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spazio autrice((+ trigger warning)):
questo capitolo è stato un autentico parto da scrivere, seriamente, e non l'ho riletto quindi perdonatemi eventuali errori di battitura
verranno trattati temi delicati, quindi se siete 'impressionabili' o se comunque non vi sentite a vostro agio a leggere di queste cose saltate

detto ciò, spero che il capitolo vi piaccia <3

***

Quando Jimin si risvegliò in quella che chiaramente non era la sua camera, si chiese come fosse finito lì.
Si trovava in una stanza luminosa, con soffitto, pareti e pavimento bianchi, dei letti simili al suo disposti in fila alla sua destra e alla sua sinistra e di fronte.
Doveva essere l'infermeria, anche se non ricordava come potesse esserci arrivato.

L'ultimo luogo che ricordava era il parco, lui seduto sotto al salice e che constatava che nel pomeriggio avrebbe piovuto.
Probabilmente si era addormentato, e qualcuno lo aveva portato lì.
Ma perché?

Si sollevò sui gomiti per guardarsi intorno e magari trovare qualche indizio sul motivo della sua permanenza in infermeria, ma tutto ciò che ottenne fu un forte giramento di testa, che lo costrinse a rimettersi steso sul materasso.
Gli faceva male un po' dappertutto, gli bruciavano gli occhi e sentiva freddo. Che avesse ancora la febbre?
Portò una mano a toccarsi la fronte, e constatò che, sì, era bollente.

Provò ancora una volta a sollevarsi, stavolta per mettersi seduto, e dovette lottare contro la sensazione che il mondo stesse vorticando tutto intorno a lui, riuscendo alla fine a poggiare la schiena indolenzita contro la testata del letto.
Fece per giocherellare con il braccialetto al suo posto, come d'abitudine quando non sapeva che fare, ma si ricordò di non averlo, e sbuffò contrariato.

Ispezionò la stanza con lo sguardo, constatando che non ci fosse nessuno, essendo vuoti i letti accanto a lui e alla scrivania dell'infermiera mancasse proprio quest'ultima.
E non c'era nemmeno nessuno di fianco a lui, magari la persona che lo aveva portato lui, e questo lo fece rimanere un po' male.

Ciò che non si aspettava minimamente, era vedere la porta aprirsi e comparire proprio Yoongi, con un caffè in una mano e il telefono nell'altra.
Non si era nemmeno reso conto che Jimin fosse sveglio e che lo stesse guardando sconcertato.
Che fosse stato lui a portarlo lì?

"Yoongi?" lo richiamò, rendendosi conto di quanto la sua voce fosse debole in quel momento, sperando che il maggiore lo avesse sentito nonostante il tono basso.
Evidentemente udì la sua voce, perché lo guardò a sua volta e il suo sguardo si illuminò
Mise velocemente in tasca il telefono, rischiando anche di farlo cadere, e si avvicinò all'argentato, sedendosi sulla sedia accanto al suo letto.
"Ehi, come ti senti?" domandò dolcemente, appoggiando il caffè sul comodino per poter prendere liberamente la mano del minore tra le sue.

Jimin fu stranito da quel gesto, ma la febbre lo aveva rimbambito a tal punto che non protestò.
Mentre continuava a guardare distrattamente la sua mano e quelle di Yoongi, rispose:" Mi gira la testa. Perché sono qui?"
"Questo pomeriggio erano tutti preoccupati perché eri corso fuori da scuola e non sapevano dove fossi, ti ho trovato tutto rannicchiato sotto un salice mentre pioveva. Scottavi, quindi ti ho portato qui" spiegò Yoongi, vedendo come Jimin avesse allargato di poco gli occhi nel rendersi conto che fosse stato proprio lui a 'salvarlo'.
Lo aveva trovato.

Continuò a guardare le mani del maggiore, non sapendo cosa dire, quando un piccolo particolare saltò ai suoi occhi.
Qualcosa di luccicante, che rifletteva la pallida luce in infermeria, era legato al polso di Yoongi, quasi completamente coperto dalla manica nera della sua felpa.
Con la mano libera prese l'oggetto, sperando che fosse ciò che pensava, per portarlo più alla luce, mentre il verde lo guardava curioso di vedere la sua reazione.

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