CAPITOLO 4

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Pov's Skyler

Il giardino della mia vecchia casa era già stracolmo di persone. Lungo tutto il marciapiede file e file di macchine costosissime lo occupavano fino alla fine della via. Donne dai vestiti sgargianti e uomini nei loro impeccabili smoking percorrevano il vialetto di casa per raggiungere l'entrata. Alfred gli accoglieva e una delle cameriere prendeva e appendeva i cappotti.

Trovai un parcheggio libero, scesi e percorsi il vialetto di ghiaia.

«Buonasera, signorina Bennet. La stavamo aspettando, prego si accomodi»

«Alfred!» lo rimproverai sorridendo. «Non c'è bisogno che continui a chiamarmi signorina. Mi conosci da quando sono nata, sei come un secondo padre per me»

Sorrise soltanto, abituato ai miei continui rimproveri. Non c'era stata una volta che l'avessi sentito chiamarmi per nome. Un po' mi dispiaceva però ormai mi ci ero abituata e ci avevo perso le speranze.

Arrivata nel salone principale, non mi sorpresi della sfarzosità con cui mia madre aveva deciso di abbellire la casa; lunghi tavoli erano disposti in fondo alla sala, pieni di cibo di ogni genere. Le pietanze andavano dalla carne al pesce, c'erano tipi di frutta esotica che non avevo mai visto in vita mia, dolci per ogni gusto e per almeno ogni tavolo una scultura diversa di ghiaccio che faceva da contenitore per il punch. Come al solito mia madre non si era risparmiata. C'erano anche un dj, un piano bar ben rifornito e dei tavoli qua e là per potersi accomodare. La pista da ballo già piena di persone, era al centro della sala con alle sue spalle un piccolo palchetto improvvisato con microfono.

Per quanto io potessi essere di buona famiglia, quel genere di feste non mi era mai piaciuto. Troppa gente, troppa confusione e per lo più erano una scusa per gli imprenditori come mio padre per parlare di affari. Non dico che quel genere di ambiente mi facesse schifo, tuttavia non era tra i miei preferiti. Ogni tanto ero costretta a presenziare con la mia famiglia, quando potevo li evitavo come la peste.

La prima cosa che feci fu cercare i miei genitori. Dovevo dirgli che ero arrivata in tal modo prima mi avessero vista prima sarei potuta andarmene. Trovarli non mi fu difficile, mia madre spiccava tra tutte le donne presenti. Portava i capelli raccolti in uno chignon basso e molto elaborato, abbellito da piccoli fiori luccicanti, il vestito argento che indossava era uno dei suoi nuovi abiti della nuova collezione. Addosso a lei sembrava una seconda pelle. Si teneva sotto braccio con mio padre, anche lui meraviglioso nel suo smoking grigio perlato. Dopo averli salutati e dopo aver ricevuto lamentele sull'esagerata esposizione dei miei tatuaggi, mi presentarono alcuni loro amici. Quando ripresero a parlare di lavoro, mi finsi interessata annuendo ogni tanto per cortesia.

Poi come se fosse arrivato il mio angelo custode intravidi Katelyn. La riconobbi subito, aveva indossato l'abito rosa pesca che avevamo scelto insieme quel giorno. Le stava d'incanto. Era un abito mono spalla lungo fino al ginocchio che le scendeva morbido sul corpo cosparso da migliaia di brillantini. Andai da lei allontanandomi dai miei genitori.

«Wow» dicemmo entrambe quando fummo vicine, scoppiando poi a ridere.

«Sei uno schianto» mi disse lei. Al che arrossii.

Potevo essere dura quanto volevo ma i complimenti mi avevano sempre fatto arrossire tantissimo.

«Grazie, anche tu stai molto bene»

«Se fossi un ragazzo ci proverei con te» disse tranquilla, come se fosse la cosa più normale del mondo. Quella ragazza mi faceva morire dal ridere. Mi piaceva il fatto che non avesse peli sulla lingua e che mi trattasse come una persona qualsiasi.

Ero abituata ai soliti figli di papà con la puzza sotto al naso, invece lei era molto spontanea e diversa. Non mi fidavo ancora, d'altronde la conoscevo da un giorno soltanto, però quelle poche ore passate con lei erano state piacevoli e senza accorgermene avevo abbassato un po' la barriera che mi ero creata; parlammo veramente di tutto come se fossimo amiche da sempre. Non mi sarebbe affatto dispiaciuto avere nella mia vita una persona come Katelyn. C'era qualcosa in lei che mi spingeva a volerla conoscere. A volerle stare accanto.

RESTA CON MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora