CAPITOLO 2

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Pov's Skyler

Arrivata alla discoteca, mi appostai sul tetto di un edificio vicino con la visuale migliore che potessi avere sull'entrata del locale, cercando di non farmi notare. Avevo intenzione di colpire il bersaglio, ovvero Marshal a distanza, in modo rapido e veloce così non avrei avuto complicazioni e sarei potuta tornarmene a casa il prima possibile. Era così che lavoravo. In un certo senso ero conosciuta come la ragazza che non sbagliava mai un colpo. Poche persone sapevano chi fossi realmente e altrettante poche mi avevano mai visto in faccia.
Mi ero creata una reputazione tra le persone più importanti d'America e volevo che così continuasse ad essere. La mia mira era infallibile e il mio operato impeccabile: per questo ero tra i sicari più ricercati per svolgere lavori.
Con me il successo era assicurato.

Stavo finendo di prepararmi nella mia postazione, quando intravidi una scorta di guardie che stavano accerchiando il mio obbiettivo. Finalmente era arrivato. Dovevo darmi una mossa se volevo farlo fuori prima che mi fosse difficile riuscirci.
Posai sul cavalletto il fucile e distendendomi a terra, fissai nel mirino l'uomo che dovevo uccidere. C'erano molte guardie che riuscivano a coprirmi la visuale, tuttavia non era del tutto impossibile. Ero pronta a sparare, quando un gruppo di ragazze palesemente ubriache mi deconcentrò facendomi spostare l'attenzione su di loro. Pian piano si intrufolarono in mezzo alla cerchia e non riuscì più a vedere niente. Ormai il gruppo che si era formato stava entrando in discoteca e io mi maledissi mentalmente per essermi fatta distrarre dagli schiamazzi di quelle ragazze.

Maledizione! Adesso non sarei più riuscita nel mio intento.
Ma non eri tu quella che diceva che non aveva mai fallito?
Al posto di sfottermi, non potresti aiutarmi a pensare a come potrei fare?
Gne gne.. fai come in Nevada e sei a posto.
Uffa, ma devo proprio? Dovrei tornare a casa e cambiarmi.
Vuoi finire sto lavoro e andartene a dormire oppure no?!

Sbuffando tra me e me, raccolsi la mia roba in fretta e furia e feci la strada di ritorno per andare a casa.
Non avevo per niente voglia di cambiarmi e di entrare in quella maledetta discoteca ma ahimè dovevo, per una volta, dar ragione alla mia coscienza. Se volevo tornare a casa a dormire dovevo darmi una mossa.

Io ho sempre ragione.

