Capitolo 4 ~ Arden

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Stavo lucidando la mia spada quando vidi Adam arrivare.
-Dov'è Ally? -chiesi notando l'assenza di nostra sorella.
-Arriva. -rispose lui, poi appoggiò un asciugamano per il sudore per terra e sospirò: -Dobbiamo fare qualcosa, Arden. Non so quanto ancora riuscirò a fingere.
-Lo so. Orfeo è un pazzo. -concordai. -Troveremo un modo tornare al Campo Giove. E porteremo Allison con noi.
-Allison è completamente fuori di sé. -disse mio fratello. -Credo che perdere il bambino abbia fatto cambiare qualcosa in lei.
Annuii: in effetti, Allison era diversa rispetto a quando era arrivata al palazzo. Era molto più determinata e sicura di quello che faceva. E quello che faceva, ossia giurare fedeltà ad Orfeo appena ne aveva l'occasione, non era esattamente la cosa migliore.
-Dai, iniziamo ad allenarci un po'. -dissi per cambiare argomento. Andai verso il centro della stanza, con l'elsa della spada d'oro imperiale stretta in pugno.
-Duello? -propose Adam estraendo la spada identica alla mia dal fodero.
-Vada per un duello.
Iniziammo a combattere con le spade, muovendoci per tutta la stanza e ridendo come pazzi. Era una nostra piccola abitudine e ci allenavamo sempre insieme. Fin da quando eravamo andati al Campo Giove la prima volta, a quindici anni. Erano passati dieci anni, eppure era come se fossimo stati ancora ragazzini di prima media.
Non riuscivamo mai a finire con un vincitore, perciò continuavamo a duellare finché non eravamo stanchi o finché qualcuno non veniva a chiamarci. Solitamente era Reyna, che si arrabbiava con noi perché non lasciavamo la possibilità ai semidei di allenarsi.
Eppure, quel giorno riuscii a disarmare mio fratello, che cadde a terra.
-Ehi, che succede? -chiesi preoccupato.
-Niente, solo una distrazione. -si giustificò lui. Prese la mia mano, che gli avevo allungato per aiutarlo ad alzarsi, e saltò in piedi.
Si allontanò per prendere il suo asciugamano senza alzare gli occhi su di me, come se si fosse vergognato di qualcosa.
-Adam. -lo chiamai. -Non hai mai perso contro di me. C'è qualcosa che non va?
Mio fratello non rispose.
-Lo sai che con me puoi parlare. -dissi.
Adam si passò l'asciugamano sul viso, poi lo ripiegò e lo buttò per terra.
Quando mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla spalla, alzò finalmente gli occhi su di me.
-Credo che potresti anche indovinare da solo. È semplice. -disse con un sospiro.
-È per un ragazzo? -domandai capendo tutto.
Adam annuì.
-È fantastico, fratello! -esclamai dandogli una pacca sulla spalla. -Anzi, era ora. Dimmi: com'è?
-È orribile, Arden! -Adam si mise le mani nei capelli, disperato.
-Ma se dici così, come puoi esserti innamorato di lui?
-No, volevo dire... lui è bello, ma... io non voglio...
Vedendo come era spaventato, lo abbracciai. Adam mi aveva confessato di preferire i ragazzi alle ragazze quando avevamo quattordici anni. Aveva paura che qualcuno lo scoprisse e perciò cercava di avere meno contatti possibile con il cosiddetto cromosoma Y per non innamorarsi di nessuno.
-Dai, non c'è niente di male. -dissi. -Secondo te com'è possibile avere due padri, Adam?
Ora vi spiego: io e Adam avevamo un padre divino, ossia Apollo, e un padre mortale, Aaron Gray. È complicato, ma quando uno dei due è un dio tutto è possibile.
Apollo aveva conosciuto Aaron un po' per caso: stava passeggiando per Las Vegas e lo aveva notato mentre stava sistemando il negozio di strumenti musicali che possedeva. All'inizio non era successo nulla, ma poi il nostro padre divino aveva capito che la scintilla era scattata.
Non so come andò a finire di preciso, ma Aaron ci aveva raccontato di averci trovato davanti alla porta dell'appartamento in due cesti dorati. Dormivamo entrambi e, attaccato al cesto di Adam, c'era un biglietto da parte di Apollo, dove il dio spiegava com'eravamo nati. Non c'era mai stata una relazione, infatti eravamo nati da un pensiero di Apollo.
Era stato Aaron a scegliere i nostri nomi e, nonostante fosse un uomo single e con un lavoro non proprio soddisfacente, aveva deciso di tenerci fin da subito e non ci aveva mai fatto mancare niente. Chissà come stava. Sicuramente era preoccupato, dato che non gli davamo nostre notizie da più di un anno.
-Ma io non voglio essere innamorato! -esclamò Adam.
-Adam, è una cosa bellissima. Se non ora, quando potrebbe accaderti di nuovo?
Lui si morse il labbro e deglutì.
-Vuoi dirmi di chi si tratta? -gli proposi gentilmente.
-Ehm...
-Oh dei, non dirmi che è quel semidio che si è unito alla schiera di Orfeo perché non è alla tua altezza! -scherzai.
-No... non è lui.
-Ah, meno male... -feci un sospiro di sollievo finto per cercare di farlo ridere, ma senza successo.
-È quel ragazzo che era con i semidei...
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva: -COS'HAI DETTO?! -esclamai.
-Quel ragazzo che...
-No, cioè... Davvero?
Adam annuì e sospirò: -Ma sarà solo una cotta passeggera.
-Io non credo, fratello. -dissi arricciando il naso. Sapevo che, quando Adam s'innamorava, era per sempre.
Mio fratello abbassò la testa, ma, prima che potesse dire altro, Allison arrivò: si guardò intorno, poi spostò gli occhi su di noi.
-Pensavo di vedervi combattere con le spade... -disse aggrottando le sopracciglia.
-Beh, abbiamo deciso di fare una pausa. -fece Adam. -Però ora possiamo riprendere l'allenamento, vero Arden?
-Ehm, sì. -risposi. Decisi che avrei chiesto di più a mio fratello quella sera, prima di andare a dormire. Ero sicuro che avesse voluto lasciar perdere, ma lui sapeva che io non ero uno che si arrendeva facilmente.
Presi un bel respiro, poi mi voltai verso Allison: -D'accordo, Ally. Pronta?
Lei annuì e sorrise, mentre il suo arco le compariva sulle spalle.
-Chi fa più centri non pulisce le spade. -disse Adam porgendomi un arco.
-Affare fatto. -rispondemmo io e Allison in coro.

Era notte inoltrata e non riuscivo a dormire. Continuavo a rigirarmi nel letto, guardando le ombre che la luce della luna formava entrando dalla finestra.
Adam mi aveva evitato per tutta la sera, rimanendo chiuso nella sua stanza e senza nemmeno rispondere quando lo avevo chiamato. Odiavo quando faceva così.
Decisi di alzarmi per fare un giro e cercare di prendere sonno, così mi misi le scarpe e m'infilai l'unica felpa che avevo. Uscii dalla mia stanza e mi richiusi la porta alle spalle. Rabbrividii: in quel palazzo faceva sempre e comunque freddo, ma non potevamo mica evitarlo, visto che il riscaldamento delle case moderne a Orfeo non piaceva. Preferiva il vecchio stile: camino e coperte pesanti, spesso ci faceva mettere i mantelli al posto delle giacche invernali, perciò, se ti ritrovavi a letto con quaranta di febbre, sapevi che era stata colpa sua.
Iniziai a camminare lungo il corridoio, guardandomi attorno: sui muri c'erano quadri ed arazzi che rappresentavano Orfeo e qualche altro eroe della mitologia, delle torce accese erano posizionate con un ordine tale che tutti potessero staccarle per muoversi attraverso il castello durante la notte o nelle giornate piovose.
La mia stanza si trovava di fronte a quella di Adam. Quella di Allison era in fondo al corridoio.
Camminai per un po' fino ad arrivare ad una porta socchiusa. Non ci ero mai entrato perché Orfeo ce lo aveva sempre impedito, ma decisi di sbirciare al suo interno dalla fessura della porta.
Orfeo era lì, in piedi davanti ad un dipinto raffigurante una giovane donna dai capelli rossi e gli occhi marroni. Proprio accanto ad esso, c'era la statua di una ragazza, probabilmente la stessa del dipinto.
-Stai tranquilla, amore mio. -stava dicendo Orfeo ammirando la giovane. -Tra poco ti farò giustizia. Gli dei avranno quello che si meritano per averci separati in un modo così crudele.
Mi sporsi di più per vedere meglio.
-Quando sarò il signore dell'Olimpo ti riporterò indietro. -continuò l'uomo. -Stavolta senza quella dannata regola del non guardarti.
A quel punto capii: la ragazza raffigurata era Euridice, la moglie di Orfeo che era morta per colpa del morso di un serpente velenoso.
Improvvisamente mi sentii afferrare da dietro e qualcuno mi tappò la bocca con una mano per impedirmi di urlare. Mi dimenai, ma chiunque fosse quella persona (o quella cosa?) era forte e perciò riuscì a trattenermi.
-Shh, sono io. -sibilò Adam al mio orecchio quando mi calmai.
-Fammi prendere un altro spavento del genere e ti ammazzo. -lo minacciai con il suo stesso tono di voce.
Mio fratello fece un sorriso imbarazzato.
-Cosa stai facendo? -mi chiese. Gli spiegai ciò che era successo in quei pochi minuti.
Al termine del mio racconto, sentimmo un rumore. Ci guardammo, preoccupati: qualcuno ci aveva scoperti ad origliare Orfeo?
Prima che potessimo anche solo capire se le nostre ipotesi fossero corrette, corremmo via e tornammo nelle nostre stanze.

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