Per i giorni seguenti non parlai della figuraccia – non ne parlai per il resto della storia, e non ne parlo tuttora. Ad ogni modo, fu perché me ne vergognavo, e a tal proposito, giurammo che la cosa sarebbe rimasta un nostro segreto.
“Beh,” precisai “mio, tuo, dell’allenatore, della presidentessa e di quei giapponesi. Quindi chi si vuole unire, si unisca: noi diamo degli spettacoli, okay?”
Tuttavia, accettai ugualmente il giuramento. Pensai che rivelarlo non avrebbe giovato a nessuno di coloro che ne fossero a conoscenza, di conseguenza accantonammo il pensiero per un po’.
Un giorno, mentre ero stesa sul divano bianco della sua casa moderna, intenta a fissare il vuoto con dei pantaloncini corti e il reggiseno, Neymar sedette accanto a me e mi passò amorevolmente una mano sul ventre, mentre sorrideva. Ricambiai il suo sguardo.
Mano sul ventre, sorriso che nasconde qualcosa, quando lui stesso esordì con “Stavo pensando che…”, ammetto di aver pensato al peggio, e forse di averlo guardato storto per un momento. O forse due.
Mi raddrizzai e sedetti.
“Non prenderlo come un rifiuto,” dissi, mettendo le mani avanti “ma io non sono ancora pronta per av–”
Tirai un respiro di sollievo al solo suono della sua risata divertita.
“Ma che hai capito? Che voglio un figlio? Gioia,” mi baciò “io ti amo, ma non lo voglio nemmeno io! Stavo solo pensando che, dato che è agosto e che la nostra estate è stata abbastanza tormentata, tu non hai avuto un minuto di tregua, io nemmeno… beh, pensavo di andare in vacanza.”
Si accorse che lo fissavo interessata, e, capendo che l’argomento suscitava un mio interesse, continuò.
“Siamo solo agli inizi di agosto. Io tornerò ad allenarmi a Barcellona il 23. Abbiamo ventitré giorni interi di vacanza solo per noi, lontani da tutti gli impegni.”
“Neymar, ti adoro. E adoro questo. Ma sto solo pensando al fatto che non mi rassegnerei al fatto di dover prendere due voli diversi, il ventidue: tu per Barcellona, e io per chissà dove.”
Mi abbracciò, lasciando che la mia testa si poggiasse dolcemente sulla sua spalla, e che venisse dolcemente sfiorata dalle sue mani.
“Assolutamente no! Tu verrai con me. Gli addii in aeroporto sono quanto di peggio, sono la cosa più triste, e devi credermi. Io lo so.”
Non parlai.
“… la verità è che quando dovevo andare ad Helsinki la valigia dei vestiti e delle scarpe aveva preso il volo per Dubai. L’addio non era stato consenziente, né ne ero consapevole, ma spero che gli Emirati le stiano dando le soddisfazioni che non le ho dato io. Alla fine ho ricomprato tutto, però non potrei ricomprarti. Tutte le Jo che vendono ai mercatini sono dei cloni un po’ falliti.”
Risi. Neymar sapeva sempre come tirarmi su di morale dopo una frase triste, ed era anche per questo che io lo amavo e rimanevo con lui.
“Allora, che ne dici?” mi guardò negli occhi “Mi seguiresti in vacanza e poi a Barcellona?”
Non esitai un momento a dire “Sì!”.
Durante il viaggio Neymar aveva dormito. Si era addormentato sul mio grembo, con la faccia rivolta verso di me, e io ne avevo approfittato per toccargli i capelli e le guance e sorridere, come se davvero lui fosse la fonte della mia felicità, o della felicità. Di tanto in tanto, buttavo un’occhiata fuori dal finestrino: l’oceano, una distesa vasta di un blu intenso, non era punteggiata di alcuna isola – ma eravamo troppo in alto persino per poter affermare che quello sotto di noi non fosse, invece, un cartone dipinto ad acrilici.
Abbassai il finestrino e mi assopii.
Ibiza era bellissima, uguale a come me la ricordavo. Il mio ricordo di una Ibiza pullulante di gente, viva fino al cuore, di un’isola che regalava tramonti straordinari in riva al mare e paesaggi da sogno, si era riconfermato, e questa volta ancora più bello di prima, perché con me c’era la persona che amavo.
“Ti piace, non è così?” Neymar sussurrò, svegliandomi dalla trance che mi aveva inghiottita.
“Eccome.”
“Anche a me. La verità è che sapevo che ti sarebbe piaciuta.”
Come fa a sapere così tante cose su di me? mi chiesi all’istante, stupita dall’affermazione.
“Okay”, continuò “abbiamo un sacco di giorni per ammirare il panorama, adesso andiamo in hotel.”
Poco dopo, ebbi il modo di appurare che definire “hotel” quel resort a cinque stelle, dotato di qualsiasi cosa la mente umana desiderasse, era poco: la nostra camera era così grande e bella, con un meraviglioso letto matrimoniale nella camera da letto, affiancato da una vasca idromassaggio incassata.
“E’ così bello. Ti ringrazio.” Ripetevo, estasiata.
Neymar si avvicinò, e mi cinse tra le sue braccia.
“Sei bella tu. Io sto facendo tutto questo per te, perché ti amo. Sei meravigliosa, sei bellissima, sei tutto ciò che potessi desiderare dalla vita, sei quello che ho sempre chiesto a Dio e che Lui stesso mi ha mandato, finalmente, dopo anni e anni. Grazie a te.”
Non era il mio tipo di frase, ma non importava: mi gettai a peso morto sul materasso, seguita da lui.
Ci abbracciammo, ci rotolammo e ci baciammo tra quelle lenzuola bianche che non ci erano familiari; tra sorrisi, risate e respiri affannosi, tra mani intrecciate e mani tra i capelli… poi, indumenti volanti, dalla maglietta leggera ai pantaloni… fino ad arrivare al mio reggiseno, e all’intimo.
Questa volta nessuno ci interruppe, e, d’un tratto, quel letto ci parve più intimo e familiare.
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Brasileiros (Neymar Jr Fanfiction)
FanfictionJo è una ventenne fredda, ossessionata dalle mode strane e con la mente offuscata dal suo sogno: la solitudine, l'unica cosa che renderebbe felice il suo animo solo e restio a relazioni di qualsiasi genere quando incontra per la prima volta Neymar J...