I Wanna See Your Soul

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I wanna see your soul.

“Vuoi che ti porti in ospedale?” Scosse la testa visibilmente preoccupato e così mi affrettai a parlare. “Ok ti porto a casa mia, non preoccuparti” Il suo sguardo si rilassò leggermente rispetto a prima. “Ci vorrà un po’. Se vuoi puoi dormire” Mi guardò un po’ impaurito. Che avesse paura di dormire? Io non gli avrei mai fatto niente. “Guarda che puoi dormire. Fidati di me. Non voglio farti del male. Non ho intenzione né di derubarti né di violentarti se è di questo che hai paura” Dissi scherzando. Lui accennò appena un sorriso e poi si mise a guardare fuori dal finestrino. Mi girai appena per vedere cosa stesse facendo. Il suo sguardo mentre fissava il paesaggio fuori era uno sguardo che non avevo mai visto. Aveva gli occhi lucidi, come se stesse per piangere. Nostalgico, come se non vedesse il sole da molto tempo. “Ti senti bene?” “Sì” Aveva parlato di nuovo. Un misto di gioia e tenerezza mi investì, non avevo mai provato quelle sensazione per una semplice parola. “Di dove sei?” “Non importa” rispose bruscamente “Scusa, non volevo infastidirti.” Cercai di rimediare ancora alle mie parole usando un tono dolce. Mi riusciva così facile essere dolce con quel ragazzo. Io non ero una persona dolce o rassicurante, di solito lo erano gli altri che mi stavano vicino quando avevo qualcosa, non ero io a stare vicino alle altre persone. Mi girai sentendolo sospirare e si rimise a fissare di nuovo fuori dal finestrino. “Quanti anni hai? Sempre se vuoi dirmelo” “21”. Era tre anni più grande di me. Non sembrava. Sì, lo facevo più grande di me, ma solo un anno e per via della barba. “Io ho 18 anni” Girò di colpo la testa verso di me con uno sguardo curioso. Sapevo che lo avrei colto di sorpresa. Tutti mi fanno più grande per via della mia statura. Alcune volte porta dei vantaggi sembrare più grande, anche quando non avevo l’età giusta mi vendevano alcolici e molte ragazze ci provavano. Non reggevo il gioco quasi a nessuna, però era piacevole ricevere attenzioni. “ Dimmi qualcosa di te. Studi? Sei diplomato?” Abbassò la testa con uno sguardo triste. Ma non parlò, così iniziai io. “Io sono di Holmes Chapel, però vivo a Londra. Sono qui in vacanza da mia madre anche se lei non c’è perché è in Italia. Non ho finito il liceo e non studio niente.” “Non serve sapere niente su di me. Mi chiamo Louis e ho 21 anni.” Disse a voce bassa, quasi sussurrando, come se avesse paura di parlare, di farmi sapere quello che volesse dire. “Ok, non preoccuparti, non voglio forzarti a parlare.” Girammo l’angolo e parcheggiai la macchina nel vialetto di casa. Uscii dalla macchina e andai ad aprire lo sportello a Louis perché lui non poteva aprire da dentro. “Vuoi che ti prenda in braccio per entrare?” Scosse la testa ancora. Si alzò ma perse l’equilibrio e si risedette in macchina. “Puoi poggiarti a me, non preoccuparti” Si rimise in piedi e poggiò la mano sulla mia spalla, gli cinsi il fianco, chiusi la macchina e ci avviammo verso la porta. Una volta aperta, lo misi a sedere sul divano. Si guardava intorno un po’ impaurito e spaesato. “Vuoi il telefono per chiamare qualcuno?” “Non ho nessuno da chiamare” Sussurrò. Perché parlava così a bassa voce?La sua voce era spenta, facevo quasi fatica a sentirlo. “Hai bisogno di una doccia, sei tutto sporco. Andiamo al piano di sopra, ti do tutto quello di cui hai bisogno.” Mi avvicinai e l’aiutai ad alzarsi. Facemmo le scale con un po’ di fatica ma arrivammo ugualmente in bagno. Si sedette sul cornicione della vasca. “Aspettami qui.” Andai in camera per prendere dei vestiti puliti e gli asciugamani.

