Capitolo 11 ~ Arden

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Ero sveglio da una buona mezz'ora, eppure non mi alzavo dal letto e guardavo il tetto del letto a baldacchino sopra di me senza vederlo per davvero.
Nella mia testa avevo un'altra immagine: Emily.
Dovevo trovare un modo per portarla via da quella cella. Come tutti gli altri semidei prigionieri, non si meritava quello che le era successo.
E poi... beh, era carina. Non potevo negarlo.
Qualcuno bussò e scattai a sedere.
-Ehm... sto arrivando, Adam! Cinque minuti! -esclamai. Poi la porta si aprì e feci per parlare, ma la persona sulla soglia mi precedette: -Non sono Adam, ma se vuoi aspetto fuori mentre ti vesti. -disse Allison.
-Oh, no, tranquilla, Ally. Entra pure. -le dissi sorridendo. -Anche se non sono presentabile.
In effetti indossavo solo il mio pigiama grigio e i miei capelli erano peggio di un nido, ma Allison fece spallucce, poi si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò al letto, mentre io mi sedetti sul bordo del materasso e la invitai a fare lo stesso.
-Cosa posso fare per te? -chiesi. Lei sospirò: -Avevo voglia di parlare. Se vuoi... insomma, ieri non ero molto in vena.
-Sì, ho notato. -ero contento che fosse venuta di sua volontà a parlarmi. Significava che si fidava di me.
Allison iniziò a tormentarsi le mani: -Ieri mi avete chiesto perché mi comporto così, perché tratto in quel modo i miei amici, no?
Annuii.
-La risposta è che non lo so. -fece una pausa come per trovare le parole giuste da dire. -So bene che non è colpa loro se Adrian è morto, ma mia.
-Come mai dici così? -chiesi stupito. Allison non ci aveva mai detto com'era andata veramente, ma solo che Adrian era stato infilzato da una spada e che le era morto fra le braccia.
-Lui... -la sua voce si spezzò. -Lui mi stava proteggendo.
-Ma... indossavi la collana con l'immortalità, giusto? -iniziavo ad essere confuso.
-Sì, infatti non capisco perché l'abbia fatto.
-Istinto? -proposi. Allison annuì: -Potrebbe. -poi mi guardò. -Il fatto è che in questi mesi ho cercato di capire di chi fosse la colpa. E sono giunta alla conclusione che sia mia: Cecily e James non potevano sapere cosa stesse succedendo perché sono stata io a dire loro di uscire dal palazzo se io e Adrian non fossimo tornati. Loro mi hanno ascoltata. Non posso essere arrabbiata con loro, eppure... ho fatto quello che ho fatto. Cecily non mi perdonerà mai.
Non sapevo cosa rispondere. Avevo davanti la stessa Allison che avevo visto al Campo Mezzosangue, la stessa che mi aveva aiutato a calmare Adam nelle segrete e che cinque mesi prima avevo trovato in una pozza di sangue perché stava perdendo il bambino che portava in grembo. Non somigliava minimamente alla ragazza che giurava fedeltà ad Orfeo quando ne aveva la possibilità.
Adam aveva ragione: la vecchia Allison c'era ancora, bisognava solo trovare il modo di riportarla indietro.
In quel momento Allison abbassò di nuovo lo sguardo e così le misi una mano sulla spalla.
-Sono sicuro che Cecily ti ha già perdonata. -dissi. -Credo che abbia capito il motivo della tua rabbia quando è venuta qui e sa che tu in questi mesi sei confusa e ancora sconvolta per ciò che è successo.
-Ma è colpa mia...
-No, Ally. Non è colpa tua. -mi misi in ginocchio davanti a lei per poterla guardare negli occhi. -Adrian avrebbe anche potuto non farti da scudo con il suo corpo. Eppure l'ha fatto, ben sapendo che la sua immortalità l'avevi tu. E il motivo è solo uno: ti amava.
Allison fece un piccolo sorriso: -Mi amava... -mormorò come se quelle due parole le avessero provocato una sensazione stupenda.
-Esatto. -le sorrisi.
Lei rimase in silenzio, probabilmente ripercorrendo i ricordi che la legavano ad Adrian.
Alla fine si alzò e mi sorrise: -Grazie Arden.
Mi alzai in piedi anche io e l'abbracciai: -Di niente. -risposi.
-Ora è meglio se ti vesti. Ci sono i pancake e sai che Adam li adora quanto te. -disse Allison quando si scostò. -E tu non vuoi che i pancake finiscano vero?
-Oggi è la giornata dei pancake? Di già? -lei rise.
-Sì e muoviti. Orfeo ci dirà il suo piano per quando andremo sull'Olimpo.
-D'accordo.
Allison andò alla porta, ma, prima che uscisse, decisi di chiederle un consiglio:
-Ally, mettiamo che Adrian sia prigioniero nelle segrete. -dissi. Lei si fermò sulla porta e mi guardò: -E?
-Beh, mettiamo che tu lo voglia liberare ma sai che Orfeo si arrabbierebbe con te se lo facessi. Come faresti a non rischiare?
La figlia di Apollo ci pensò qualche secondo: -Credo che cercherei di convincerlo a passare dalla parte di Orfeo. Perché?
Scrollai le spalle: -Curiosità.

Dopo pranzo (il dopo colazione era stato alquanto occupato dai tentativi di convincere i semidei prigionieri a passare dalla parte di Orfeo, perciò eravamo stati costretti a rimandare) Orfeo si alzò in piedi e si fece portare un foglio e una penna.
-Miei cari, è ora che vi illustri il mio piano per la nostra ascesa sull'Olimpo. -disse guardando Allison, Adam e me uno per uno.
-In che cosa consiste? -domandai.
-Il nostro obiettivo è la sala del trono. Il giorno del solstizio d'inverno i dodici Olimpi si riuniscono per il Consiglio. Sarà esattamente in quell'occasione che attaccheremo. -rispose Orfeo. -Ho degli alleati sull'Olimpo, degli dei minori. Loro ci assicureranno campo libero e un aiuto per combattere contro gli dei e i loro poteri, perciò l'unica nostra preoccupazione sarà fare attenzione a non far uccidere nessuno dei nostri. Arriveremo in due modi: alcuni soldati useranno l'ascensore dell'Empire State Building, altri, tra cui noi, si sposteranno attraverso un portale.
-E in che modo creeremo un portale? -chiese Adam.
-Colui che mi aiutò a rubare la cintura di Afrodite mi ha lasciato un aiuto. So esattamente come procedere. -rispose Orfeo. Chissà di cosa stava parlando.
Poi mi venne un'illuminazione: la sorella di Emily aveva una specie di matita strana in mano, sei mesi prima. E l'aveva legata alla cintura entrambe le volte in cui era venuta per parlare con Allison.
Passai il resto di quella sottospecie di riunione a pensare a quell'oggetto. Forse Emily sapeva di cosa si trattava.
Orfeo continuò a spiegare la sua idea: una volta arrivati sull'Olimpo, avremmo dovuto legare gli dei con delle corde più potenti dei loro poteri che ci avrebbero fornito gli dei minori e i figli di Efesto che facevano parte dell'esercito di Orfeo. Poi li avremmo costretti ad obbedire ad Orfeo, che avrebbe portato in vita Euridice (anche se questo non lo disse) e avrebbe regnato sull'Olimpo per l'eternità.
Al termine di quell'assurda spiegazione, mi alzai dal tavolo, balbettai delle scuse e scesi nelle segrete con l'intento di chiedere ad Emily di quell'oggetto.

Quando aprii la cella, Emily era seduta sul letto. Sembrava immersa nei suoi pensieri, mentre tracciava dei segni invisibili sulle coperte con le dita.
Appena mi sentì alzò la testa e mi sorrise.
-Ciao. -la salutai.
-Ciao. -ricambiò. Notai con un pizzico di euforia che aveva ancora le bende che gli avevo messo io il giorno prima.
Mi avvicinai a lei, ma rimasi in piedi e misi le mani in tasca.
-Come stai? -le chiesi.
"Idiota" mi dissi. "Come pensi che si stia in una cella come questa?"
-Cioè... -mi affrettai a correggermi. -So per esperienza personale che qui non è il massimo, ma...
-Io sto bene. -m'interruppe lei. Arrossii. Le mie pessime figure davanti ad una ragazza erano destinate ad aumentare di numero.
-Emily, posso farti una domanda? -domandai facendo un passo verso di lei.
-Certo.
Le raccontai dell'oggetto che avevo visto nella cintura di sua sorella e del piano di Orfeo, poi le chiesi: -Per caso tu sai cos'è?
Emily annuì: -È uno stilo. Clary, una ragazza che aveva a che fare con quell'uomo, ha scoperto una runa per creare dei portali. Jonathan deve averla scoperta e perciò potrebbe averla mostrata ad Orfeo.
-E a cosa serve? Oltre che per creare portali intendo.
-Serve a disegnare le rune che poi causeranno qualcosa. Tipo l'apertura dei portali.
Le sorrisi: -Grazie.
Lei scrollò le spalle e tra di noi si creò un silenzio imbarazzante.
-Beh, io allora... -mi schiarii la voce e feci per andarmene, ma Emily mi fermò: -Arden?
Decisi che mi piaceva sentire il mio nome pronunciato da lei. Era terribilmente piacevole...
-Sì? -la guardai: si era spostata in avanti, come se avesse voluto alzarsi per fermarmi di persona.
-Mi terresti compagnia? -domandò timida.
Mi sentii arrossire, ma accettai la sua proposta e mi sedetti accanto a lei. Parlammo di tutto, dalle nostre vite private ai nostri cibi preferiti e, quando dovetti andarmene, la salutai con un baciamano, senza staccare gli occhi dai suoi.

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