one いち

371 39 29
                                    

7 Luglio 1990

Minho amava trascorrere interi pomeriggi davanti la finestra, con le gambe conserte e un telescopio con le fantasie di Galaga tra le mani.
Aveva appena otto anni e adorava già contemplare le più belle meraviglie che si nascondevano su nel cielo, timide dietro i batuffoli di nuvole.
Che fossero le piccole specie di uccellini che viaggiavano di giorno, o le luminose stelle che saltavano durante la notte.
Con gli occhi a cuore, gli piaceva vagare con la mente sul futuro da astrologo che lo attendeva. Certo distavano ancora tanti anni da quella realizzazione, ma lo strumento dell'immaginazione non poteva che gettare benzina su quel fuoco di passione che già smuoveva il suo cuoricino.

Al termine di uno di quei giorni, come sempre passato ad osservare quel telo azzurro, la madre lo aveva chiamato dal piano inferiore. Il pranzo era pronto in tavola e lui dovette lasciare il piccolo telescopio sul davanzale della finestra per andare a mangiare.
Prima di saltare giù dalla seggiola però, una figura catturò la sua attenzione al di fuori della propria camera.

Un ragazzino dall'adorabile caschetto castano, la pelle pallidissima e un cappellino rigirato in testa. Sedeva a terra con un sacchetto di caramelle tra le gambe mentre difornte c'era un'altro bambino, probabilmente un suo amico. Il nocciola si tirava le guance e buttava la lingua all'infuori facendo sbellicare dalle risate l'altro, che indubbiamente poco dopo si ritrovò a tossire a causa di una caramella andata di traverso.

Dopo aver assistito al piccolo pagliaccio che rideva dell'amico piuttosto che aiutarlo con una pacca sulla schiena, Minho sperò che un giorno ci avrebbe fatto amicizia, che avrebbe offerto una caramella anche a lui e che avrebbero riso assieme.
Non sapeva di certo perché, ma ai suoi occhi sembra l'amico perfetto.

Da quel giorno in poi infatti aveva tratto dai suoi pomeriggi di osservazione dei corpi celesti un po' di tempo per guardare -o meglio, spiare- quel bambino, che magari scoprendo qualche suo hobby sarebbe stato più facile farci amicizia.

Il suo sguardo era sempre ammaliato da quei gesti, che stesse giocando a palla col suo solito amico o a frisbee col cucciolo di cane.
Ne aveva persino parlato al proprio migliore amico, quando era venuto a trovarlo dopo la scuola per mostrargli le nuove figurine di Super Mario, ma a Minho poco importava di quello che aveva da fargli vedere, teneva più a fare parola di quel bambino che lo aveva tanto rapito.

<Channie, io voglio tanto parlargli.> gli aveva confessato con tanto di broncio mentre sorreggeva la testa con le mani e teneva lo sguardo sul castano davanti casa, <E perché non lo fai?> domandò semplicemente il maggiore accostandolo, <Mi vergogno!> esclamò con fare ovvio per poi piagnucolare affranto.

<Ho un'idea. Seguimi.> Chan lo scrollò per una spalla e si fece strada verso l'uscita di casa, seguito dall'amico con le gambe molli.
Il cosiddetto ragazzino dalla scodella color nocciola era intento a fare versi strani con la bocca -forse stava solo tentando di riprodurre una melodia hip-hop- mentre l'amico ballava al ritmo, già troppo bravo per i pochi anni che aveva.

<Ciao!> Chan avanzò audace verso di loro con un gran sorriso sulle labbra, il petto portato in avanti e il mento alto. L'invidia che provò l'amico dietro fu immensa, avrebbe voluto avere lui quello stesso coraggio e confidenza.
<Io sono Christopher Bang Chan, ma potete chiamarmi solo Chan.> si presentò facendo spuntare una dolce fossetta scavata sulla guancia, <Voi come vi chiamate?> chiese curioso inclinando di poco il viso, al che i due ragazzini smisero di muoversi e sorrisero di fronte ad un possibile nuovo amico.

