Nuova Vita, Nuova Scuola

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Quando la sveglia suonò, fu decisamente complicato capire dove diavolo stessi, cosa stessi facendo e, più semplicemente, chi io fossi.
Mi ci volle qualche secondo buono, mentre Demons degli Imagine Dragons continuava a suonare imperterrita dal mio telefonino, per realizzare qualcosa: naturalmente ero a letto, il mio nome era Michael, anche se per tutti ero sempre stato Mike, e, ancor più naturalmente, ero tremendamente in ritardo.
A confermarmelo, venne in aiuto la voce stridula di mia madre che gridava dalle scale - Mike! Mike! - sentivo che batteva i piedi per terra con fare stizzoso - Mmmm, ogni mattina la stessa storia! Sbrigati! Se non prendi il pulmino, non posso accompagnarti!!
La mia cara, brava mamma. Con un voce così acuta che avrebbe potuto spaccare i bicchieri nella credenza.
- Scendo! - urlai di rimando, con una voce altrettanto penetrante, sicuramente ripresa da lei. Papà aveva, invece, una di quelle voce basse e roboanti come temporali estivi. Con un solo colpo, sbattei il palmo della mano sul telefono, e scalciai via la coperta, pronto ad un'altra giornata di merda.
Mi lavai e mi vestii così in fretta che non ero sicuro dell'abbinamento dei vestiti, ma poco mi importava. Solitamente mettevo abiti scuri, che è saltavano ancora di più la mia pelle diafana e tendente al malaticcio, quindi andavo quasi sempre sul sicuro. Infilai calzini e scarpe (da ginnastica e rigorosamente nere) e mi precipitai in sala da pranzo, dove sospettavo non ci sarebbe stata nessuna colazione ad attendermi. Come da un mesetto a questa parte, del resto.
E infatti, avevo ragione.
- Scusa tesoro - mia madre apparve da dietro la scala, con un sacco di panni sporchi in mano, che quasi non riuscivo a vederle la testa. - Ho talmente tante cose da fare, sistemare le cose del trasloco, che non sono riuscita a prepararti la colazione, oggi.
- Non preoccuparti, mamma - le arruffai i capelli biondi e ricci, che ora tendevano lievemente al grigio qua e là - mangio qualcosa nel tragitto mentre vado a scuola.
In realtà non era vero. Non c'era un solo bar o una singola tavola calda in quella maledetta zona, in particolar modo nella via che avrei dovuto percorrere per andare al college. Era una bella zona di merda, questa Reversie. Nulla a che vedere con New Humpton, dove abitavo, purtroppo, fino a un paio di mesi fa.

Cambiare città e, conseguentemente, cambiare vita, per un uomo adulto, non è semplice. L'ho visto con mia madre, che di anni ne ha 51 e con mia sorella, che ne ha 25.
Figuriamoci se poteva essere facile per un ragazzino di quindici anni come me, dunque. Avevo appena cominciato ad andare al college, su a New Humpton, metropoli e capitale degli Shires; mi ero fatto degli amici, mi ero ambientato nella zona, avevo addirittura adocchiato alcune ragazze così carine... E poi, di colpo, più nulla.
Mamma fu trasferita per lavoro: si occupava della redazione di un'importante rivista di moda, e dal momento che la sede di gestione venne spostata proprio a Reversie... Beh, eccoci qui, nel posto più sperduto al mondo. Nel buco del culo del mondo. Sul serio.
Ambientarsi in questo nuovo college era stata un'impresa, ma a quanto pare parevo riuscirci abbastanza bene. D'altronde non sono mai stato un figo, nelle scuole precedenti, ma nemmeno troppo uno sfigato. Ero nel mezzo, in una zona di cui non importava a nessuno, a dire il vero.

Mentre correvo per non fare tardi (qui i professori erano molto meno accomodati della grande città e rischiavo una nota di demerito anche solo per un minuto di ritardo), mi incrociai con due ragazze che fscebano jogging. Non mi segnarono di uno sguardo, e mi superarono con una rapida falcata. Mi girai, e l'ultima cosa che notai, prima che svoltassero l'angolo, fu le curve tonde di due culi stretti nei leggins, che Oscillavano sensuali. Rimasi imbambolato e Sentii una scossa nel basso ventre. Sospiri, con un fremito.
Essere adolescenti, oltretutto, era una vera merda.
Mi sarei dovuto masturbare, una volta tornato a casa.