Cosa posso dargli da mettersi? E’ così magro, qualsiasi cosa io gli dia sarà grande. Presi un paio di boxer e dei calzini neri. Cosa potevo portargli? Allungai la mano scegliendo un tuta di Hollister, era una delle più piccole che avevo. Tornai in bagno. “Tieni, questi dovrebbero andarti bene, o almeno spero. Usa il mio asciugamano, è sopra la doccia. Quando hai finito chiamami che disinfettiamo quella” Dissi indicandogli il braccio. Annuì in fretta così uscii lasciandolo solo. Scesi in salotto e il silenzio interrotto solo dallo scorrere dell’acqua che si poteva udire anche da lì sotto mi portò inevitabilmente a pensare. E’ un ragazzo molto strano, ha passato sicuramente qualcosa di estremamente brutto. Chissà cosa si è fatto al braccio, e come è finito in mezzo alla strada. Avrà qualche parente? Devo chiamare la polizia o qualcuno? I miei pensieri furono interrotti da una vocina proveniente da sopra le scale, ma quanto tempo era passato? L’orologio segnava le 12 e 30, erano passati già venti minuti. “Hem…io ho fatto..” Disse con tono sospeso, sempre ad un volume bassissimo. Come avevo fatto a sentirlo? “Salgo!” Dissi quando ero già in piedi e stavo salendo il primo gradino delle scale. Era lì, seduto sulla vasca con i capelli ancora bagnati e la mia tuta addosso. Era ancora più tenero di prima. Come avevo immaginato, la tuta era gigante, lo rendeva quasi ridicolo. A me arrivava un po’ sopra il ginocchio e a lui a metà polpaccio. Solo ora mi rendevo conto del fatto che fosse basso per la sua età. “Tutto bene?” “Si…” Andai davanti allo specchio e lo aprì rivelando così un mobiletto con una cassetta. La aprii e ne presi l’acqua ossigenata ed una garza. “Credo ci vogliano i punti” Dissi per informarlo. “I- io non voglio andare all’ospedale …” abbassò la testa con fare rassegnato. Perché non vuole andare all’ospedale? Probabilmente perché chiamerebbero i suoi genitori no?! Parlò una vocina dentro di me. Aveva ragione. Se fosse andato in ospedale gli avrebbero chiesto chi fosse e lui non avrebbe potuto nascondere la sua identità. “ok, non importa, vedo quello che riesco a fare.” Mi avvicinai e bagnai l’ovatta con acqua ossigenata. Gli avrebbe fatto sicuramente malissimo. Poggiai con cautela l’ovatta sulla ferita e lui sussultò senza però fare un fiato. Così continuai. Dovevo farlo o avrebbe fatto infezione. “Mi dovrai spiegare come ti sei procurato questa ferita prima o poi, lo sai?” Accennò ad un sorriso. “Non importa” Perché risponde sempre così? Perché abbassa sempre lo sguardo? Ha paura che possa leggergli dentro? Insomma, sono curioso. Ti ho preso, ti ho portato qui. Lo sa che non potrà tenermi segreta la sua vita per molto? No, non riesco proprio a capirlo. “E se a me importasse?” Tentai io. Tanto lo so che non serve a niente dirti così. Ti conosco da un’ora scarsa e già ho capito che non cederai. “Non ti serve saperlo” Parlò a denti stretti per il dolore. “Ti sto facendo molto male? Scusami …” “No … va bene …” Gli sarebbe rimasta la cicatrice, ne ero sicuro. “Allunga il braccio verso di me che te lo fascio, così si ferma il sangue.” Allungò il braccio. Era così magro. Potevo vedere benissimo le sue ossa. Perché di lui c’erano solo quelle. Peserà una cinquantina di chili. “Ecco fatto. Se non ti asciughi i capelli ti ammalerai, anche se è estate potrebbe comunque farti male” Gli dissi allungandogli l’asciugacapelli. “Okey” Non aggiunse una parola e iniziò ad asciugarsi i capelli. “Ce la fai a scendere le scale da solo?” “Si.” “Ti aspetto giù” Uscii dalla porta ma qualcosa mi fermò Louis mi aveva afferrato il braccio. “Grazie” Disse timidamente. Abbassando il capo e arrossendo. Era sincero. Lo potevo capire dal suo tono di voce stranamente dolce e udibile. “Di niente. Chiunque l’avrebbe fatto.” “No, non è vero, non chiunque” Mi guardò con ammirazione. E poi si girò ed iniziò ad asciugarsi i capelli “Già, probabilmente no. Ti aspetto giù, appena finisci scendi” Urlai appena per farmi sentire. Dopo dieci minuti sentii dei leggeri passi provenire dalle scale, così alzai lo sguardo in quella direzione. Louis comparì nella stanza a testa bassa con un po’ di rossore sulle guance,come sempre, ma questa volta, probabilmente dovuto al caldo della doccia. “Sicuro di non voler chiamare qualcuno?” Ritentai io in cerca di una risposta che non fosse come quelle di prima, fredde e distaccate. “No, non devo chiamare nessuno” “Ok... E’ ora di pranzo, che mangi?” Lo guardai in attesa di una risposta. “oh … io veramente non mangio” Abbassò lo sguardo colpevole. Devo costringerlo a mangiare o lo lascio stare? Perché non so come comportarmi? Qualcosa prima o poi dovrà mangiare sennò morirà di fame. “Non mangi mai?” chiesi con curiosità e preoccupazione allo stesso tempo. “Non ho fame” “Non si mangia solo perché si ha fame, senza il cibo non si vive. Hai bisogno di carboidrati, proteine, zuccheri. Sei così pallido e magro. Dovresti mangiare ogni tanto.” “Mangio una volta al giorno solo se ho fame, mi basta” “Quindi hai già mangiato?” “No …” Abbassò la testa imbarazzato. “Mangerai?” “Non ora” “Perché?” “Non ho ancora fame”

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