<Yo, io sono Seungmin e lui è Jis-> saltellò verso di loro il ragazzino moro, ma l'altro lo interruppe con un cipiglio imbronciato, <Guarda che so presentarmi da solo!> incrociò le braccia ma poi si decise a sorridere ai 'nuovi arrivati', <Io sono Jisung.> e gli incisivi sporgenti fecero la loro comparsa.

Tutti e tre si voltarono poi verso Minho, che se ne stava con le ginocchia strette e lo sguardo chino verso le scarpette a strappo consumate. Chan gli diede una leggera gomitata per incoraggiarlo a parlare ma non appena alzò lo sguardo incontrò quello curioso del castano che aveva osservato da lontano per tanto tempo, così voltò le spalle e corse verso casa con le guance a fuoco e la paura alle calcagna.

Non se l'era sentita a dire il proprio nome, forse non ci avrebbe fatto mai amicizia con la timidezza che si ritrovava come caratteristica dominante.
Corse verso l'orsacchiotto di Doraemon e se lo strinse al petto mentre gettava furtivamente l'occhio al di fuori della finestra, per notare subito l'inchino di scuse di Chan, che probabilmente stava tornando da lui dati i bronci dei due bambini davanti.

Passarono giorni da quell'evento accaduto, e Minho aveva continuato ad osservare Jisung dalla finestra di camera sua, mettendo per un po' da parte la sua passione dello spazio.
Com'era possibile che un bimbo evitante come lui desiderava ardentemente un'amicizia con una persona?
Era una cosa veramente ingiusta, se lo ripeteva sempre.

Jisung un pomeriggio aveva portato a casa un nuovo amico, questa volta dalle guance più paffute e con uno skateboard sottobraccio.
Anche da quella lontananza Minho riuscì ad intravedere il luccichio che passò per lo sguardo del castano, che subito corse verso quel magico oggetto.

Il ragazzino davanti però lo ritrasse borbottando qualcosa che fece apparentemente innervosire il nocciola. Difatti questo afferrò quella tavoletta di legno e la buttó a terra, con un passetto pieno di sé ci salí sopra e con l'altro piede si diede qualche spinta per poter scivolare sul pavimento del giardino. Tutto filó liscio finché un probabile ciottolo si incastonò tra le quattro ruote, facenolo così cadere rovinosamente a terra.

Il suo nuovo amico si tappó la bocca con entrambe le manine e, colto alla sprovvista da quella caduta -ma soprattutto dalla paura di poter essere incolpato-, corse via da quel giardinetto, lasciando così il castano a terra mentre si reggeva il ginocchio.

Minho aveva assistito a tutta la scena e, raccogliendo dalla cucina un mucchio di tovaglioli di carta, nemmeno si accorse delle proprie gambe che lo stavano guidando proprio verso quel ragazzino che tanto iniziava ad adorare. A pochi passi da lui notó delle gocce di sangue colare giù verso il polpaccio, essendosi sbucciato la rotula, e trattenne il fiato quando realizzò di non poter più tornare indietro.

Nonostante l'insignificante ferita, Jisung stava piangendo ininterrottamente e si teneva la gamba come se gliela si fosse amputata. <H-hei, non è niente.> mormorò timidamente Minho chinandosi verso di lui e mostrandogli i fazzoletti di carta che aveva con sé.

Il castano a quel punto smise di piangere e lo guardò con gli occhioni spalancati di fronte a quella premura nell'aiutarlo.
Con quel piccolo atto pensò fosse definitivamente il suo eroe.

<Sei tu il bambino dell'altra volta, quello che è scappato?> Jisung domandò tirando su col naso e asciugandosi le lacrime con il dorso della mano sporca di terra, al che l'altro si limitò ad annuire con le guance tinte di un dolce rosa.
<Minho.> mormorò con un'improvvisa spinta di coraggio, <Mi chiamo così.> continuò ad occhi bassi mentre accartocciava tutti i fazzoletti macchiati di sangue.

Jisung sorrise, felice di aver finalmente fatto amicizia con quel bambino che da tempo lo osservava dalla finestra.

serendipity - minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora