3 - I

258 43 68
                                    

I

Shirin si aggirava in silenzio lungo la strada innevata, accerchiata da una nuvola lucente di Vor selvatici. Casa sua era posizionata sul lato nord di Arilia, e oltre i tetti appuntiti degli edifici più vicini si ergeva in tutta la sua imponenza il gigantesco palazzo dell'Accademia. Enorme, si stagliava verso il cielo, e la sua punta sembrava osservare ogni angolo della città, come il più grande dei Divini.

Shirin evitava di osservarlo, l'aveva sempre fatta sentire in soggezione. Si trascinava senza alcuna energia fra i due canali d'acqua che cingevano la strada. La corrente era forte, come sempre, ma a quell'ora non c'erano delle Vorilia in giro per trasportare la gente di passaggio. L'inverno quel lato periferico di Arilia era sempre poco trafficato.

Arrivata di fronte a una serie di palazzi di tre piani l'uno, ammassati l'uno contro l'altro, Shirin arrestò la propria avanzata e sollevò lo sguardo. Oltre il vetro lucido di una delle finestre del secondo piano dell'edificio a lei più vicino scorse una sagoma femminile. Riconobbe subito i capelli che si raccoglievano in una massa riccioluta sopra la testa, formando una specie di fungo vistoso. La donna la fissava, e Shirin sentiva tutta la rabbia e la ferocia del suo sguardo addosso, nonostante facesse di tutto per non incrociarlo.

Posizionò il peso del corpo sul piede destro, per poi spostarlo sul sinistro e ripetere quindi il movimento in un balletto lento ed esasperato. Nel mentre, le mani gelide, diventate ormai violacee a causa del vento freddo, si torcevano senza sosta. La bambina spezzò la ciclicità di quel movimento per scacciare i Vor attorno a lei.

«Andate via, per favore. Devo tornare a casa,» li pregò.

Fu un Vor del Fuoco, un esemplare femmina con l'aspetto di un pulcino dalla coda in fiamme, a risponderle. «Vogliamo venire con te.» Batteva le piccole ali all'impazzata per restare all'altezza del viso della bambina.

«Non potete. Dovete andarvene.» Dopo un'occhiata veloce in direzione della finestra, dove la sagoma era sparita, aggiunse: «E in fretta. Vi prego.» Sebbene ormai fosse già troppo tardi, poteva quanto meno sperare di non aggravare ulteriormente la situazione.

«Ma perché?» intervenne un altro Vor, quello dal manto azzurro che le si era appollaiato sulla spalla nel vicolo.

«Perché altrimenti lei si arrabbia. Vi prego, andatevene adesso.» Il balletto dettato dall'ansia accelerò il ritmo.

«Ma noi vogliamo restare con te.»

«Non potete, mi dispiace.»

«Allora crea un Legame con me,» disse il Vor del Fuoco.

Shirin la osservò per qualche secondo, senza mai distogliere del tutto l'attenzione dal portone d'ingresso ancora chiuso dietro quella piccola figura. Presto la madre sarebbe arrivata, doveva sbrigarsi a liberarsi di quelle creature. Eppure, una parte, dentro di lei, prese in seria considerazione quella proposta. Con il potere di un Vor del Fuoco avrebbe potuto impedire a quella donna di comandarla, avrebbe potuto addirittura vendicarsi di tutti i torti subiti.

Esitò un attimo di troppo, e il portone venne spalancato dall'interno con un cigolio. Ne venne fuori la madre, in tutta la sua altezza e imponenza, con addosso il grembiule da cucina, ancora sporco di farina. Si avvicinò a passi piccoli e veloci, battendo sulla neve con una violenza e una furia inaudite.

Shirin sentì tutti i muscoli irrigidirsi. Le riuscì solo di deglutire, due volte di fila, gli occhi spalancati.

«Ti avevo detto di restare in camera tua, o sbaglio?» sibilò Lairal. Quando la raggiunse, diede un manrovescio al Vor del Fuoco, facendolo gemere e costringendolo a spostarsi. «Quante volte ti devo dire che non devi uscire? Lo sai che tuo fratello non sopporta la vista di questi,» fece una pausa per guardare la creatura che aveva appena maltrattato con una smorfia di disgusto, «questi cosi

Il Segreto dei VorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora