Non sapevo cosa dire. Zeus avrebbe potuto fulminarci, Eos... beh, non so, ma Adrian andava spesso in panico quando sforava il cosiddetto "coprifuoco di mamma" anche solo di un minuto.
-Ehm... -balbettò Isabelle cercando il mio aiuto con gli occhi.
-Non parliamone qui. Andiamo in un luogo più silenzioso. -Dissi così anche se, dopo l'arrivo di Zeus ed Eos, un silenzio inquietante era calato sui semidei, perciò avremmo anche potuto stare lì e nessuno ci avrebbe disturbato.
Il dio del cielo annuì: -Fateci strada. -ordinò.
Feci sì con la testa, poi m'incamminai verso Nuova Roma.
Camminavo davanti agli dei, con Isabelle al mio fianco.
-Ocy, siamo finiti. -mi disse mia cugina in modo tale che sentissi solo io. -Lo sai com'è Zeus nei confronti di Adrian... se viene a sapere cos'è successo...
-Credi che non lo sappia? -le domandai, nervoso. -La cosa migliore però è dire la verità. Non possiamo tenere nascosta una cosa del genere ai suoi genitori. E poi avevamo promesso di informarli non appena avremmo avuto notizie. Ricordi?
Isabelle sospirò e annuì.
Terminus ci lasciò passare, probabilmente perché Zeus ed Eos erano con noi, così arrivammo ai giardini di Bacco alquanto velocemente. Troppo velocemente per i miei gusti.
Ci sedemmo su due panchine vicine.
-Allora? -domandò Zeus leggermente isterico. Eos gli mise una mano sul braccio: -Zeus. -lo chiamò con tono di rimprovero.
-Ehm... -balbettai e mi schiarii la voce. -Noi... dunque...
Ero andato letteralmente nel pallone. Come fai a dire a qualcuno che suo figlio è morto da mesi?
-Dov'è Adrian? -suggerì Eos per aiutarmi.
-Al palazzo di Orfeo. -risposi.
-E cosa avete saputo? -chiese la dea.
-La cosa non vi piacerà... -avvertì Isabelle.
-È passato dalla parte di quell'idiota? -domandò Zeus.
-No. -deglutii. -Ecco... Adrian è... è morto.
Eos si portò le mani alla bocca mentre gli occhi le si inumidivano. Zeus le mise un braccio attorno alle spalle.
-Com'è possibile? -chiese mentre in viso raggiungeva un colore che si abbinava al rosso carminio. -Adrian è un dio.
Gli spiegammo tutto ciò che era successo, dall'impresa di Allison e Adrian fino a cos'era accaduto appena poche ore prima.
-E quindi voi lo sapevate? Sapevate che cosa avrebbe fatto? -domandò Zeus iniziando a scaldarsi.
-Zeus, non è colpa loro. -esclamò Eos. -Lo sai com'è fatto nostro figlio.
-Ma, sii ragionevole...
-Noi non credevamo che si sarebbe sacrificato. -aggiunsi. -Non ce lo saremmo mai aspettato.
Zeus fece per ribattere, ma poi si allontanò per calmarsi.
-Dovete scusarlo. -disse Eos asciugandosi gli occhi. -Adrian...
-Lo sappiamo. -la interruppi. -Ci dispiace che l'abbiate saputo in questo modo, ma noi non avevamo idea di cosa fosse successo veramente fino a pochi giorni fa.
La dea annuì, poi si alzò: -Vado da Zeus. -disse e si allontanò verso il dio, che camminava avanti e indietro, cercando di far sbollire la rabbia.
Isabelle fece un sospiro: -Ci ammazzerà?
Guardai nostro zio: -No. Non credo.
Rimanemmo in silenzio, mentre sentivamo le voci di Zeus ed Eos poco lontane. Non riuscivo a distinguere le parole esatte, ma ogni tanto potevo capire il nome di Adrian e qualcosa in greco antico.
-Ocean. -mi chiamò Isabelle.
-Sì? -la guardai: si tormentava le mani, pensando sicuramente a qualcosa. Izzy si tormentava sempre le mani quando pensava.
-Mi è venuta in mente una cosa. Per vedere Adrian e scoprire com'è andata esattamente sei mesi fa. -disse fissando un punto davanti a sé.
-Sarebbe?
Ora. I piani di Isabelle spesso non erano il massimo. La maggior parte delle volte. Per questo lei e Adrian lasciavano a me questo compito.
"Sei tu il figlio di Atena" dicevano, "E Atena ha sempre un piano."
-Andrò negli Inferi, come avevi proposto tu. E una volta lì cercherò l'anima di nostro cugino e gli parlerò. -disse Izzy. Poi mi guardò: -Ci andrò domani. D'accordo?
Sospirai: -D'accordo. -le sorrisi. -Ottima idea.
Lei ricambiò il sorriso.
-Però permettimi di venire con te. Voglio vedere nostro cugino.
-Sì. Te l'avrei chiesto comunque.
Mi avvicinai a lei: -Allora ti manco quando siamo separati. Ammettilo.
Isabelle ridacchiò: -Sei il mio cuginetto preferito. -disse. Feci una faccia compiaciuta: per una volta avevo battuto Adrian in qualcosa!Sognai un ragazzo.
Anzi, IL ragazzo. Quello per cui probabilmente mi ero preso una cotta.
Era in piedi davanti a me e mi guardava, rosso in viso. Lo osservai meglio: gli occhi erano di una particolare sfumatura di verde, i capelli biondo scuro gli ricadevano sulla fronte in un ciuffo spettinato. Indossava una semplice maglia nera e i pantaloni di una tuta grigia.
-Ciao. -mi disse con un sorriso. Era solo un saluto, ma il mio cuore saltò un battito.
-Ciao. -ricambiai imbarazzato.
-Ehm... che ci fai nel mio sogno? -domandò.
-Scusa? -feci io abbastanza confuso. Per quanto ne sapevo, quello era il mio sogno. Il copyright esiste, gente!
-Beh... io in teoria sto dormendo... -disse lui.
-Anch'io. Ma credo sia normale giusto? Di solito di notte si dorme.
Il ragazzo rise e rimasi incantato a fissarlo. Quando rideva gli si creavano delle fossette ai lati della bocca. In una parola: adorabile.
-Beh, non so cosa stia succedendo, ma... -mi invitò a seguirlo con la mano. -Camminiamo un po', ti va?
-Sì. -dissi. Lo affiancai e iniziammo a camminare, mentre intorno a noi si plasmavano tanti paesaggi diversi: un parco, una spiaggia, una fattoria...
-Sei un semidio, vero? -gli chiesi guardandolo.
Lui annuì ed io sentii il cuore sprofondare. Cioè, non fraintendetemi: me l'aspettavo. Io ero un dio, non sarei potuto stare con lui nemmeno se fosse stato un semplice mortale.
-Anche tu lo sei, no? -mi domandò.
-Ehm... no. Io sono un dio. -risposi arrossendo.
Il ragazzo mi guardò, stupefatto: -Davvero?
-Sì... i miei genitori sono Atena e Poseidone.
-Ma... quei due mica si odiano? -era visibilmente confuso.
-Beh sì, ma circa quattrocento anni fa Eros fece un disastro con le sue frecce. Gli dei s'innamorarono persino dei sassi e perciò eccomi qui. -allargai le braccia. Lui sorrise.
In quel momento tutto intorno a noi iniziò a tremare.
-Ci stiamo svegliando. -disse il semidio guardandosi attorno. Fece per andarsene: -Devo andare.
-No, aspetta. -lo fermai prendendolo per il polso. -Dimmi come ti chiami.
-Adam. Adam Gray. -rispose. -Tu?
-Ocean. -gli sorrisi ed Adam sparì.Isabelle mi stava scuotendo per una spalla per svegliarmi.
-Izzy... ancora cinque minuti... -brontolai voltandomi dall'altra parte.
-È mattina, Ocy bello. -spiegò lei. -Ora di andare da mio padre, ricordi?
Scattai a sedere: -Giusto! -esclamai. -Dammi dieci minuti e sono da te.
Presi ciò che mi serviva e mi fiondai in bagno. Anche se ero un dio, odiavo usare i miei poteri per lavarmi e vestirmi, perciò facevo la doccia come voi comuni mortali.
Mi tolsi la maglietta del pigiama e mi guardai allo specchio: sembravo uno zombie, come tutte le mattine.
Poi entrai in doccia e lasciai che l'acqua calda mi scendesse sulla schiena. Essendo figlio di Poseidone come Percy Jackson, quando entravo in acqua rimanevo sempre asciutto. Perciò ordinai alla doccia di bagnarmi.
Mi appoggiai al muro dietro di me e sospirai. Il sogno di quella notte mi tornò in mente... ma potevo chiamarlo sogno? Era stato come un'incontro reale e ben definito, mentre di solito nei sogni è tutto confuso.
Chiusi gli occhi. Forse Isabelle aveva ragione.Mia cugina mi aspettava fuori dal dormitorio della Coorte, imbacuccata in un cappotto nero e viola.
-Sono pronto. -dissi raggiungendola. -Possiamo andare.
Feci per prendere la mano di Isabelle, in modo tale che lei potesse fare un viaggio ombra e portarci negli Inferi, ma lei si scostò e iniziò a camminare verso Caldecott Tunnel.
-Izzy? -la inseguii, abbastanza confuso. -Perché non facciamo un viaggio ombra?
Isabelle si fermò: Ehm... non ne ho voglia. A Los Angeles c'è l'ingresso degli Inferi e possiamo passare da lì.
-Ma... perché? -non me la raccontava giusta.
Lei rimase zitta e si morse il labbro inferiore.
-Izzy. -la chiamai dolcemente.
-Ho paura, Ocean. -disse con voce tremante.
-Di cosa?
-D-Di non riuscirci.
Le sorrisi, poi la strinsi in un abbraccio.
-Izzy, ci sono io con te. Sono sicuro che ce la farai. -le dissi.
-Non ci sono mai riuscita. -singhiozzò.
-È perché parti dal presupposto che non ci riuscirai. -le presi una mano. -Dai, provaci. Ti aiuterò a mandarci nel posto giusto, ok?
Isabelle si asciugò una lacrima e annuì.
-Pronta? -domandai.
-Sì. -ci dirigemmo verso un'ombra e poco dopo...
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Don't Forget Me
Fiksi Penggemar|| DAUGHTER OF THE SUN: LIBRO III || "[...] -Se dovesse succedere mi prometti una cosa? -le chiesi. -Cosa? Mi sistemai in modo di guardarla in viso: -Non dimenticarti di tutto questo, della nostra piccola impresa, di noi due. Di quello che stiamo c...