Mi sembrò quasi di sentir sogghignare sotto i baffi quella fastidiosa e irritante voce nella mia testa.
Che poi, eravamo la stessa persona, quindi mi stavo pure insultando da sola. Tornata a casa feci gli scalini a due a due per arrivare in camera mia.
Apri ila cabina armadio e in velocità presi dei jeans stretti a vita bassa, un top che lasciava scoperto l'ombelico e delle scarpe con tacco alto.
Sciolsi i capelli precedentemente raccolti, notando come avessero preso una forma ondulata. Abbondai con il trucco soprattutto sulle labbra mettendo un rosso acceso, che evidenziava ancora di più il fatto che le avessi carnose.
A causa della sua grandezza troppo evidente, dovetti lasciare a casa la mia adorata Desert Eagle: non ci sarebbe sicuramente entrata nella pochette e di certo non potevo portarmi una borsa troppo grande.Sarebbe risultata ingombrante. Decisi quindi di entrare nella stanza delle armi passando da camera mia. Scorsi più e più volte l'intero armamento alla ricerca di ciò di cui avevo bisogno. Dopo averla trovata, infilai la piccola pistola back up insieme alle cartucce e ad una siringa, nella borsa. Stavolta optai per usare la macchina, era rischioso usare di nuovo la moto non sapendo se fosse stata notata o meno. Varcata la porta del locale fui investita da un'ondata di fumo e sudore. La pista da ballo era stracolma di ragazzi e sparsi ovunque c'erano bottiglie di birra vuote e bicchierini da shot.
Decisi prima di agire di osservare meglio l'edificio e di prestare attenzione per capire dove potesse essere andato Marshal.
Lo stavo cercando dappertutto ma sembrava come scomparso.
Scocciata e nervosa, mi sedetti sullo sgabello del piano bar ordinando una birra. Stavo sorseggiando la mia bevanda quando il ragazzo che me l'aveva servita si sporse sul bancone per parlarmi.
«Sei qui da sola dolcezza?»
Era un ragazzo davvero carino, aveva gli occhi color caramello e un sorriso smagliante.
«Si. Però sto cercando una persona» urlai.
Il barista fece segno di non aver capito. D'altronde come poteva.
La musica era assordante e a momenti facevo fatica a capire cosa dicessi io stessa.
Presi un respiro profondo per cercare di controllare il nervosismo e parlai più forte. «Sto cercando una persona». Facendo cenno di aver capito mi sorrise per poi tornare a lavorare dopo avermi dato un'altra birra.
Stavo quasi per rimettermi a cercare, quando un uomo vestito con un completo elegante nero si avvicinò al bancone.
Lo riconobbi subito. Era una delle guardie di Marshal. Lo vidi sussurrare qualcosa nell'orecchio dello stesso ragazzo che mi aveva servito da bere. Tracannai l'ultimo sorso di birra e quando lo vidi muoversi lo seguì in silenzio senza farmi notare.
Salimmo al piano superiore, per poi girare in un angolo che non avevo notato. Mi diedi della stupida per non averlo notato prima avrei potuto risparmiare un'ora di tempo.
La guardia entrò nella stanza e potei intravedere Marshal accerchiato dalle stesse ragazze che erano fuori all'entrata. Non riuscii a vedere molto perché la porta si chiuse subito dopo. Decisi quindi di mettermi appoggiata al muro di fronte pensando ad una maniera per entrare. Ero lì che rimuginavo e rimuginavo quando sentii dei passi provenire dalle scale che si facevano sempre più vicini. In fretta mi nascosi dietro una parete per vedere chi fosse. Una ragazza, sicuramente una che lavorava nel bar, stava portando un vassoio con degli alcolici.
Mi venne in mente un'idea geniale.
Sbucai fuori dal nascondiglio e mi avvicinai alla ragazza che stava per bussare alla loro porta.
«Sono per loro?» accennai alla porta.
«Sì, ti serve qualcosa?»
«Mi spiace, ma devo farlo» dissi, sinceramente dispiaciuta.
Sotto il suo sguardo dubbioso, presi il vassoio e lo poggiai per terra e prima che potesse parlare le bloccai la bocca con la mano trascinandola in una stanza lì vicino fortunatamente aperta. Con una piccola pressione nel punto giusto sul gomito la feci svenire. Cercai di metterla il meglio possibile, chiusi la porta e raccolsi il vassoio da terra. Sistemai i capelli, tirai leggermente verso il basso il top in modo da far intravedere maggiormente le tette e mi preparai ad una recitazione da premio oscar.
Bussai e subito dopo entrai attirando l'attenzione su di me.
«Signori,-posai le bottiglie sul tavolo- vi ho portato il vostro ordine» sorrisi il meglio possibile. Nel mentre che mi rialzavo, notai lo sguardo di Marshal su di me: anzi, più precisamente sul mio seno. Gli feci un sorriso ancora più grande e al tempo stesso malizioso. Lui ammiccò nella mia direzione e con un cenno del capo mi invitò ad andare da lui, mi sedetti volutamente sulle sue ginocchia, circondandogli il collo con le mie braccia.