Finalmente giunsi a scuola: un edificio imponente, immerso nel verde, ma dall'aspetto decadente. Colr bianco sporco, con le imposte marroni, semi scrostate ed un'aura imperiosa, sembrava uno di quei vecchi caseggiati da film anni 60, uno di quelli dell'orrore. Nulla a che vedere con l'ipertecnologia che mi ero lasciato alle spalle. Qui ogni aula aveva ancora la cara e vecchia lavagna, invece dello schermo piatto Oled. Pazienza, ci avevo quasi fatto l'abitudine.
In compenso, i ragazzi che la frequentavano non erano molto dissimili. C'erano i bulli, i nerd, le fighe che se la tiravano, gli sfigati, le sfigate, quelli in fissa con la musica e un'altra massa di gente molto più anonima, tra cui io. Ammetto che mi avevano accolto piuttosto bene, anche perché ben pochi si erano accorti della mia presenza.
Non appena varcai il cancello d'ingresso, così grande che pareva di essere entrati nel Jurassic Park, mi venne incontro Todd, uno dei rari esempi di ragazzo all'apparenza sfigsto, e che lo era indiscutibilmente. Ma era troppo simpatico e mi ci ero trovato subito, sin dal primo giorno.
- Vecchio mio! - mi salutò. Mi trattava come se fossimo amici da chissà quanto, e non da un mesetto, e la cosa non mi dispiaceva affatto. - Oggi alla McMirrel girano i coglioni come pale eoliche. Sembra voglia interrogare a tappeto.
- Cazzo! - gli strinsi la mano e ci toccammo con le spalle, nella parodia di un saluto finto rapper - Yò, brò - scherzai. Ed aggiunsi - Cazzo, non ho studiato nulla di letteratura. Mamma ha lavorato fino a tardi e mi ha chiesto una mano...
- Quale sexy mamma arrapante chiede al suo stupido figlio di aiutarla a lavorare fino a notte fonda?
- La mia, a quanto pare. - Gli rifila un cazzotto sulla spalla - E non chiamarla sexy mamma arrapante.
- Ma lo è, ha un corpo da sballo che...
- Smettila.
- Con due gamb...
- Smettila! - stavolta il cazzotto fu più forte. Lui fece una faccia offesa, massaggiandosi la spalla dolorante e scoppiammo a ridere.
- No, sul serio, Mike - bisbigliò - Che facciamo?
La mia mente era vagamente distratta dalla quantità di ragazze che stavano uscendo dal portone principale per recarsi verso i campi dove si svolgevano le lezioni di ginnastica. Gambe, cosce, tette e quant'altro mi scorrevano davanti gli occhi, stuzzicando la tempesta ormonale che da qualche anno imperversava dentro di me. Come cazzo era possibile che fino a due anni prima quasi non le guardavo nemmeno, preferendo la guasconesca compagnia maschile, ed ora ne ero attratto come poche altre cose nella vita? Misteri. Misteri dell'adolescenza.
- Quindi?
-Quindi cosa? - replica, quasi piccato per aver interrotto le mie fantasie.
- Ci facciamo interrogare o saltiamo la lezione?
Feci finta di pensarci su. Sorrisi.
- Ovviamente saltiamo.

- Come dice un vecchio saggio - dissi - qual è il miglior posto per nascondere un albero?
Todd si grattò il mento, voltando la testa come un uccello, forse preoccupato dall'incontrare qualche professore. - Non saprei... Uhm, vediamo un po'... In una grotta? Facendolo a pezzi?
- Non sai neanche le basi, cretino. In una foresta.
- Ma se è pieno di alberi!
- Appunto. Andiamo dove gli studenti stanno facendo educazione fisica. Staremo all'aperto e fingeremo di essere studenti.
-Ma noi siamo studenti!
Alzai gli occhi al cielo, lo presi per la camicia e lo trascinai verso i campi.

Per arrivarci, dovemmo attraversare una grande area comune, scendere delle scale e costeggiare un viale dove, sulla destra sfilavano i vari campi sportivi (tra cui tennis, da calcio e da atletica), mentre sulla sinistra c'erano gli spogliatoi per studenti e professori.
Cammiamvamo quasi senza alcuna circospezione, quando ad un certo punto mi sentii afferrare e gettar edi lato al riparo di un muro di una bassa costruzione.
- Shhhhh! Nascondiamoci qui! Sta passando il professor Timot...
Non fece in tempo a finire la frase che il professore lo guardò - Todd? Todd, che ci fai qui fuori... Non hai lezione con la professoressa McMirrel?
Lo prese sottobraccio e se lo portò via, mentre Todd cercava di divncolarsi con le scuse più strampalate possibili.
Io, che mi ero tirato indietro e mi ero fatto piccolo piccolo, riuscì a svincolare.
Mentre tiravo un sospiro di sollievo, udii un chiacchiericcio di ragazze. Alzai la testa: ero vicino ad una finestra leggermente aperta. Mi feci un poco più avanti per la curiosità e per poco non annaspai. Vidi due ragazze, una con delle mutandine di pizzo nero, trasparenti, che lasciavano vedere generose porzioni di un bel sedere abbronzato. L'altra, invece, aveva ancora i pantaloncini da allenamento, ma era senza maglia. Con ancora il reggiseno addosso, stavo guardando il paio di tette più grande che avessi visto dal vivo.

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