capitolo uno: freshman year

423 30 13
                                    

Changbin non avrebbe seguito la lezione, in condizioni normali. Poteva stare attento e prendere appunti a qualsiasi ora, ma con fisica proprio non era in grado. Meglio dormire un po' sul banco, recuperare il sonno perso durante la notte a leggere con una torcia sotto le coperte, e cercare di copiare il prossimo compito.

Il piano era perfettamente collaudato, aveva funzionato mille volte e avrebbe funzionato una volta in più, se il bussare secco alla porta non avesse interrotto l' insegnante, che sembrava riluttante ad interrompere il suo blaterare per accordare alla bidella che faceva capolino dalla porta il permesso di entrare.

-Professoressa, questi sono i moduli da firmare per la sorveglianza della prossima assemblea- stava dicendo la collaboratrice scolastica con aria concitata, mentre Changbin aveva già riappoggiato il capo al banco, convinto che nessuna faccia nuova avrebbe varcato la porta dell'aula. Ed aveva ragione, perché la faccia nuova rimase al di là della porta: si intravedeva appena dal suo banco, ma non appena la notò non ne staccò più lo sguardo, perché sulla soglia della loro classe stazionava tentennando, timido, uno dei ragazzi più belli su cui Changbin avesse mai posato gli occhi.

Era alto, ma questa era una partita vinta in partenza, in confronto a lui chiunque lo era. Pelle diafana, tanto da lasciar intravedere il tracciato azzurro delle vene sulle tempie e sui polsi, e un viso armonioso solcato da un nasino dritto e regolare e una bocca carnosa. Il vero tocco d'originalità erano i capelli: arancioni, chiaramente tinti, si arricciavano sulle punte intorno alle piccole orecchie tonde, e gli davano un'aria tenera. Quel ragazzo era tenero. Da come portava le mani al collo della felpa nera che indossava, a disagio, era evidente che voleva solamente indossare il cappuccio e scomparire dalla vista di tutti quegli sguardi, qualcosa che Changbin era perfettamente in grado di capire. Quello che non riusciva proprio a comprendere, invece, era perché mai un ragazzo bello come lui avrebbe dovuto desiderare di nascondersi. Lui non si era mai amato troppo, la sua faccia era sempre stata tutta angoli e linee dritte, e se avesse avuto il suo viso, probabilmente si sarebbe montato la testa. Ed era evidente che lui, lì, non l'aveva fatto.

Dove era stato per tutto quel tempo? Changbin frequentava quella scuola da quattro anni, e non l'aveva mai visto. Possibile? Sì che l'istituto era grande, ma se ne sarebbe accorto se avesse visto qualcuno del genere sfiorarlo nel passargli accanto nei corridoi, oppure sedersi accanto a lui all'assemblea. Probabilmente doveva essere solo un po' più attento. E doveva esserlo da subito, perché non si era accorto che la bidella era uscita, chiudendo la porta dietro di sé, portando il ragazzo via con sé e lasciando Changbin a fissare la porta sovrappensiero.

Non appena si riebbe, il ragazzo arrossì fino alla radice dei suoi capelli, neri come l'ala di un corvo: ai suoi compagni piaceva parlare, spettegolare di qualsiasi cosa, se l'avessero visto fissare il punto dove fino a qualche minuto prima c'era quel ragazzo, avrebbero potuto inventarsi qualsiasi cosa per il semplice gusto di dare aria alla bocca. Changbin si guardò intorno preoccupato, ma l'attenzione dei suoi compagni non era per lui.

-Sì, era lui- stava bisbigliando una ragazza della bancata di fronte alla vicina –era lui, quello che ha provato a suicidarsi un paio di mesi fa. Lee Felix, no?-.

Changbin sbarrò gli occhi.

Come qualsiasi altro studente dell'istituto, conosceva molto bene la storia del ragazzino del terzo anno che aveva tentato il suicidio quell'inverno, e aveva passato i due seguenti mesi in coma. All'apparenza, era un ragazzo normale: sedici anni compiuti a settembre, andava per i diciassette, un'insufficienza fissa a latino scritto che lo accomunava a gran parte della sua classe, un gruppo normale di amici con cui usciva il sabato sera. Si sapevano molti dettagli in giro su di lui, incluso come avesse tentato di appendersi al lampadario della sua stanza usando un lenzuolo, ma molti, tra i quali Changbin stesso, non avrebbero saputo riconoscerlo se fosse passato loro davanti. Ora, era sicuro che lo avrebbe fatto.

-Che cosa fa qua? Quando è uscito dall'ospedale? Lo lasciano ancora venire a scuola?- aveva chiesto l'altra ragazza, e Changbin si sorprese a trovarsi ad orecchie tese per ascoltare la risposta, lui che dai suoi compagni aveva sempre tentato di tenersi il più lontano possibile. –Sarà uscito qualche giorno fa- aveva raccontato la compagna –dicono che a casa non c'è voluto rimanere, e ora rimane con i bidelli e gli insegnanti a fare non so che riabilitazione psicologica con qualche psicologo. Anche secondo me però dovrebbero tenerlo a casa, magari è pericoloso-.

A quel punto Changbin smise di ascoltare, quando i suoi compagni cominciavano a fare quei discorsi senza senso si ricordava perché non avesse amici in quella classe. Almeno, qualcosa di buono l'aveva ottenuto. Senza smettere di cercare una matita nel suo astuccio, aprì il quaderno che aveva sul suo banco alla prima pagina, e scrisse sul margine in alto 'Lee Felix' per ricordarsene in seguito, e poter cercare di scoprire di più su di lui e magari conoscerlo. Ovviamente non avrebbe più dimenticato quel visino triste da quel giorno in avanti, ma era solo per aiutare la sua memoria nel caso avesse fatto cilecca in futuro.

-Lee Felix- aveva mormorato, coperto dalla voce dell'insegnante, intenta a proseguire una lezione dalla quale lui puntualmente si era distratto. Questa volta, però, per pensare a qualcos'altro –qualcun altro- invece che per dormire tutta l'ora.

freshman year- isaac dumbar

freshman year - changlix.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora