la cosa che più lo fa incazzare, è il dover mettere quei disgustosi occhiali sempre sporchi a prima mattina, quando tutto ciò che vorrebbe fare è rotolarsi tra i sogni melmosi ancora un po'.
striscia con le sue gambe di pan di spagna, apre la finestra e inspira il dolce smog misto alla putrida sensazione di star rivivendo la medesima giornata per la terza o quarantesima volta, ormai. tanto cosa cambia. gli occhiali son sempre sporchi.
li posa sul suo naso piccolo e arricciato, che pare ritrarsi non appena incontra l'unta plastica della montatura.
un giorno vorrebbe proprio lavarli, quegli occhiali tutti storti e ridicolosamente rotondi. ma ogni volta finisce sempre per scordarsene.
che poi è vero che te ne scordi, namjoon?
o è tutta una piccola bugia ridacchiante?
namjoon sa bene che quegli occhiali, lui, non li pulirà mai.
e il perché lo sa bene.
namjoon si appresta a sedersi su un banco, totalmente non a caso tra tutti quelli vuoti nel corso.
"anche stamattina la faccia te la lavi domani."
nasconde disperatamente le braccia tempestate da una costellazione di adorabili pori, e così fa col viso.
oh, namjoon, che ti prende?
"sta' zitto, non ho sentito la sveglia."
yoongi lo guarda solo per un secondo, prima di ritornare a mordicchiare distrattamente i suoi anelli.
yoongi sa dell'effetto che fa al suo compagno di corso, sa che l'altro lo faccia apposta a lasciare in sospeso tutti quei piccoli accorgimenti che un corpo come il suo non dovrebbe presentare.
così come sa che rimproverarlo lo fa letteralmente impazzire.
ma perché, namjoon? eh? sei così disperato da far di tutto pur di attirare l'attenzione del sottoscritto? forse non sai di quanto io vorrei intrattenere con te una conversazione normale?
che ne dici? magari dopo le lezioni ce ne andiamo al caffè di fronte e te l'offro io quell'americano che tanto non hai tempo di prendere al mattino.
e forse correremo tra i palazzi sotto la pioggia settembrile.
oh, lo spero così tanto.
così te le lavi, quelle lenti disgustose.
yoongi non è mai stato un tipo dalle mille certezze.
non ha mai preferito il dolce al salato o il vento alla pioggia, semplicemente perché non spetta a lui decidere.
yoongi non ha mai dato per scontato qualcosa, neanche la sua stessa esistenza.
ma di una cosa yoongi è certo.
namjoon è un miserabile.
un totale imbecille, la cui stupida vita è andata sprecata per uno come lui (poverina, spera sempre che tutto finisca presto).
yoongi vorrebbe ridere in un secchio di lacrime, quando vede namjoon uscire dall'aula e camminare goffo tra la gente.
in punta di piedi, la bocca spalancata, gli occhi che guizzano un po' troppo qua e poco là, i capelli mai dove devono stare.
folle imbranato, noioso cervellone noioso.
"eh, no, che non lo seguo." pensa, quando abbassa gli occhi e trova il suo stupido cellulare Motorola per terra.
stupido, stupido di un namjoon.
persino il tuo nome, il tuo telefono, sono stupidi.
che cazzo dovrei fare io, ora?
non sono mica tua madre.
yoongi non ha mai corso, e proprio perché nella sua vita non ha mai dato niente per scontato, si mette a correre come fosse la prima volta che un essere umano abbia fatto quest'azione.
e forse per lui è proprio così.
la calca di gente è asfissiante, ma l'odore di camomilla scadente riesce a guidare yoongi fino al secondo piano.
"oh, t'è caduto questo."
namjoon non lo sente. si sta fissando allo specchio come un coglione.
quando lo spilungone si accorge di lui, sobbalza manco fosse un bambino.
con due parole appiccicate tra loro e un ridicolo inchino, se la da a gambe lasciando yoongi con dell'appiccicume sui palmi, dove prima c'era il suo pesante cellulare.
cos'è?
se lo chiede mentre torna a casa, mentre guarda il telegiornale in mutande e sghignazza sopra gli abiti delle giornaliste.
ma quand'è che va in pensione, quella?
oh, finalmente lo hanno sbattuto dentro.
quanti morti? ho sentito bene? beh, meno merda sulla faccia della terra.
avrebbero sicuramente finito per fare i terroristi o che so io.
quando il sole si tuffa tra i palazzi, là dove a poco a poco si spegne, yoongi attende.
forse di scomparire anche lui. forse di lasciarsi prendere dall'argento che fluttua leggiadro nella sua stanza cupa. oh, namjoon, scollati, per l'amor del cielo. fallo per me, sì?
quel tipetto si mette a dondolare sulle altalene della mente di yoongi e scende solo per dargli il bacio della buonanotte, quando ormai il ragazzo si sente piccolo. piccolo e sparso in mille e più pezzi.
pezzi? che dico, macigni. macigni verde menta che galleggiano tra le acque putride dei suoi pensieri. namjoon, con una mano toglili da quelle onde scure e posali sul tuo cuscino.
non sono disperato. sto forse chiedendo il tuo aiuto? ti sto forse dando l'importanza che ho sempre creduto non meritassi? se è così ignorami, allora.
sto solo fumando su 'sto balcone e no, no, non sto dicendo di volerti vedere qua sotto a guardarmi, di volerti vedere. di volerti e basta.
solo, non mi sopporto più.
la mattina dopo, namjoon si è lavato le lenti. e la faccia. perchè lo ha fatto? non ha bisogno più di quelle patetiche attenzioni?
gli occhietti lucidi di yoongi rimangono inconsapevolmente spalancati per tutta la durata delle lezioni.
namjoon allunga il collo, il cuore che batte.
"che diavolo è?"
apre il biglietto con mani tremanti. e unte. la bocca storta in un ridicolo tentativo di nascondere un sorriso eccessivamente grande.
mezz'ora dopo sono entrambi seduti ad un tavolo messo all'angolo del bar dell'università. entrambi che si guardano intorno, con la scusa del "eh, c'è sempre tanta gente qui" che li porta però a guardare sè stessi negli occhi degli altri.
yoongi guarda il riflesso di namjoon nella vetrina di fianco a sè. namjoon stessa cosa. se ne accorgono.
cristo, che coglione che sono, pensano all'unisono.
namjoon posa gli occhiali sul legno, bevendo avidamente quell'americano tanto atteso. yoongi li prende, se li mette, sorride e poi fa il broncio perchè namjoon ride.
"li vuoi? te li regalo."
"ma che dici?"
e magari anche il cuore ti do.
ma questo lo dice solo dentro alla tazza grande grande che gli copre la faccia e gli appanna i pensieri.