22. Nascondino

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(Dam's pov)

Aprile 2019

L'avevo pensata per tutta la notte, sigaretta dopo sigaretta, fino all'alba.

Mi ero addormentato un paio di volte, ma poi la sognavo e allora preferivo aprire gli occhi e guardare la realtà.

Basta. Era finita. E questa volta per sempre. Ormai non eravamo più degli stupidi ragazzini. Ragazzini sì, ma non più stupidi, e quindi non avremmo più dovuto comportarci come tali.

Avevo perso il conto delle volte che ci eravamo detti "basta", per correggerci subito dopo con un "resta".

Ero sempre stato io quello rompipalle del gruppo, quello un po' più maturo. "Nonno" mi chiamava, prendendomi per il culo. Eppure, quel pomeriggio, l'adulta era stata lei.

Avrei dato tutto per tornare indietro a quei minuti interminabili, quando eravamo abbracciati sul letto, con gli occhi gonfi, le guance bagnate e le labbra salate.

Mi aveva urlato in faccia che era sbagliato perdermi nei suoi occhi, che i suoi erano gli occhi sbagliati. Mi aveva detto tra le lacrime che quello a cui mi stavo abbandonando era un abbraccio sbagliato, che le sue erano le braccia sbagliate. Mentre io, come un bambino, avrei preferito continuare a giocare a nascondino. Perché è questo tutto ciò che abbiamo sempre fatto: rincorrerci con lo sguardo, allontanarci dal mondo e poi spogliarci, nascosti, a fare l'amore.

Erano le cinque di mattina. Avevo acceso la tv e trovato un film abbastanza decente, finché non era comparsa una bionda attrice danese che in tutto mi ricordava lei.

Non avevo scampo, avevamo contaminato tutto con il nostro amore. Avrei voluto traslocare, andare in un'altra città, ma non esisteva posto che non mi riportasse a lei. E poi, diciamoci la verità: non avrei mai permesso a niente e nessuno di buttare al vento tutto quello che avevamo costruito con fatica, sudore e ambizione. Non avrei mai abbandonato i miei Måneskin, ciò che amavo di più della mia vita, tutto ciò per cui vivevo. A parte lei.

Uscii di casa per andare a comprare le sigarette al distributore automatico. E anche quel posto mi fece sognare di lei ad occhi aperti. Ci eravamo abbracciati forte contro quella macchinetta. La sua schiena calda aveva sfiorato quella parete metallica in tante occasioni.

Era strano ma allo stesso tempo eccezionale il modo in cui le immagini dei nostri ricordi mi riaffioravano alla mente. A volte ci rivedevo insieme, mano nella mano, abbracciati o a ridere insieme e prenderci in giro, con in sottofondo la nostra canzone d'amore, come accade nei film. Altre volte, invece, mi ricordava un film porno. Sentivo il brivido delle sue mani sul mio corpo, la mia pelle sudata che si attaccava alla sua come una ventosa, i respiri corti e affannati e i gemiti della passione.

Io ero solo un cantante e un autore, e di canzoni gliene avevo già dedicate tante. Se fossi stato un regista, però, l'avrei sempre scelta come la mia protagonista. Perché, in fondo, era quello che era: la mia vita girava intorno a lei.

«Ti serve qualche spiccio? Di solito non li hai mai.»

Quella voce l'avrei riconosciuta ovunque, anche tra altre sette miliardi di persone. Mi sentii come quando la tua canzone preferita arriva inaspettatamente nelle cuffiette mentre hai la riproduzione casuale dei brani.

La guardavo ed era bellissima. E mi chiesi perché avevamo avuto bisogno di nasconderci, quando invece eravamo una delle cose più belle del mondo, io e lei.

Basta giocare a nascondino. L'avrei urlato a tutti che accanto a lei, tra le sue braccia, sotto le stesse lenzuola, erano i miei posti preferiti.

Presi la sua mano e lei mi guardò come poche persone nella vita possono essere guardate. Sorridemmo entrambi, mentre lei tracciava con il dito la mia fossetta che le piaceva tanto.

Camminammo per le vie di Roma in silenzio, fino a raggiungere l'appartamento dei miei genitori. L'ultima volta che era stata qui per poco mia madre non ci aveva beccati nudi sul letto.

E invece l'ultima volta in cui siamo stati solo io e lei nello spazio di pochi metri quadrati, le distanze sembravano essere lunghe chilometri.

Scoppiò a piangere, ripetendo il mio nome tra i singhiozzi.

«Dam.»

«Sono qui.»

«Basta.»

«Si, basta. Basta nasconderci.»

L'abbracciai, e aveva il suo solito buon odore. La guardai in quegli occhioni teneri e lucidi, e fu come guardarla per la prima volta. L'effetto che mi facevano i suoi occhi era sempre quello che avevo avuto la prima volta.

La baciai in quelle sue labbra morbide e bagnate che mi erano mancate così tanto anche se in così poco tempo.

Lei si lasciò andare all'indietro sul letto, infilando le dita tra i miei capelli. E all'improvviso qualcosa in quel bacio cambiò. Non era più dolce, romantico, ma profondo, pieno di passione, eccitante.

Facemmo l'amore fino a che il sole non splendeva già sopra i tetti con tutta la sua potenza. E ci addormentammo così, in silenzio, nudi, con le gambe intrecciate e i respiri affannati.

Mi ero sentito vuoto, come una pagina bianca. Ma lei, ora, aveva di nuovo riempito quelle righe con la nostra canzone d'amore.

Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora