Mabel aprì gli occhi di colpo, colpendo suo fratello in testa con una mano. «Ahi! Ma sei impazzita?!» chiese Dipper, massaggiandosi la testa. Mabel sbattè le palpebre un paio di volte, poi sorrise divertita. «Le mie lezioni di karate vanno abbastanza bene, come vedi!» rispose, alzandosi in piedi e prendendo la valigia poggiata in uno dei tanti sedili vuoti che erano presenti in quell'autobus. Dipper si alzò e sbuffò per i modi di fare della sorella. Scesi dall'autobus, i due ragazzi vennero accolti da urla di gioia e schiamazzi, mentre coriandoli colorati venivano lanciati in aria. Uno striscione di "bentornati" era ben teso da entrambi i lati, con Robbie a destra e Wendy a sinistra. I prozii Stan e Ford erano dietro lo striscione e sorridevano, salutando. C'erano Soos e persino Pacifica Northwest ad aspettarli. Inutile dire che Mabel scoppiò a piangere ed andò ad abbracciare praticamente tutti, mentre Dipper sprofondata dentro una melma formata dall'imbarazzo. Ford si avvicinò a lui, battendo gli una mano su una spalla. «Ti vedo bene, campione!» gli disse, con un sorriso a 32(o forse meno) denti. Dipper quindi iniziò il suo giro di saluti, esitando quando vide Wendy. La sua cotta dei tredici anni, non la potrebbe mai dimenticare.
Dopo tutti i saluti, si misero insieme in due macchine diverse, alcuni in quella di Robbie e altri in quella di Stan. Dipper, Mabel e Pacifica avevano iniziato a parlare a raffica, o meglio, Mabel non riusciva a stare zitta un momento momento. Era eccitata per la venuta di Pacifica, non se lo sarebbe mai aspettato, anche se erano rimaste due amiche in buoni rapporti. «Ovviamente ho aiutato nei preparativi per la festa!» esclamò la bionda. Ford sospirò, per poi sorridere leggermente. Dipper li guardò confuso. «Festa? Quale festa?» chiese, con lo sguardo che andava da Ford a Pacifica. «La vostra festa di benvenuto, ovviamente!» esclamò Pacifica, ridacchiando come per prenderlo in giro.

Quella casa immersa nell'ignoto gli era veramente mancata. Da quando i gemelli erano arrivati, i loro amici non avevano fatto altro che riempirli di attenzioni e fare festa. Letteralmente. Il salone della casa era stato abbellito da ogni tipo di festoni colorati in mille modi diversi. Le persone ridevano, mangiavano, ballavano e bevevano divertendosi. Dipper aveva bisogno di una pausa. Riuscì a sgattaiolare fuori da una conversazione abbastanza complicata tra Robbie e Wendy(che, pur essendo rimasti buoni amici, non avevano smesso di litigare) e a dirigersi verso il bosco. Con il solito zaino sulle spalle, un taccuino e una torcia, Dipper voleva inoltrarsi nel bosco per un motivo ben preciso. In questi quattro anni, lo avevano tormentato sempre i soliti incubi, lasciandogli solo brevi periodi di tregua. Ed il protagonista di questi sogni era proprio chiuso lì, in quel bosco.
Dipper si fermò dopo un po' di camminata, arrivando in una piccola radura. Poteva sentire non molto lontano il suono dell'acqua che sbatteva imperterrita sulle rocce, inconfondibile segno di un ruscello lì vicino. Il ragazzo guardò davanti a sé e puntò la torcia contro un pezzo di pietra fin troppo ben levigato. Lì, con una mano tesa davanti a sé, era presente la statua della creatura più vile ed ostile che Dipper avesse mai incontrato: Bill Cipher. Quattro anni fa lo aveva sconfitto, insieme alla sua famiglia ed ai suoi amici, nella battaglia della Weirdmaggedon. La paura che aveva provato, soprattutto quando era stato posseduto da quel demone, era stata immensa. Forse era per questo che nei suoi incubi rivedeva il triangolo da un occhio solo tormentarlo.
Si avvicinò lentamente alla statua, fino a fermarcisi davanti. Non sapeva bene come, ma in qualche modo si sentiva chiamato da essa. Non era una voce chiara e distinta, era solo una sensazione. Il ragazzo afferrò la mano della statua, quasi incantato, poi aspettò. Beh... Cosa si aspettava, esattamente?
Non successe nulla. Dipper sospirò, forse di sollievo, poi voltò le spalle alla statua e fece per andarsene. D'un tratto, però, una luce dorata si sprigionò da dietro le sue spalle. Si girò di scatto, guardando la scena con gli occhi spalancati. La luce che si sprigionava era così accecante che Dipper dovette coprirsi gli occhi con un braccio. Quando, finalmente, la luce si affievolí fino a scomparire del tutto, il castano si guardò intorno. La piccola radura era ritornata nel buio di prima, l'unica luce che si poteva scorgere era quella della torcia di Dipper. Un silenzio innaturale avvolse il luogo. Il ragazzo si guardò intorno e, proprio in quel momento, la luce della torcia si spense. Egli imprecò, sbattendo le mani sulla torcia un paio di volte, ma gli si gelò il sangue non appena sentì uno spostamento dietro le spalle. «Hey, Pinetree... Ti sono mancato?» si sentì sussurrare all'orecchio. Il ragazzo sussultò e cacciò un urlo ben poco virile, cadendo per terra. Si trascinò indietro fino ad arrivare con le spalle contro il tronco di un albero e riuscì finalmente ad accendere la torcia, che alzò per cercare il proprietario di quella voce sinistra. Lì, davanti ai suoi occhi, era presente un ragazzo che poteva avere si e no 25 anni, vestito con una camicia gialla, un gilet nero e dei pantaloni dello stesso colore. In mano teneva un semplice bastone da passeggio in legno intagliato. Aveva i capelli biondi, con un ciuffo laterale che riusciva a coprirgli non molto bene l'occhio destro, sormontato da una benda nera. Dipper rimase pietrificato, con gli occhi spalancati. Per sua sfortuna, aveva riconosciuto quella voce. «No... Non può... Non può essere!» esclamò il castano, cercando di indietreggiare ancora di più ma fallendo miseramente. «Oh, mio caro Pinetree...» disse il demone, avvicinandosi a lui e mostrando un sorriso a 32 denti, che mettevano in mostra i suoi due canini affilati «invece può essere eccome». Bill si inginocchiò davanti al ragazzo, che intanto teneva la bocca semi-aperte per lo stupore. «Tu... Tu dovresti essere morto! E non dovresti essere... Così!» disse Dipper, non riuscendo ancora a capacitarsi di quello che stesse vedendo. Il demone rise, una risata bassa e roca. «Pensavi davvero di avermi sconfitto così facilmente? Illuso...» sospirò, sollevando il viso di Dipper con un dito per guardarlo meglio. «Sai... Ti ho osservato per tutto questo tempo» continuò Bill, senza smettere di guardare ogni angolo del viso del ragazzo davanti a lui «nei tuoi sogni. Quando riuscivo ad avere un contatto più stretto con te, ti venivano gli incubi. Povero cucciolo indifeso...». Dipper non riusciva a muoversi, tanta era la paura quanto la voglia di scoprire come Bill era riuscito a fare tutto ciò per ben quattro anni. «Sapevo che saresti venuto a liberarmi, sai perché?» chiese il demone, inclinando lievemente la testa da un lato. Dipper scosse il capo. «Perché io e te siamo collegati, uniti, se così possiamo dire. E lo saremo... Per sempre!» d'un tratto il demone affondò i denti nella carne del collo dell'umano, facendolo urlare di dolore. Lentamente, il castano incominciò a vedere appannato, mentre nella testa riecheggiava la risata inquietante del demone dei sogni.

[ANGOLO AUTRICE]
Questa one-shot è veramente lunga e alla fine non porta quasi a nulla. Posso fare la seconda parte, se volete, basta chiedere.

Ps: tutte le immagini che metterò non saranno assolutamente mie

one shot, one killDove le storie prendono vita. Scoprilo ora