Capitolo III

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Mi svegliai quando sentii la mia pelle scontrarsi con qualcosa di duro, che, una volta aperti gli occhi, scoprii essere il pavimento.

Mi girai freneticamente attorno, cercando di capire dove mi trovassi.

-E' l'infermeria della gilda- sussurrai in un soffio sorpreso -come ci sono finita qui?- mi chiesi alzandomi in piedi, ma caddi subito dopo, sentendo le gambe molli ed instabili come caramelle gommose.

Le pareti bianche mi circondavano da ogni lato, e vari armadietti in vetro con all'interno di essi vari medicinali e strumenti da dottore, rendevano il posto quasi inquietante. Mi girai dietro di me, notando solo allora un letto disfatto, così come le lenzuola candide. Il cuscino su cui avevo poggiato la testa prima di cadere era bagnato, cosa che constatai quando lo toccai, probabilmente a causa delle mie lacrime.

I miei incubi stavano diventando sempre più insopportabili.

Vedevo Grandine morire per mano mia, poi Romeo, e infine tutti gli altri membri della gilda contorcersi dal dolore che io stessa avevo provocato loro.

Strizzai gli occhi quando una fitta mi pervase la testa, quindi mi portai le mani fra i capelli e li strinsi disperatamente tra le dita, desiderando solo che quel dolore cessasse. Sentivo il capo pulsare terribilmente, e non mi sarei sorpresa più di tanto se fosse scoppiato all'improvviso.

Sentii la porta aprirsi, e immediatamente spalancai gli occhi e mi alzai in piedi, pronta a difendermi in caso di pericolo. Le gambe tremarono sotto al mio peso, ma cercai di non pensarci, mi limitai a restare cosciente e a non cadere nuovamente svenuta.

Nella stanza fece il suo ingresso praticamente tutta la gilda, cosa che mi fece terrorizzare ancora di più, facendomi sudare ed impallidire pericolosamente.

A guidare quella banda di maghi preoccupati era Polyushka, fredda e apatica come sempre. Nei suoi occhi vidi guizzare un lampo di disapprovazione quando mi vide in piedi.

-Wendy!- gridarono tutti i miei nakama contemporeanamente, assordandomi e facendomi fare una smorfia di dolore.

-Zitti, umani!- ringhiò la controparte di Grandine, facendo tacere tutti in un lampo.

-Perché sono qui?- mi decisi a prendere parola.

La mia voce era roca e graffiante, come se avessi passato l'ultimo decennio senza parlare o senza bere un goccio d'acqua.

La figura di Romeo si fece largo tra la massa, e si parò di fianco all'infermiera.

-Ti ho portata io dopo che sei svenuta- mi rispose il ragazzo.

-Non dovevi farlo- aggrottai la fronte in un espressione sofferta quando un'altra fitta si fece largo nella mia testa.

-Wendy, sdraiati- mi sorpresi quando sentii la voce quasi dolce di Polyushka, ma non obbedii.

-Wendy, non sei in buone condizioni. Nello stato in cui ti trovi saresti dovuta essere in coma- continuo la donna, ma non mi lasciai intimorire dalla sua aria severa.

"Uccidili! Loro ti hanno sempre considerata una piccola bambina inutile, perche dovresti risparmiarli? Uccidili e ti sentirai molto meglio... fallo... uccidili tutti..." sentii sussurrare nella mia mente.

Mi portai le mani alle orecchie, come se potesse aiutarmi a far tacere le voci che sentivo nella mia testa, lasciando fuoriuscire nel frattempo fiotti di lacrime represse per troppo a lungo.

-Basta!- gridai serrando gli occhi.

Sentii il frastuono delle finestre rompersi per colpa delle correnti che avevo inconsciamente evocato.

-Wendy, fatti aiutare. Siamo una famiglia, insieme risolveremo il tuo problema- avanzò Romeo.

-Quindi il mio essere finalmente potente sarebbe un problema?- sibilai -io sono un problema, giusto?-

Non riuscivo a fermare le raffiche di vento che attraversavano violentemente la stanza, facendo sbattere ripetutamente la porta, ed alzare i cocci di vetro in aria, rendendo pericoloso fare anche solo un passo; ma forse non volevo fermarle.

Sentivo la testa scoppiare, probabilmente sarei svenuta da un momento all'altro se non avessi stretto i denti e avessi sopportato la sofferenza che mi pervadeva il corpo.

"Devo andarmene" riflettei alternando gli occhi da una finestra all'altra "devo andarmene prima di perdere del tutto il controllo. Sento che questa volta sarà più difficile del solito ritornare in me"

-Non dovevi portarmi qui, Romeo, sono un pericolo per tutti voi. Ma ora non importa, perché probabilmente non tornerò più- dissi prima di saltare da un buco nel muro dove poco prima si trovava una lastra di vetro magico immune ad ogni sorta di attacco, magico o non che fosse.

"Come ho fatto a romperle?" mi chiesi poi realizzando la cosa.

Prima di schiantarmi a terra le correnti aeree mi trasportarono lontano da lì velocemente, ma non abbastanza da non riuscire a sentire Romeo urlare in modo disperato il mio nome.

-Addio- sussurrai con gli occhi lucidi prima di aumentare la velocità e scomparire al di sopra delle nuvole.

L'altra faccia della medagliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora