Origami

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Un salto, un grande salto, fu questo che aiutò entrambi. Come dita veloci che scorrono sui tasti di un pianoforte, le mie parole fluirono veloci dalla mia bocca, andandosi a raggruppare in piccole ed insignificanti parole, ma che come le note, messe insieme formarono qualcosa di sbalorditivo. Sarah mi osservava, prima curiosa, poi perplessa, divertita, dubbiosa ed infine concentrata. Dal suo sguardo avevo capito che in qualche modo credeva a ciò che le stavo raccontando, lei credeva in me. La sua voce gentile, quasi materna, risuonò nelle mie orecchie, attraversando i miei timpani, fino al cuore: <Ti credo, dimmi come posso aiutarti> mi disse. Non sò voi, ma io sono un grande appassionato di musica classica, e quella piccola frase mi fece ricordare "Prelude n°15 di Chopin", una melodia quasi persa nel tempo ma al contempo inestimabile. Le sue mani presero le mie, come in segno di conforto. Aveva veramente capito tutto ciò che le avevo detto? Probabilmente no, ma aveva deciso di provarci. È questo il vero valore dell'amicizia? Aiutarsi in ogni caso, con ogni mezzo disponibile, al fine di vedere l'altro sorridere? Non saprei dirvelo, magari forse continuando a frequentare Sarah lo avrei scoperto... <Purtroppo non puoi fare nulla, ma già parlarne mi è stato di grande aiuto, avevo proprio bisogno di sfogarmi con qualcuno> le dissi. Mi sorrise mostrandomi tutti e 32 quei cavalieri bianchi che sembravano quasi risalire una grotta rossa e profonda. Mi sentivo in un film: un arco accarezzava le corde di un violino che lentamente accompagnava la scena finale, ma che in realtà era solo l'inizio di ciò che sarebbe diventato. Continuammo a parlare per ore ed ore, le mostrai l'ocarina ed il portale. Sapevo di potermi fidare. Mi chiesi se lei potesse viaggiare insieme a me nella Stanza di pime, ma decisi che per il momento avrei accantonato l'idea. Non so che ore si fossero fatte, ma entrambi ci addormentammo sul mio divano. Il giorno seguente decisi di accettare la colazione offertami da Sarah il giorno precedente e insieme passammo una bellissima giornata. Passarono giorni, ci conoscemmo meglio e parlammo delle nostre storie passate: <...era il 7 luglio, in estate, la nostra casa vacanze era in campagna, in una zona del tutto isolata dal mondo. Era il nostro angolo di paradiso...finchè Polly non scomparve...la mia adorata sorellina, aveva solo 10 anni. Non dimenticherò mai le lacrime di disperazione di mia madre, la paranoia che generò in mio padre e il vuoto che si formò intorno a me. Fu una brutta estate e da quel momento decidemmo di non tornare più alla casa estiva...> le dissi. Ciò che apprezzai in lei fu il suo sguardo mentre le raccontavo questa storia: triste certamente, magari anche perso a volte, ma mai mi diede la sensazione di provare pena per me. Era ciò che odiavo di più. Molto spesso le persone si soffermano sul dare un'etichetta agli altri, ma non approfondiscono ciò che veramente essi sono o provano: <Poverino, ha perso la sorella, chissà se starà bene...fortunatamente ha ancora i suoi genitori>, è questo quello che la gente si racconta, ciò che vuole vedere. Solo la facciata, solo l'esterno. Non era questo il caso di Sarah però. Mi raccontò anche lei della sua vita, di come fosse cresciuta con i nonni ma si sia in seguito trasferita per un incendio scoppiato nella sua abitazione. Anche la sua infanzia non era stata per niente facile, per questo con il passare del tempo aveva deciso di chiudersi in se stessa. Mi parlò inoltre della sua passione: amava l'arte, in ogni sua forma. Discutemmo di musica, ma si soffermò in particolare sulla pittura e gli origami. Adorava costruire figure di animali o di oggetti con la carta, poichè il processo era secondo lei un buon metodo per sviluppare la creatività ed esprimere le proprie emozioni. Cos'è questa, se non arte? Provò ad insegnarmi a farne alcuni ma ero veramente negato, l'unico che riuscii a fare fu l'origami di un cigno. Mi sembrò di avere tra le mani un bambino, una mia creazione capace di focalizzare le mie esperienze e la mia determinazione in un unico foglio di carta, metodicamente ripiegato su se stesso. Mi disse che la madre le insegnò a creare gli origami poichè per un breve periodo aveva viaggiato in Giappone, ed anch'essa a sua volta aveva imparato li quella fantastica tecnica. Era ormai passata una settimana, ed il giorno del mio colloquio era arrivato. Dopo un' "imbocca al lupo" di Sarah mi diressi presso lo studio a cui avevo inviato il mio curriculum vitae. <Sicuramente ha eseguito un ottimo percorso di studi, ma mi dica, chi è lei veramente? Cosa spera di ottenere da questo incarico?> mi disse il datore di lavoro. <Sono un sognatore, un ambizioso per molti, ma credo di essere in grado di poter fare qualcosa un giorno, qualcosa di grande. Iniziare questo percorso aiutando le persone...magari potrebbe essere un buon punto di partenza> gli risposi. Il colloquio finì poco dopo e mi disse che avrei ricevuto a breve sue notizie. Tornai a casa soddisfatto: l'ultima settimana era stata fantastica, tutto proseguiva in armonia e tranquillità. Decisi però che non dovevo fermarmi, avevo un obiettivo: dovevo aiutare gli altri come meglio potevo. Quella notte decisi quindi che sarei entrato in un altro sogno. Non avevo sonno ed era abbastanza presto, perciò decisi di usare il portale senza aspettare di essermi addormentato. <Buona sera John> mi disse Morfeo con il suo solito ghigno. <Buona sera a te> gli risposi. Per un attimo immaginai che volesse riproverarmi per aver detto la verità a Sarah, ma così non fu. Morfeo infatti si sedette semplicemente vicino alla scrivania al centro della stanza, fissandomi intensamente, nell'attesa di una mia qualche mossa. Quel tipo è veramente inquietante... Girai in lungo e in largo per la stanza, in cerca di un qualcosa di particolare, finchè non notai una porta nera. Le pennellate di vernice avevano formato un unico ed intenso blocco rettangolare, che quasi mi sembrò di trovarmi davanti al nulla più assoluto. Sulla sommità della porta però era presente una lampadina fulminata, che dava qualche segno di vita ogni tanto. Misi la mano sulla maniglia e comparve il nome del proprietario di quel sogno: Lewis. L'ultima volta che lo avevo visto era stato alla morte della signora Mary, mentre era in procinto di lamentarsi con la polizia del suono dell'ambulanza. Sembrava un tipo scorbutico ad una prima occhiata, ma avevo conosciuto in un breve periodo anche il suo lato più umano e gentile. Entrai nella porta...

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