Ora e per sempre

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Vi consiglio l'ascolto di questa canzone.
Non è necessaria alla storia in sé.
Ma la definisco uno dei migliori brani, più sentiti, di Achille Lauro.
È datata 2012, seconda di una trilogia.
Lauro aveva 22 anni. L'età adatta per immaginarlo in questa storia.

Buona lettura


Dedicata a Alex, che da
dicembre a marzo, fino
ad ora si è fatto più
freddo e distante.

Dedicata a Lauro,
perché gliela devo.


Vi eravate conosciuti in estate. Con il caldo lasciato fuori, l'afa che mangiava le strade, le serate in tempesta e l'acqua che non bastava mai.

Il calore aveva accecato i tuoi occhi, così ti giustificavi, non potevi avere scelto di condividere la tua vita con una persona del genere da lucida.
Il non saper tenere in piedi le tue motivazioni di una tale scelta rischiosa ti faceva pentire amaramente ogni qualvolta lui, nervoso, si accaniva senza motivo su di te.

Era conosciuto da tutti. Allontanato da chiunque.

Quanto era difficile descrivere una persona come lui senza farla passare come un criminale. Più lo guardavi, più te ne rendevi conto. Ti eri andata a incasinare la vita, ma non lo volevi ammettere, eri convinta di saperne uscire, di portarvi fuori dal casino che era quel posto, quella vita, quel quartiere.

Ma non ne eri in grado.

E lui non faceva nulla per aiutarti, a lui non fregava nulla di andarsene da quelle mura, lui era uno sconfitto, tu una sognatrice. Ma il suo mondo ti stava inglobando, ti mordeva e uccideva dall'interno, ti abbatteva la libertà di quei tuoi pensieri così lontani.

Sognavi Roma, quella bella però, sognavi Milano, sognavi il mare, la Sicilia e la Sardegna. Sognavi di poter scappare dall'Italia, di vedere Londra, Amsterdam, Madrid e Mosca. Di prendere la tua prima nave o il tuo primo aereo e andare in America, di provare sulla tua pelle il Jet Lag, di passare notti negli hotel, svegliarti sempre in un posto diverso.

Sognavi la libertà.

Ma lui non te la permetteva.

Lui non l'aveva mai sognata, non ambiva a nulla, era vuoto, morto dentro, mangiato vivo dal dolore e dalla droga - che alla fine era la cosa meno dolorosa da sopportare -, con gli occhi scavati, le occhiaie di un'ennesima notte insonne, le iridi spente e nessun sorriso.

Non sorrideva mai.

E tu speravi un giorno lo facesse, te ne riservasse uno, anche solo accennato. Non te lo aveva riservato in cinque anni, come pensavi potesse cambiare?

Cosa ti avesse conquistato di lui neanche te lo sapevi. Non c'era nulla di così bello in lui. Aveva il viso triste, gli occhi che pendevano verso il basso, che parevano sottolineare ulteriormente il suo essere così desolato e solo.
Le labbra erano martoriate, con una forma strana, screpolate, ruvide e per niente accoglienti persino ai baci, che erano diventati sempre meno, sempre più vuoti, non che avessero mai trasmesso anche solo per sbaglio un minimo d'amore.

Aveva un incisivo spaccato a causa di una caduta accidentale dalla moto, e quando ti mordeva il collo lo sentivi, specie se era nervoso e affondava maggiormente i denti per prendere quanta più carne possibile tra le sue labbra. Faceva male. Non provavi la dolcezza o il piacere di cui parlavano le tue amiche dai fidanzati "normali".

Te quei momenti di "normalità" non li avevi mai vissuti.

Poi il suo viso era decorato da cicatrici ottenute, come fossero trofei, in modi diversi: dalle risse, agli incidenti, toccando persino lo sport che faceva, il Muay Thai, che tanto temevi e che gli aveva causato non pochi problemi, andando ad alimentare ulteriormente la sua rabbia e il suo nervoso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 26, 2019 ⏰

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