Mi trovavo sul balcone della mia stanza e guardavo un gruppo di soldati di Orfeo arrivare con dei semidei catturati. Quei ragazzi continuavano a dimenarsi e ad urlare. Non riuscivano a capire che, portandoli da Orfeo, stavamo facendo loro un favore: avrebbero avuto la possibilità di ribellarsi ai genitori divini e conquistare l'Olimpo. Che sciocchi.
Istintivamente presi il ciondolo della collana che Adrian mi aveva dato lo stesso giorno in cui era morto. Da quando avevo perso il bambino, avevo un dubbio nella testa: perché avevo perso sangue e non icore?
Se ero immortale grazie a quella collana, com'era possibile? Che l'immortalità di Adrian non fosse più al suo interno?
Il rumore del portone di legno che veniva sbattuto mi fece tornare alla realtà. Sospirai e rientrai nella mia stanza.
Mi sedetti alla toeletta e mi guardai allo specchio: sembravo una che non dormiva da anni. Beh, in effetti da quando ero in quel castello dormivo a malapena, ma non riuscivo a capire perché.
Così pensai all'ultima volta che avevo dormito senza incubi o senza svegliarmi nel cuore della notte e mi alzai dalla sedia, per poi dirigermi verso la porta con passo deciso.Nel corridoio non c'era nessuno, perciò non venni disturbata mentre aprivo la porta della stanza dove Orfeo mi aveva permesso di mettere il corpo di Adrian e me la richiudevo alle mie spalle. Mi avvicinai al letto, tolsi le scarpe con un calcio e mi sdraiai sul materasso girata verso il corpo del figlio di Zeus.
Lo so, era folle, ma avevo la sensazione che Adrian non mi avesse mai lasciata per davvero. Lo sentivo vicino a me, come una presenza che avverti ma che non vedi.
Stando in quella stanza, la sensazione di averlo ancora con me si faceva più forte. Non solo perché c'era il suo corpo. Questo era uno dei motivi per cui, quando potevo, andavo lì e stavo sul materasso per ore, parlando ad Adrian.
-Ciao. -dissi intrecciando le dita con le sue. -Oggi sono un po' stanca, sai? Forse è il materasso del mio letto, ma non riesco a dormire bene da quando sono qui.
Mi avvicinai di più ad Adrian e appoggiai la testa sulla sua spalla, inspirando il profumo di vaniglia che non lo aveva mai lasciato.
-Ti dispiace se sto qui con te per un po'? -chiesi, poi sbadigliai. -Questo letto è così comodo... forse perché ci sei tu.
Mi sembrò di sentire la sua voce vanesia: "Ovvio, è tutto merito mio, Sbuffo di Nuvola."
Sorrisi al solo pensiero del soprannome che mi aveva affibbiato. Avevo una voglia incredibile di sentirlo pronunciare di nuovo dalla sua voce...
A quel punto chiusi gli occhi: -Quasi quasi dormo un po', ok? Ma solo per... -ma non feci in tempo a finire la frase che scivolai nelle braccia di Morfeo.Nel sogno mi trovavo al Campo Mezzosangue, seduta sul prato con la schiena appoggiata ad un albero al confine tra la foresta e i campi di fragole. Tenevo un quaderno sulle gambe e stavo scrivendo qualcosa, godendomi la tranquillità di quel piccolo angolo di paradiso senza gli Stoll che facevano scherzi, senza il clangore delle spade che c'era nell'arena, senza Austin che suonava o senza Will che rimproverava Nico perché stava sempre nell'ombra.
E poi qualcuno mi chiuse gli occhi da dietro con le mani. Riconobbi subito il tocco delicato e il profumo di vaniglia.
-Adrian? -chiesi, sicura di aver indovinato.
-Uffa, Sbuffo di Nuvola. Non c'è gusto a fare questo gioco con te. -protestò lui togliendo le mani dai miei occhi. Chiusi il quaderno e lo misi a terra, poi mi voltai e mi ritrovai a baciare Adrian sulle labbra. Fu così improvviso che persi l'equilibrio e ci ritrovammo sdraiati nell'erba, senza però smettere di baciarci.
-Mi sei mancato. -dissi quando si scostò.
-Scusami. Non credevo che sarei stato via così tanto. -rispose mettendosi sdraiato su un fianco. -Mi sei mancata anche tu.
Lo baciai di nuovo e la scena cambiò.
Ero ancora seduta in un prato, ma su una coperta a quadretti e con un cesto di vimini accanto. Stavo sistemando gli avanzi di un picnic al suo interno, quando sentii la risata di un bambino. Alzai lo sguardo e vidi Adrian poco lontano. Era sdraiato nell'erba e guardava una bambina di circa un anno seduta accanto a lui. La piccola aveva i capelli castani decorati con una fascia, indossava una vestina azzurro pastello e delle scarpette nere.
