5. Sì, è sempre Venerdì.

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Like Gino Paoli once said "Senza Fine" e si riferiva sicuramente a questa giornata

(sì, è il sottotitolo più lungo di sempre)

Ho finalmente finito di sistemare l'immensa pila di vestiti che avevo sedia e adesso guardo scoraggiata la stanza quasi in ordine. Non so se sono pronta a ritornare di là, risentire tutto il dramma legato al passato crollarmi addosso. Per questo l'ho allontanato a tempo debito. Avevo bisogno di vivere comodamente, nei miei spazi, evitare di crogiolarmi nel passato. Non riesco a capire quando la mia vita è diventato materiale da telenovela. È tanto difficile avere una vita semplice, senza troppe pretese, che scorra liscia come l'olio? Io stamattina ero semplicemente una trentenne che come unico pensiero aveva quello di organizzare il matrimonio con un ragazzo splendido, e invece bada lì che straccio sono diventata.

La luce fuori sta scomparendo sempre di più e la tempesta sembra desistere dallo smettere. Dei grossi fiocchi si sono perfino appiccicati al vetro e mi par d'essere in uno di quei film strappalacrime che Viola si spara una sera sì e l'altra anche.

«Mì?» la sua voce rompe le quasi due ore di silenzio che avevano dominato la casa. Si affaccia in camera e mi mostra un sorriso conciliante.

«Facciamo pace? Ho preparato una merendina» con la testa indica il piccolo tavolo davanti al divano dove troneggiano due piscine di tè (non possono chiamarsi tazze quelle) con un piatto pieno di biscotti. Deve aver fatto piazza pulita di tutti i pacchetti che mi erano rimasti.

«Dài, fa' in modo di perdonarmi. Non puoi dire di no al tè, te proprio no» mi prende per una mano e mi invita ad alzarmi. Lo faccio mal volentieri, ma decido di mettere un piede davanti l'altro e arrivare fino al divano a mo' di peso morto.

«Il tuo preferito. O almeno credo visto che c'era solo questo in dispensa»

«Era l'unico in offerta al supermercato» prendo un lungo sorso e per poco non mi ustiono la gola. Dire che è bollente sarebbe un eufemismo.

«Effettivamente quando esce il vapore vuol dire che è tiepido» commenta sarcastico, buttandosi un frollino per intero in bocca. Lo fulmino con gli occhi e lui ammicca un sorriso divertito.

«Gigi mi ha appena mandato un messaggio. Stanno passando con il gatto delle nevi. Vede se riesce a raccattare un passaggio clandestino» scoppio a ridere senza motivo. Mi guarda stranito e per osmosi forse comincia anche lui a ridacchiare.

«Sei strana Mi, sei troppo strana» cerca di dire, tra una risata e l'altra. E allora, mentre ci fissiamo negli occhi, sento che la cosa più naturale del mondo è sentirlo tra le mie braccia. E quell'abbraccio, ne sono sicura, è stato il gesto più spontaneo che abbia mai fatto.

«Anche te sei strano Max» dico, con il viso spiaccicato contro il suo petto. «Dopo l'inferno che ti ho fatto passare, te sei ancora qui. Sei ancora accanto a me ad abbracciarmi» lui non risponde, ma sento il suo cuore battere all'impazzata. Questo fa smuovere anche quella palla di pietra che ho al posto del mio, che inizia ad agitarsi ansiosamente. Non provavo questa angoscia mista a leggerezza da molto tempo. Neanche quando Gabri mi ha chiesto di sposarlo forse. Forse quando l'ho baciato per la prima volta. Sì, quella volta avevo il cuore pronto a scapparmi dal petto. Era stato a lungo tempo il mio migliore amico e mi stava baciando. Mi stava dando un lungo bacio da togliere il fiato e io ero in un brodo di giuggiole. Era la sera di ferragosto e io ero da poco tornata dall'Inghilterra. Avevo cercato di riunire il gruppo, ma non avevo fatto i conti con il tempo. Ero scomparsa per tre anni, in tre anni le persone cambiano, crescono. Max era allora sposato con Anita e lei era incinta, così come Viola. Andrea si era appena sposato con un'americana. E poi c'erano Cate e Stefano, anche loro da poco sposati. Perciò, era rimasto Gabri, solo lui non era cambiato. Solo lui era rimasto lo stesso ragazzo che avevo lasciato. Abbiamo ballato tutta la notte e sulla strada del ritorno lui mi ha preso la mano, l'ha baciata e mi ha guardato in un modo che mi ha fatto tremare le gambe. "Ho da dirti una cosa che tengo per me da tanto tempo" si è avvicinato e senza dire altro mi ha baciata. E io mi sono lasciata trasportare dall'onda di emozioni che mi ha preso in pieno. Sono passati quasi dieci anni da quella notte. E io continuo a sentire per lui quel trasporto, quello stesso trasporto che mi ha smosso completamente.

Per le vie di FirenzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora