so we can start it all over again.

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«Over again.»

Il buio della stanza circondava un corpo abbandonato su una sedia, mentre tutto il resto sembrava vuoto sia fuori che dentro di lui. La fioca luce sopra di lui non riusciva a trovare la forza giusta per illuminare abbastanza, e tutto il resto, ad Harry, sembrava che si stesse spegnendo troppo velocemente. O forse era lui che non trovava più le forze per riprendere a brillare?

Tutto il mondo avrebbe potuto sentire quei singhiozzi, vedere quelle lacrime che bruciavano, che bruciavano come il suo cuore in quel momento; notare quel tremolio alle labbra, quegli occhi rossi contornati da un leggero colorito violaceo. Ma nessuno si accorgeva che attraverso tutto questo, chiedeva aiuto. E quel pensiero sempre fisso al suo amore, all’amore della sua vita. Quella persona che alla sola immaginazione gli fa provocare la tachicardia. Quella persona che lo ha viziato, lo ha coccolato, lo ha cresciuto senza sapere che lo stava facendo innamorare ogni giorno di più. Chi era cambiato del tutto? Chi era che aveva cambiato tutto?

Raccolse tutta l’aria possibile nei suoi polmoni e la buttò via con un lungo sospiro, mentre dai suoi occhi sgorgavano ancora le lacrime che contenevano tutto il suo dolore. Pianse ancora un poco, finchè non alzò il capo ed ebbe un fremito quando degli occhi luminosi, impossibili da non riconoscere, lo stavano fissando sconcertati nel buio. La sagoma spaventata di Louis era immobile davanti al ragazzo che piangeva forte.

«Harry? Cos’hai? Perché piangi?» – non si mosse dalla sua posizione, le braccia lungo il corpo, i pugni chiusi leggermente, il cuore che gli batteva per l’agitazione di trovare un modo per aiutarlo anche solo con la sua voce, la sua dolce voce angelica.

«Louis, mi hai fatto spaventare. Sei sbucato così, potevi avvisarmi.» – si portò velocemente i palmi delle mani sul viso e si asciugò leggermente gli occhi e le guancie con le maniche del maglione ma questo non bastava per far scomparire tutte quelle traccie di pianto dal viso.

«Ho ancora le chiavi. Ma Harry, rispondimi, perché piangi?» – fece un passo avanti, visibilmente preoccupato, entrando nella penombra. Stringeva i denti ed era trattenuto dal forte istinto di andare ad abbracciarlo. Ma non si può curare tutto con un abbraccio. Servono le parole, per capire, per aiutare.

«Non stavo piangendo. Tu lo sai, io non piango mai.» – si alzò agitato dalla sedia, provando a fare un sorriso ma era così nervoso che Louis si preoccupò quando non vide le fossette. Brutto segno.

«Non mentire. È che non piangi mai davanti a me. Lo so che stavi piangendo, sono qui da più di dieci minuti. Ma non riesco a capire il perché. Ti ho fatto qualcosa?» – provò infine ad avvicinarsi, tendendo le mani verso il viso del riccio. – «Mio Dio, i tuoi occhi sembrano esausti di tutto questo.»

Rimase muto per qualche istante e poi, puntando lo sguardo lontano da Louis, rispose:

«La sai una cosa? Anche io sono stanco.»

Ci fu un altro attimo di silenzio, l’attimo in cui il labbro di Harry iniziò a tremare di nuovo mentre gli occhi non riuscirono a contenere tutte le emozioni a bada. Louis lo abbracciò.

«Cosa succede, diamine?! Chi ti ha fatto del male?»

«Mi sembra strano che tu non riesca ancora a capirlo. Non riesci proprio a capire cosa succede, eh?»- la voce iniziò a diventare rauca e le lacrime iniziarono a scendere veloci come una cascata, una cascata lunga e impossibile da fermare.

«Io sono qui con te, ora. Non aver paura.» – sussurrò, stringendolo ancora più forte.

Il piccolo emise un grande sospiro, poi guardò il viso preoccupato dell’altro.

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