Adrian le aveva incastrato una margherita dietro l'orecchio e a quanto pare quel gesto le aveva fatto il solletico. Era davvero una bimba bellissima.
Il figlio di Zeus mi guardò, poi si rivolse alla bambina: -Abigayle, ne mettiamo uno anche alla mamma? -le propose. La piccola annuì.
Adrian mi sorrise: -Visto, Sbuffo di Nuvola? Non puoi sfuggire al volere di tua figlia.
Risi, poi mi alzai e mi avvicinai a loro. Abigayle mi fece segno di sedermi accanto a lei, le ubbidii e così mi porse un fiore rosa.
-È bellissimo, Nuvoletta. -le dissi. La bambina mi sorrise, timida. Mi misi il fiore dietro l'orecchio e le diedi un bacio sulla guancia, facendola ridere.
Poi Abigayle prese un altro fiore e si mise ad osservarlo con un'espressione curiosa negli occhi blu. Spostai lo sguardo su Adrian, che guardava la bambina con un sorriso.
-Quando fa così è identica a te. -commentò.
Gli sorrisi, poi mi chinai per baciarlo sulle labbra, mentre Abigayle si metteva le manine sugli occhi.A quel punto mi svegliai. Ero ancora nella stessa posizione in cui mi ero addormentata, con una mano che stringeva quella di Adrian. Mi accorsi che il ciondolo della mia collana era appoggiato nell'incavo tra il collo e la spalla del ragazzo, ma la cosa strana era un'altra: la sua mano era calda, come se fosse stato vivo. Ma com'era possibile?
-Cosa... -mi misi seduta e guardai il corpo per vedere se fosse cambiato qualcosa. Nulla, era sempre uguale.
Appoggiai una mano sulla fronte e sulla guancia di Adrian: era tiepido.
-Adrian? -tentai. -Sei... sei con me?
Aspettai un movimento, un segnale anche piccolo che mi facesse capire che il figlio di Zeus fosse vivo.
"Forse stai ancora sognando" mi dissi, "Non può essere vero".
Eppure la pelle era calda senza che io la toccassi.
-Ehm... Adam? -chiamai a voce alta. Visto che non ottenni risposta, mi alzai e, senza mettere le scarpe, andai alla porta. Aprii e uscii quel poco che serviva per chiamare mio fratello, che uscì dalla propria stanza e mi venne incontro.
-Che succede? -mi chiese. -Tutto bene?
Dovevo sembrare una che ha visto un fantasma, ma annuii: -Vieni un attimo.
Rientrai nella stanza e mi avvicinai al letto, seguita da Adam.
-Toccagli la pelle. -dissi. Il figlio di Apollo mi guardò, dubbioso, ma prese una mano di Adrian.
-È calda! -esclamò. -Ma com'è possibile?
-Speravo che me lo dicessi tu. -risposi. Adam arricciò il naso: -Hai notato se c'era qualcosa di diverso rispetto agli altri giorni?
-No. Mi sono addormentata sul materasso e quando mi sono svegliata il corpo era caldo. -raccontai. Poi mi tornò in mente la mia collana che gli era scivolata sulla clavicola. Che fosse stata quella?
-È la prima volta che succede?
-Sì.
-E non è accaduto nulla che possa essere collegato a questo? Magari tu hai fatto qualcosa di diverso...
-Io...
-Pensa, Ally. Qualsiasi dettaglio può essere importante.
-Beh, non è successo chissà cosa, ma quando mi sono svegliata il ciondolo della mia collana era scivolato sulla sua spalla. -presi il ciondolo e lo alzai per mostrarglielo.
Adam mi si avvicinò e lo prese tra le mani. Poi sospirò e lanciò un'occhiata al corpo di Adrian.
-Qui c'è la sua immortalità, giusto? -mi domandò.
-Esatto. Ma cosa... -poi capii ciò che intendeva. -Potrebbe essere collegato?
In effetti non era una teoria così stupida.
-Potrebbe, ma non sono sicuro. -lasciò andare la mia collana e si avvicinò di nuovo ad Adrian. Gli toccò la mano e rimase in silenzio.
-Che succede? -gli chiesi.
-Sta tornando freddo. -rispose. Mi guardò: -Se dovesse succedere ancora, dimmelo, ok?
Annuii, poi lui mi salutò ed uscì.*angolo meh*
È un po' strano questo capitolo, però mi piaceva come idea, perciò...
STAI LEGGENDO
Don't Forget Me
Fanfiction|| DAUGHTER OF THE SUN: LIBRO III || "[...] -Se dovesse succedere mi prometti una cosa? -le chiesi. -Cosa? Mi sistemai in modo di guardarla in viso: -Non dimenticarti di tutto questo, della nostra piccola impresa, di noi due. Di quello che stiamo c...