eppure piange ancora

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Taehyung è stato da sempre un piagnone.
Quando lo conobbi avevo sette anni, lui cinque.
Le nostre madri avevano stretto amicizia in un parco e, inevitabilmente, ci siamo conosciuti anche noi.
Non sono mai stato un tipo paziente, devo ammetterlo, ma Taehyung era capace di far stizzire la persona più paziente di questo mondo; non a caso, capii che lui non fosse il bambino adatto per stare con me.
Aveva la pelle molto scura; quando stavamo assieme ci chiamavano latte e cioccolato perché, sin da piccolo, la mia carnagione è sempre stata molto chiara; i suoi occhi erano innocenti – non che i miei alla sua età non lo fossero – ma lui sembrava davvero in un altro mondo.
Riguardo a questo, mia mamma mi ha sempre detto che ero io il bambino troppo precoce che voleva già sapere tutto sul mondo dei grandi, e forse è anche vero, ma Taehyung, con la sua infantilità non mi è piaciuto fin da subito.
Quando provavamo a giocare assieme ad acchiapparello, finiva sempre per cadere e sbucciarsi le ginocchia. Poi piangeva e correva dalla sua mamma e stava lì per tutto il tempo, e io mi ritrovavo a starmene da solo.
Succedeva sempre questo, eppure ogni volta veniva a cercarmi per giocare.
Una volta cadde, si sbucciò per l'ennesima volta il ginocchio e pianse, ma non corse da nessuna parte.
Rimasi stupito, e allora gli dissi: «Che c'è? Non corri da tua madre?»
Mi presi gioco di lui, ma tutto ciò che fece fu scuotere la testa e mormorare: «Voglio essere forte come te. Tu non piangi mai, non vai mai dalla tua mamma. Voglio essere come te.»
Rimasi spiazzato dalle sue parole, ma non volevo che lui se ne accorgesse; così presi dell'acqua e stracciai la mia maglietta per legargliela al ginocchio, aspettando che il sangue smettesse di uscire dalla ferita.
Ricordo che mi guardò sbalordito, ma io preferii stuzzicarlo ancora: «Adesso te ne stai seduto lì, immagino», ma un'altra volta rispose di no e riprese a giocare con me.

È da allora che mi sono innamorato di Taehyung.

Ammetto di non essermene accorto subito, lo capii solo quando mi ricordai di questo episodio: per la prima volta non ritrovai seccante il suo piagnisteo, e per la prima volta fui paziente con qualcuno.

Taehyung nel corso degli anni non è cambiato.
Forse aveva smesso di piangere quando cadeva e si sbucciava le ginocchia, ma per qualsiasi altra cosa lo faceva eccome, e quando succedeva cercava sempre di non incrociarmi, perché ai miei occhi cercava di essere forte.
In seconda media non mi aveva detto che dei bulli lo avessero preso di mira; me ne accorsi io, quando per sbaglio lo vidi senza maglia e non potei non notare dei lividi su tutto il busto.
Feci finta di non accorgermene, ma lo osservavo durante l'intervallo, e un giorno li vidi: erano cinque ragazzi contro uno solo, e dopo avergli dato della femminuccia solo perché era molto esile, avevano iniziato a picchiarlo.
Anch'io ero esile, però forse avevo la faccia da cattivo, magari lo ero anche.
Li picchiai, ero io contro cinque ragazzi.
Tornai a casa con il naso rotto e Taehyung, piangendo, mi chiese perché lo avessi fatto.

Abbozzai un sorriso e gli dissi che, così facendo, non avrebbe più pianto.

In terza superiore Taehyung era circondato da ragazze, e usciva con tutte solo perché non riusciva a rispondere loro con un "no".
Mi confessò che a lui piaceva una ragazza e le chiese di uscire, credendo che gli avrebbe detto di sì perché lui faceva in questo modo, ma la ragazza declinò l'invito e lui pianse tra le mie braccia.
Allora gli proposi di andare assieme all'appuntamento che aveva già programmato con lei per tirarlo su di morale, e per mia sorpresa lui accettò.

Lo feci per non vederlo piangere.

Qualche mese dopo quest'avvenimento, Taehyung era cambiato: lo vedevo costantemente turbato e aveva smesso di venire a casa mia.
Neanche questa volta dissi niente, perché volevo che fosse lui a confessarmi i suoi turbamenti.
Lo fece dopo una settimana, e mi confessò di aver capito che gli interessavano non solo le ragazze, ma anche i ragazzi.
Gli feci il solito discorso: gli dissi che non c'era niente di male e gli promisi di non dire niente se lui non avesse voluto.
Poi mi ringraziò con un sorriso quadrato.

Lo feci per non saperlo a letto mentre piangeva.