«Ti hanno mai detto che sei uno schianto?» disse posandomi la mano sul sedere. Ridacchiai in modo stupido come erano solito fare le cosiddette 'oche', come le chiamavo io.
Nel modo più sensuale possibile lo ringraziai e finsi di fare la gattamorta finché mi fece alzare dalle sue gambe e lui con me. «Che ne dici se andiamo a divertirci un po'? Noi due da soli»
«Non vedo l'ora» ammiccai.
Sottobraccio uscimmo dalla stanza e andammo in una camera da letto poco più avanti. Chiusa la porta alle nostre spalle, non feci in tempo a fare niente che mi scaraventò addosso alla porta e iniziò a baciarmi partendo dalla bocca e pian piano scendendo verso il collo. Silenziosa, infilai la mano nella pochette ed estrassi la siringa, era troppo concentrato a baciarmi per accorgersi dei miei movimenti. Tolsi delicatamente il tappo dall'ago e con uno scatto glielo infilai nel collo, iniettando il liquido verdastro.
Venni spinta con violenza a terra.
«Ma che cazzo fai!» si toccò il collo per capire cosa gli avessi fatto.
Stava per venirmi in contro quando iniziò a barcollare e fu costretto ad accasciarsi sul letto. Sorrisi soddisfatta alzandomi da terra.
In tutta tranquillità pulì in un gesto teatrale i jeans e scostai i capelli dal viso.
«Che cosa mi hai fatto?» cercò di parlare.
«Niente di ché tranquillo. Ti ho solo iniettato una dose di sedativo.>
Alzai le spalle come se fosse normale.
«Devi sapere Marshal, che ci sono persone a cui non piace quello che fai. Hai esagerato con il traffico di droga e di armi e non sei passato inosservato.» nel mentre, tirai fuori la pistola e gliela puntai.
«Fai parte della polizia?» chiese spaventato.
«Oh cielo no! Ma sarebbe stato meglio per te» sogghignai.
Guardai l'orologio al polso. Dovevo muovermi o sarebbero venuti a cercarlo.«Beh, è stato un piacere, ma devo proprio andare. Ci vediamo all'inferno». Senza dargli tempo di parlare gli sparai in testa.
Non avevo il silenziatore, ero sicura avessero sentito lo sparo.
Riposi la pistola in borsa e accertandomi che non ci fosse nessuno, percorsi a passo rapido le scale ritrovandomi nella pista da ballo di prima. A spintoni mi feci largo tra le persone che ballavano e ogni tanto diedi un'occhiata alle mie spalle per assicurarmi che non mi stessero seguendo. Sentii le urla delle guardie e i loro passi pesanti scendere le scale.
Stavo quasi per uscire quando, ancora girata per vedere dietro di me, andai a sbattere contro qualcuno.
«Ehi splendore, dove stai andando?»
Una voce maschile, bassa e rauca, mi fece voltare dalla sua parte; ero andata a sbattere contro un ragazzo bellissimo. Aveva un fisico scolpito ma non in modo esagerato, alto e con la pelle abbronzata. Quando incontrai il suo sguardo mi persi nei suoi occhi verde smeraldo mai visti in vita mia. Sembrava che brillassero di luce propria.
Oppure era ubriaco.
Optai di più per la seconda scelta.
Mi svegliai da quello stato di trance e risposi. «Non sono affari tuoi. Spostati che devo uscire» cercai di spintonarlo ma era piuttosto resistente.
Alle mie spalle, le guardie di Marshal vagavano con lo sguardo cercandomi. Non sapevo cosa fare se mi avessero riconosciuta mi avrebbero ucciso.
Il ragazzo davanti a me continuava a farmi domande e stavo perdendo la pazienza.
«Merda!» esclamai quando li vidi avvicinarsi.
«Dai, te lo fai un giro con me?» mi chiese per l'ennesima volta. Lo ignorai e in un impeto di confusione lo presi per il colletto della camicia e lo baciai. Sorpreso dal mio gesto, all'iniziò rimase immobile ma poi ne approfittò cingendomi i fianchi e approfondendo il bacio.
Con la coda dell'occhio vidi passare le guardie e quando fui certa che fossero uscite mi staccai dalla sua presa, avevo il respiro affannato e sicuramente le labbra più gonfie.
Non lo avrei mai ammesso a nessuno, ma quel bacio mi aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco.
Non ne capivo il motivo. Non lo conoscevo e sicuramente non lo avrei mai più rivisto eppure era come se avessi appena dato il mio primo bacio.
A dir poco sconvolta, feci retromarcia e uscì dal locale. L'aria fresca fu un toccasana per il mio viso accaldato. Tornai a casa talmente veloce, che ci impiegai la metà del tempo che ci misi all'andata senza neanche rendermene conto. Ancora vestita e frastornata mi buttai sul letto e mi addormentai in pochi minuti tra le braccia di morfeo.

