Marionetta

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Le settimane che seguirono furono abbastanza movimentate. Insieme all'aiuto di Sarah infatti, riuscii ad aiutare Sam, un altro abitante del mio condominio, il quale fin da piccolo soffriva della belonefobia: si tratta di una particolare fobia legata alla paura di coltelli, aghi, spilli o lame. Nel sogno infatti, o meglio incubo, Sam era costretto a correre su un terreno fatto interamente di aghi per cercare di evitare dei coltelli che gli venivano lanciati da ogni direzione. Fortunatamente Sarah era li per supportarmi e grazie al suo "tramite" era riuscita a comunicare con me anche all'interno del sogno, dandomi delle giuste indicazioni su cosa fare e del sostegno morale. Il giorno dopo, senza alcuna sorpresa, Sam stava molto meglio. Ormai mi ero convinto che insieme avremmo potuto aiutare chiunque, potendo contare l'uno sull'altra. Passato questo periodo, giunse l'inverno nella città di New York. Decidemmo di andare insieme alla più che famosa pista di pattinaggio nei pressi di "Central Park", ma purtroppo solo quando iniziarono le vacanze natalizie. Precedentemente infatti Sarah era stata abbastanza occupata, in quanto aveva trovato un nuovo lavoro come  pasticcera alla "Molly's Cupcakes", tra la 6th Avenue e la Camine Street, mentre io avevo trovato impiego come psicologo d'ufficio "in prova" in un'azienda chiamata Caterpillar Inc., conosciuta internazionalmente anche con l'abbreviazione CAT. Questa azienda progetta, costruisce, commercializza e vende macchinari edili, motori a combustione interna, servizi finanziari e assicurazioni ai clienti attraverso una rete di vendita globale. Non mi interessai mai in realtà delle loro attività, in quanto non rientravano nelle mie competenze. Passammo il Natale con le nostre rispettive famiglie, mangiando e festeggiando per una settimana intera, senza preoccupazioni. Purtroppo però qualcosa di scoinvolgente stava per ribaltare tutte le carte in tavola... Tornati finalmente operativi, decidemmo che il sabato sarebbe stato il giorno in cui ci saremmo riuniti per questa specie di "club del libro". Quel sabato però, non fu come gli altri e lo avremmo scoperto molto presto... Come sempre entrammo insieme nella Stanza di piume, scelsi una porta e mi fiondai nel sogno. Quella sera scelsi di entrare nel sogno di Juliet,una ricca donna imprenditrice e single, la quale a prima vista sembrava immune ad ogni tipo di paura. Entrai. Il sogno si mostrò subito chiaro a prima vista: una schiera di impiegati lavorava ai rispettivi computer, senza emettere neanche il minimo suono, se non quello delle dita sulla tastiera. Girai per questo ipotetico ufficio in cerca di informazioni, finchè non vidi in lontananza una porta. Non era come tutte le altre, per questo balzò subito alla mia attenzione. La porta in questione infatti era adornata di un ricamo dorato, con decorazioni erboree lungo il rivestimento ligneo, le quali messe insieme formavano la frase: "Juliet, la nostra regina". Entrai e mi fu chiaro che non ero di fronte alla riproduzione di una paura o una fobia, bensì a quella di un vizio: la superbia. Juliet infatti era seduta su un trono, con le gambe accavallate e uno scettro in mano. Indossava un tabarro nero, un antico mantello, con un unico punto di allacciatura sotto al mento, che le copriva solo una spalla. Appena mi avvicinai mi disse: <Perchè non sei a lavoro come gli altri? Ricordati che io sono migliore di te e per questo devi sottostare alle mie regole>. In quel momento mi chiesi se i suoi sogni fossero solo un'amplificazione di quello che provava veramente oppure sotto sotto nascondesse nell'animo una natura dittatoriale. <Mi scusi, torno subito a lavoro> le dissi, stando al suo gioco. Non volevo crearmi problemi appena arrivato, perciò decisi che avrei esplorato un altro po' quella zona prima di fare qualcosa. Improvvisamente però qualcun altro entrò dalla porta. Un uomo, alto e massiccio, ma con una maschera che gli copriva il volto, si stava dirigendo verso Juliet. Lei disse quasi sconcertata: <Chi sei? Come osi avvicinarti?>. Capii che neanche lei conosceva quell'individuo, perciò mi diressi a mia volta verso la "regina", ma purtroppo la mia reazione fu troppo lenta. L'uomo infatti mise una mano sul capo di Juliet e in una frazione di secondo la trasformò in una marionetta con dei fili. Ero sconcertato. Faceva parte del sogno? Ma se così fosse, a cosa faceva riferimento? Non feci in tempo a riflettere che l'uomo si girò verso di me dicendomi: <Non merita di essere felice>, per poi scappare il più veloce possibile. Io non sapevo cosa fare. Di fronte a me Juliet era ormai un burattino su un trono e nient'altro. Non provava nulla, non dava segni di vita, era immobile. Preso dal panico decisi che per il momento sarei uscito da quel sogno e avrei chiesto informazioni a Morfeo. Uscito dalla porta Sarah mi aspettava, anch'essa in ansia in quanto non le avevo fornito nessuna informazione o alcun dettaglio da quando ero entrato nel sogno. Notò che il colore della mia pelle era diventato di un bianco pallido, quasi smorto, e che la mia fronte grondava di sudore. Mi chiese se stessi bene, accennai un veloce si e mi diressi da Morfeo. Avevo bisogno di sapere. Gli dissi: <Chi era quello? O meglio cos'era?>. Morfeo sogghignò per un attimo e poi mi disse: <Caro John, credevi veramente di essere l'unico in grado di entrare all'interno dei sogni delle persone?>. Lo guardai  sbalordito. Mi girai e notai che Sarah aveva la mia stessa espressione di stupore ed incredulità. Morfeo rise ancora più forte e continuò: <Bhe, quello che hai visto era uno dei tanti in grado di entrare nel mondo onirico degli altri. In particolare quell'uomo si fa chiamare Sadoc e quello che hai potuto osservare con i tuoi occhi è un suo modo tutto personale di rappresentare i "sensi di colpa" delle persone. Quando vi furono assegnati questi poteri, a nessuno fu imposto di fare del bene, ma bensì di trovare la propria strada. Quello di Sadoc a quanto pare è un percorso da "giustiziere"> concluse sogghignando. Non volevo credere a quello che avevo appena sentito. Non solo non ero l'unico ad avere questi poteri ma persino alcuni li utilizzavano per scopi personali o malevoli. In quel momento ero completamente scioccato, ma mi venne in mente un dubbio ancora peggiore. In quale condizioni si trovava Juliet? Dovevo scoprirlo. Uscii insieme a Sarah dalla Velvet Room e, nonostante fosse sera tardi, decidemmo di bussare alla porta della nostra condòmina in cerca di risposte...

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