In quinta superiore lo portai al mare, e fece un'osservazione non indifferente: «Yoongi-hyung, tu non piangi mai?»
Mi fece ridere, e poi: «Certo che piango anch'io. Sono umano, ho un cuore e dei sentimenti.»
«Non mi dici mai niente» disse, e per la prima volta non riuscii a nascondere la mia faccia stupita.
Se ne era accorto solo dopo tutto quel tempo?
In ogni caso, non gli parlavo mai dei miei problemi perché non volevo.
Col tempo avevo capito che Taehyung era un piagnone perché era sensibile, e non volevo che prendesse a cuore i miei problemi, bastavano già i suoi.
«Non sono cose gravi, non c'è motivo per cui tu debba preoccupartene troppo.»
E, dopo che calò un silenzio tombale tra di noi, lo sentii lamentarsi di non aver mai baciato nessuno, nonostante i suoi diciotto anni.
Gli chiesi se non avesse mai baciato almeno una delle ragazze con cui era uscito, ma finì per rispondermi con un'altra domanda: «Tu baci una persona al primo appuntamento?» ed era chiaro che la mia risposta fosse no.
«Hai mai baciato, hyung?»
Risposi di sì.
«Mi fai vedere come si fa?»
Ancora una volta risposi di sì.
Lo baciai; mi baciò; ci baciammo.
«Baci bene, hyung» sorrise con le guance a fuoco, mentre annuii distrattamente.

Lo feci perché sapevo che altrimenti avrebbe pianto.

Dopo quel bacio, Taehyung iniziò ad ignorarmi.
Si era fatto degli amici, ed io ero finito nel dimenticatoio.
Come al solito feci finta che non me ne importasse, anche se mi mancava assieme alle sue domande curiose e ai suoi piagnistei, che erano di gran lunga diminuiti... o almeno con me piangeva meno spesso.
Dopo due mesi di occhiate senza scambiarci una parola, venne a casa mia, arrabbiato come mai lo avevo visto, e iniziò ad urlarmi contro.
«Complimenti, Min Yoongi, questo è quanto te ne frega di me» disse così, ed io per un momento non capii.
Gli chiesi cosa avesse, e lui mi rispose retorico: «Cosa mi prende? Ti ho ignorato per due mesi e tu non mi hai neanche chiesto il motivo del mio allontanamento.»
«Se l'hai fatto ci sarà un motivo, e io non voglio costringerti a tenerti incatenato a me se non vuoi», era quello che pensavo, ma mi parve che questa risposta non lo soddisfò abbastanza.
«Brutto coglione,» non scorderò mai queste parole, «ancora non l'hai capito che mi piaci?»
Non dissi niente, troppo spiazzato per rispondere in modo coerente.
Reagii quando vidi i suoi occhi diventare lucidi, e allora lo baciai, perché non volevo essere la causa del suo pianto.
Lui iniziò addirittura a spogliarmi, già eccitato per un po' di lingua.
Non mi tirai indietro; non volevo che piangesse, anzi, volevo assecondarlo e viziarlo, essere la causa dei suoi gemiti e orgasmi.

Avrei fatto qualsiasi cosa per non vederlo piangere.

Io e Taehyung ci fidanzammo, e tutto andò bene fino a quando non compii ventinove anni.
Da qualche anno avevo pensato di chiedergli di sposarlo, perché lui mi aveva detto che ai suoi trent'anni avrebbe voluto farlo.
Però quando compii ventinove anni tutto cambiò.
Avevo iniziato a stare male, mangiavo molto più poco di quanto già non lo facessi e mi sentivo terribilmente stanco.
Facevo del mio meglio per non essere troppo ovvio; non volevo che Taehyung lo sapesse o sarebbe stato male anche lui.
Feci degli accertamenti, e scoprii di essere malato.
Non pensai a me, ma a Taehyung: gli avrei rovinato la vita felice che in realtà volevo dargli.
Piansi per tante notti, notti che passavo insonni a vomitare.
Poi mi feci coraggio e gli dissi di dovergli parlare.

«Voglio rompere, Taehyung.»

Avevo visto così tante volte il suo volto distrutto e pieno di lacrime, ma l'espressione che assunse dopo quello che gli dissi fu nuova ai miei occhi.
Fu dura anche per me.
Da quando avevo sette anni avevo promesso a me stesso di essere colui che gli avrebbe asciugato le lacrime, ed ora ero io la causa del suo malessere.
Non mi chiese il motivo, non disse niente.
Stette seduto sul divano con le mani sul viso mentre piangeva per qualche minuto, poi uscì di casa e non tornò più.
Le mie condizioni peggiorarono dopo una sola settimana, al tal punto che venni portato in ospedale.
Di Taehyung non avevo più sentito parlare, e le nostre mamme non si sentivano più spesso come prima.
Cinque mesi dopo morii, senza mai perdonarmi per aver lasciato Taehyung.

Lo feci per non farlo soffrire per la mia morte.

Lo feci per non farlo piangere, eppure, quando tutti i giorni viene a posare un mazzo di fiori diverso sulla mia tomba, piange ancora.

fine.

PER NON FARTI PIANGERE // TAEGIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora