3. I light the match to taste the heat.

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Davide era di nuovo incollato al mio fianco e parlava ininterrottamente di quanto fosse figa quella festa, di quanto fosse bella Veronica e di quanto si stesse divertendo.

Io continuavo a bere il punch.

E avevo ormai smesso di fingere di non star guardando Nico.

C'era qualcosa che non andava in quell'intruglio arancione che mi stavo scolando, sicuro.

Forse lo avevano drogato, doveva essere così, altrimenti non si spiegava perché mi era improvvisamente venuta voglia di infilare le dita nella camicia di Nico Corbini, aprirla a forza e mordergli il collo. No, proprio non si spiegava.

Di essere gay lo sapevo da un po', ma che era sta storia con Corbini? Che cavolo avevo combinato prima? E perché non me n'ero ancora andato?

Una piccola, minuscola, parte di me non era sorpresa. Tutti avevano qualche recondito segreto che non rivelerebbero ad anima viva, e io non facevo eccezione.

Mi ero segato pensando a Nicolas Corbini, un sacco di volte.

Ma proprio tante.

Ogni tanto usavo anche qualche altro mio compagno, ma alla fine tornavo sempre a lui.

Mi ero immaginato di fargli tantissime cose, e mi ero immaginato lui che ne faceva tantissime a me. Roba degna dei più sconci video porno.

Però non ci avevo mai provato ad infoiarlo e nemmeno a parlarci, o farci qualsiasi altra cosa. Di solito i nostri scambi si limitavano in occhiatacce e miseri "ciao".

L'antipatia era reciproca ma questo non toglieva che nelle mie fantasie una ripassata gliela davo volentieri.

Tutto si poteva dire di Nicolas ma non che fosse brutto, anzi. Gli moriva dietro mezza scuola. L'altra mezza negava di farlo, e io ero tra questi.

Non potevo stare così, non esisteva.

Guardai di nuovo il mio bicchiere mezzo pieno e decisi di mollarlo sul tavolo. Poi mi guardai intorno in cerca di distrazione distogliendo finalmente lo sguardo da Nico che continuava a fare pubbliche relazioni. Il mio sguardo si posò su Federico. Era in quarta, come me, ma in un'altra sezione. Ogni tanto ci era capitato di infrattarci. Eravamo entrambi non dichiarati ma c'eravamo beccati una sera in dei locali un po', come dire, particolari, e avevamo capito di navigare negli stessi porti.

Abbandonai Davide che nel frattempo era riuscito ad entrare nel giro gravitazionale di Veronica e mi diressi verso Federico; poteva essere una buona distrazione.

Camminando tra la folla che ballava mi sentii leggermente instabile sulle gambe e la testa su di giri, la giusta predisposizione per fare cazzate, me lo sentivo. E quando me lo sentivo, ci pigliavo.

Attirai l'attenzione di Federico appoggiandogli una mano sulla spalla, lui sorrise quando mi riconobbe e mi salutò con un mezzo abbraccio. «Non pensavo di vederti qui?» mi disse quasi urlando.

«Davide» dissi a mo' di spiegazione e Federico capì a cosa mi riferivo.

«Ti sta piacendo la festa?» mi chiese poi alzandosi sulla punta dei piedi per arrivare al mio orecchio e tenendosi al mio braccio per restare stabile.

Mi avvicinai a lui, il suo profumo mi era familiare. «Mica poi tanto» gli dissi.

Federico non mollò la presa sul mio avambraccio e mi lanciò uno sguardo consapevole. «Che dici se la rallegriamo un po'?»

Sorrisi.

«Vieni» mi disse e mi trascinò nel mezzo di tutta quella bolgia diretto verso i bagni.

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