Una notte, molti giorni dopo, non riuscii ad addormentarmi. Mi alzai e scesi le scalette che conducevano al fiume incastonato tra le pareti di roccia. Attraversai la penombra a piedi scalzi, camminando lungo il ciglio del letto dove scorreva il corso d'acqua. Svicolai tra le gallerie in cui brillava la luce azzurra delle pietre e osservai il mio riflesso sparpagliarsi tra le facce dei cristalli. Spuntai nella caverna del drago, ma non era lì.
Sul rialzo della roccia dormiva, invece, una figura opalescente, dalla pelle più liscia dell'alabastro.
Trascorsero alcuni secondi densi di insicurezza, prima che mi decidessi ad avvicinarmi. Mi riusciva davvero difficile credere che qualcuno avesse avuto l'ardire di addormentarsi al posto di Flynn.
Una volta raggiunto il giaciglio, divenni di sale: c'era un ragazzo, lì. Un ragazzo dalle palpebre rilassate, le labbra morbide e il petto che si alzava e si abbassava lentamente. Una minuscola fossetta gli scavava sul mento. Aveva il volto sporcato dalle lentiggini e i capelli corvini, mossi e ingarbugliati, che gli ricadevano davanti agli occhi. La pietra nera sottostante cozzava con la carnagione di porcellana, esaltando la curva perfetta delle spalle, del collo, dei muscoli delle braccia lungo cui si ramificavano le vene.
Avrei dovuto svegliarlo e cacciarlo da lì prima che il drago facesse ritorno, ma me ne rimasi imbambolata dov'ero, con l'aria della più sciocca fra le mocciose. Almeno finché il rumore di un sasso che rotolava contro il pavimento non riecheggiò nella grotta.
Il ragazzo aprì gli occhi nel buio e li spostò fino ai miei. Io li spalancai a mia volta e saltai all'indietro, avvampando alla piena realizzazione del trovarmi davanti a uno sconosciuto nudo come un verme. Lui balzò in piedi e io assunsi una — per dirlo con un eufemismo — posizione di difesa, con i pugni serrati davanti al viso.
«Chi diavolo sei?» strepitai.
Lo sconosciuto assunse un'espressione interdetta, neanche di fronte a lui si trovasse una folle omicida, e sollevò entrambe le sopracciglia: «Sta' calma».
«Sono calmissima.»
«Certo, ne sono sicuro. Respira.»
«Non ti conosco e sei nudo, respirare è l'ultimo dei miei problemi! Ma lo sai chi vive qui dentro? Che idea stupida hai avuto! Se dovesse accaderti qualcosa io...!»
«Beatrice» sbuffò, roteando gli occhi. «Sono io.»
Impiegai un minuto buono per ricollegare tutti gli elementi che mi avrebbero portato a una risposta a dir poco inaspettata: quel ragazzo era Flynn. Aveva gli stessi occhi del drago, di quel colore del sole appena sorto, simile al quarzo citrino. Risplendevano nel buio come la luce delle fate.
«Tu.» Lasciai andare i pugni lungo i fianchi. «Tu sei ancora umano?»
Il ragazzo gesticolò per qualche secondo, prima di mettere in ordine i pensieri. «Solo una volta al mese, tecnicamente, quando si rinnova il ciclo lunare. Manterrò questa forma fino alla mezzanotte di domani.»
Distolsi lo sguardo, imbarazzata come mai ero stata nella mia vita, nel tentativo di focalizzare la mia attenzione su qualcosa che non fossero le sue vergogne: «E non hai pensato che avresti potuto dirmelo?» sbottai, fissando un sasso.
Il ragazzo si grattò la testa e si avvicinò alla parete di roccia. Premette una sporgenza di cristallo grezzo e la pietra vibrò. Una pioggia di detriti precipitò dal soffitto e dovetti scansarmi per evitare di venir colpita sul capo da un frammento di stalattite. Di fronte a lui si spalancò una voragine e vi si immerse, e ne sbucò fuori poco dopo con indosso una camicia leggera e un paio di pantaloni con le bretelle.
«Sia ringraziato Dio.»
«Mi spiace di averti tenuta all'oscuro della situazione, ma non pensavo lo avresti scoperto così presto.»
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BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)
FantasyCOMPLETA | Irlanda del sud, 1953. È il culmine della notte di Lammas quando Beatrice decide di mangiare le primule, "i fiori che rendono visibile l'invisibile". Lanciatasi all'inseguimento di uno Spriggan, un turbine di fate la conduce alle porte de...