Pov's Dylan

Ero andato come mia abitudine nella solita discoteca a festeggiare con i soliti amici. Ero arrivato alle 21:30 e alle 22:00 ero già ubriaco.
Mi stavo facendo una ragazza sui divanetti del locale, quando dalla porta vidi entrare una ragazza stupenda. Aveva i lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle, risaltati dal rossetto scuro sulle labbra carnose. Il top le lasciava scoperta la pancia piatta ed evidenziava il seno prosperoso e i jeans attillati fasciavano alla perfezione il suo fondo schiena da paura, aveva una pelle bianco latte coperta da non so quanti tatuaggi. Non mi accorsi che la stessi fissando incessantemente, fin quando la ragazza seduta sulle mie gambe si indispettì.
Lasciai perdere la rossa e mi concentrai su quella davanti a me riprendendo a baciarla. Non avevo idea di quanto tempo avessi passato sul quel divano, ma ad un certo punto mi alzai ed uscii fuori a prendere una boccata d'aria e per fumare.
«Ehi Dylan, che ti prende? Hai piantato in asso Meg.» Justin mi si avvicinò accendendosi anche lui una sigaretta.
«Chi?»
«Ma come chi! Meg! La ragazza che ti stavi facendo fino a un secondo fa» rise soffiando un nuvola di fumo.
Ah, ecco chi intendeva.. Non mi ero mai preoccupato di conoscere le ragazze che mi facevo, di solito me le scopavo una volta e poi non le vedevo più. A loro stava bene ed io ero soddisfatto.
Sbuffai una nuvola di fumo e alzai le spalle disinteressato dell'argomento.
«Sono uscito per prendere un po' d'aria, quella non si staccava un attimo. Peggio di una sanguisuga» Justin se la rise ancora e io non ne capii il motivo. Era il mio migliore amico ma certe volte lo credevo proprio un cretino.
«Io torno dentro, tu vieni?» spense la sigaretta con il piede.
«Tra poco ti raggiungo»
Restai fuori ancora qualche minuto poi finitala sigaretta, rientrai.
Non ero sicuro di che ore fossero, ma ero sicuro di essere ubriaco. Talmente tanto che se non fosse stata per la marea di gente tutta ammassata, sarei di sicuro caduto quando una certa ragazza mi venne addosso. Non la riconobbi subito troppo concentrato a non perdere l'equilibrio, ma quando fui stabile mi accorsi di chi fosse. Era la stessa ragazza che non smettevo di fissare quando entrò dalla porta. La rossa.
«Ehi splendore, dove stai andando?»
Dopo avermi fatto i raggi x su tutto il corpo, fu come se si svegliasse da uno stato di trance.
«Non sono affari tuoi. Spostati che devo uscire» cercò di spintonarmi, ma per fortuna riuscì ad impiantare i piedi a terra. Aveva una voce bellissima non la solita squillante che avevano tutte le ragazze, la sua era bassa e suadente.
Mi avrebbe fatto eccitare anche se mi avesse detto la frase più stupida del mondo.
Vedevo che continuava a guardarsi attorno e che era abbastanza agitata, ma fui distratto dal seno prosperoso compresso da quel misero pezzo di stoffa. Se mi fossi avvicinato di più sarei stato sicuro di riuscire a vedere il reggiseno.
Continuavo a farle domande tipo: da dove vieni, sei qui da molto ecc, e poi insistetti a chiederle di venire a farsi un giro con me. Volevo farmela e volevo farmela in quel preciso momento.
Non rispose neanche una singola volta, troppo presa a guardare qualcosa che non mi importava. Ad un tratto imprecò e senza che me ne rendessi conto fui preso per il colletto della camicia e le nostre labbra entrarono in contatto. Non capii subito quello che stava succedendo, ma dopo un attimo di confusione la presi per i fianchi avvicinandomela e approfondendo il bacio. Sapevo che sarei riuscito a farmela, d'altronde ero un figo nessuna poteva resistermi, tuttavia pensavo che ci avrei messo di più per convincerla invece mi si era buttata addosso da sola. Il mio ego non poteva che esserne contento.
Dopo un tempo che mi parve infinito si staccò da me e senza dire niente, prese e uscì dalla porta. Ero troppo sconvolto per poterla fermare.
Rimasi ad ansimare immobile in mezzo alla pista da ballo, finché non mi raggiunse Justin.
«Amico hai visto un fantasma? Non ti ho mai visto così sconvolto in vita tua»
«La rossa» dissi solo, come se con quelle semplici parole potesse capire.
Alzò un sopracciglio e mi guardò con un misto di divertimento e preoccupazione.
«Ti sei fatto di qualcosa? No, perché se ti fa questo effetto evito di prenderla»
Non risposi, ancora frastornato.
«Senti è meglio se andiamo a casa. Mi sa che ti si è fuso il cervello a forza di stare qua dentro» ancora ridendo palesemente del mio comportamento, mi prese per il braccio trascinandomi alla macchina. Mise in moto e dopo avermi accompagnato a casa se ne andò. Quella notte non riuscii a dormire, troppo preso a pensare a quelle labbra che qualche attimo prima si erano posate sulle mie.

RESTA CON MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora