Capitolo 35

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Ormai da una settimana, le parole di Dylan mi rimbombano nel cervello come un eco lontano, ma allo stesso tempo così vicino da infliggermi dolore. Tanto, troppo dolore.

Non si può avere sempre ciò che si vuole.

Già, ne sono consapevole. Anche fin troppo.
Non ho mai desiderato una vita del genere, eppure eccomi qua: pelle e ossa, tagli sui polsi, maniaco psicopatico alle calcagna che mi provoca attacchi di panico e incubi, ogni tanto, e, come se non bastasse, il mio cuore va a buttarsi a capofitto dentro un altro casino, l'ennesimo della mia vita.

Un casino di nome Dylan Anderson.

Ormai non posso negarlo: mi ha fatto scoprire una parte nascosta di sé, l'ho visto ridere, mi sono persa in quegli occhi grigio-azzurri , sono rimasta dipendente dalle sue labbra morbide. Sono legata a lui come una calamita, e non solo fisicamente.

Ho conosciuto il Dylan anaffettivo e inespressivo, ho conosciuto il Dylan che, di buon umore, mi provoca con battutine maliziose; ma ciò che mi ha fatto illudere è stato conoscere il Dylan dolce e preoccupato, quello a cui importava qualcosa di me, quello che diceva di volermi proteggere ad ogni costo, quello che mi abbracciava e mi lasciava baci qua e là.

Questo è il vero Dylan, quello che pochissime persone conoscono. Il Dylan che fa battere il mio cuore all'impazzata.

In questo momento potrei sembrare una pazza: seduta su una panchina malandata, nel marciapiede dall'altro lato della strada di fronte casa, con le ginocchia al petto e le braccia che circondano le gambe in un abbraccio che non potrà mai darmi conforto, tra le lacrime. Sto singhiozzando disperata da mezz'ora, dopo che ho passato una settimana di digiuno, con i ragazzi a guardarmi preoccupati e cercare di instaurare un discorso con una me spenta e silenziosa, che non faceva altro che vagare per casa come un fottuto fantasma, avvolta dalla sua felpa.
Sembro Mirtilla Malcontenta.

Nessuno dei ragazzi mi è ancora venuto a cercare, li ho lasciati tutti sul divano, mentre ridevano tra loro.
Ho superato il salotto a passo felpato e loro hanno smesso di ridere, guardandomi preoccupati, poi ho sbattuto la porta di casa e sono uscita.

Tra i singhiozzi, un'altra sua frase si insinua nella mia mente.

Vai a sognare da un'altra parte.

Odio il modo in cui mi fa sentire, così totalmente dipendente da lui e da ciò che dice. Odio il suo modo di fissarmi e guardarmi dritto nell'anima; odio quando mi fa arrossire, odio quando si pavoneggia, quando ride, quando è imbronciato o arrabbiato, si, soprattutto quando è arrabbiato e perde il controllo.
Lo odio. Lo odio per quello che mi fa e per quello che mi ha detto e che mi dice continuamente, facendomi soffrire.
Lo odio quando se ne esce con frasi carine che mi fanno perdere i battiti. Lo odio.
Ma più di tutti, odio il modo in cui riesce a confondermi il cervello, perché queste sono solo cazzate e io non lo odio affatto.
Odio anche me stessa, perché nonostante tutto io non riesco ad odiarlo.

Hai guardato troppe volte quel film, sai?
Ah, shh.

Mi ha detto che diventa matto se immagina me tra le braccia di qualcun altro.
È geloso? Possessivo?

Beh, qualsiasi cosa sia, ormai nessuno può farci niente. Mi ha trattata come un oggetto di sua proprietà: prima lo usa e poi lo butta via. Il problema è che la sua mente malata non vede che mi ha buttata via per paura.

Ha seriamente paura che tenendomi con sé io possa finire con qualcun altro? O, forse, che mi facciano del male?

Io invece credo che siano tutte balle. Ha solo cercato un modo per scaricarmi prima che la situazione diventasse irrecuperabile, prima che potesse trovarsi di fronte una ragazzina in lacrime troppo innamorata del bad boy Dylan Anderson, il ragazzo bello e dannato conosciuto in tutto il Bronx, temuto perfino ad Harlem per le corse clandestine e gli affari loschi; colui che sbatte fuori ogni singola ragazza dopo una scopata, senza poi ricordarsi il suo nome o la sua faccia, consapevole del fatto che, tanto, non la rivedrà mai più e non gli importa un accidenti se soffre o meno.

𝐋𝐈𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐄. (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora