CAPITOLO 4

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«Ed ora? Che si fa?» Kael percorse il soggiorno di casa sua con grandi falcate. Aveva continuato a girare in tondo per almeno un quarto d'ora, le mani fra i capelli, il viso stanco ed i nervi a fior di pelle.

«Sta ancora dormendo. Quando si sveglierà, vedremo che dirle.» Neal poggiò i gomiti sulle ginocchia ossute e prese un grande respiro, tossicchiando subito dopo. La chiamata di Kael era arrivata come un fulmine a ciel sereno, disturbando il suo sonno e quella poca tranquillità che aveva provato ad ottenere. «Jèr, come sta?» Sentirlo parlare a quel modo e con quel tono di voce del ragazzino procurò un lungo brivido al proprietario dell'abitazione, che con una mano stretta in un pugno si avvicinò ulteriormente all'amico.

«Quello stronzetto sta bene e non ricorda nulla. Mi sono assicurato che Annette lo tenesse chiuso in casa, per evitare altri attacchi del genere.» La nota di veleno che fuoriuscì dalle sue labbra spense definitivamente il silenzio. Si sentiva uno stupido per non essere arrivato prima, e per non essersi accertato che Jèremias non creasse problemi. Quel ragazzino era vivo e vegeto, e al contrario di ciò che pensava non era uscito di testa.

Avevano evitato di raccontargli cosa fosse successo per non turbarlo ulteriormente, sebbene l'idea non fosse piaciuta a nessuno.

«Dorme da tre cazzo di giorni, amico.» Neal si grattò il retro del collo, impensierito. Era preoccupato a sua volta per le condizioni fisiche -e mentali- dell'umana, ma al contrario dell'amico aveva forzato se stesso a non lasciarsi andare al panico. Se l'avesse fatto, avrebbero perso del tutto il controllo della situazione.

«Cosa faremo se dovesse dirci di aver visto la tua...trasformazione?» La voce di Deborah risultò debole e spezzata, quasi rauca. Aveva taciuto fino a quel momento, preferendo relegarsi nell'angolo cucina adiacente alla sala. In quei giorno aveva dormito poco e niente, con l'ansia che l'aveva tenuta sveglia per tutto il tempo. Era preoccupata per l'amica e per Jèremias, che sebbene avesse fatto qualcosa di molto grave rimaneva pur sempre un suo grande amico d'infanzia.

Kael scrutò l'umana con le sopracciglia aggrottate e le narici allargate, pronte a captare qualsiasi odore sconosciuto si trovasse nei paraggi. Aveva mantenuto i sensi all'erta per un tempo indefinito, con così tanta concentrazione che le tempie rischiavano di esplodere, tanto era forte il dolore che stava provando alla testa. Deborah non gli era mai stata particolarmente simpatica; un po' perché parlava troppo ed un po' perché la trovava una bambina: immatura, fin troppo scatenata.

«Non lo so, cazzo!» Le spalle della mora ebbero un fremito di paura nel sentire il tono alterato con cui aveva parlato il ragazzo. Era venuta a conoscenza dell'esistenza dei licantropi non appena aveva compiuto la maggiore età, e da allora era stata una parte quasi fondamentale all'interno di St. Plate. La sua famiglia si occupava di organizzare e vigilare sul paesino da anni, e lei non doveva essere da meno. Per questo, quando le era arrivata la voce che un ristretto gruppo di mannari stava iniziando ad avere comportamenti strani e pericolosi era rimasta basita. Non se ne era nemmeno accorta, lei, e per questo si sentiva in colpa.

Si dava della stupida e dell'ingenua per non aver riscontrato alcun cambiamento in alcuni abitanti del paese. Se fosse stata più attenta e avesse svolto al meglio il suo dovere probabilmente Eloise non avrebbe rischiato la vita. Questo, Kael, lo sapeva bene.

«Ora calmati, amico.» Il tono di voce di Neal fu l'unica cosa capace di arginare la sua rabbia. Una calma strisciante e bruciante riempì il locale fino a premere contro le finestre.

«Sei proprio uno stronzo ad usare la tua energia su di me.» Neal sorrise e con un cenno della mano lo invitò a sedersi al suo fianco. Dovevano parlare.

***

Ad Eloise sembrò che qualcuno stesse continuando a punzecchiarle con cattiveria entrambe le tempie, ad un ritmo veloce e forzato. Il bruciore che avvertiva provenire dal fianco le dava un fastidio incredibile, e si aggiungeva ad esso un tremendo prurito. Nella sua testa c'era il niente più totale. Nessun pensiero, nessun flash che potesse farle capire cosa fosse successo. Avvertì sotto le sue mani un tessuto morbido e caldo e lo strinse, inspirando a pieni polmoni.

WOLF'S HOWL | In RevisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora