CAPITOLO 9

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Eloise osservò il proprio riflesso nello specchio a figura intera che poggiava sull'armadio, le labbra contratte per il fastidio che le dava vedere il proprio volto trasfigurato in una maschera di stanchezza. Quella notte era riuscita a dormire, sebbene i suoi sogni fossero stati popolati da grossi lupi e da streghe dalla pelle verde. Erano passati due giorni, tempo in cui Deborah non si era fatta sentire e lei non si era presentata a lavoro. Si era voluta prendere una pausa da tutto quello, senza avvertire, certo, ma pur sempre una pausa.

Era stato più difficile del previsto tornare alla vita di tutti i giorni. Si sentiva costantemente osservata, eppure in casa non c'era nessuno, se non lei e Karen. Scosse la testa ed afferrando il correttore passò uno spesso strato di fondotinta sotto gli occhi. Non era solita truccarsi. Le faceva sentire il viso pesante e le dava quasi prurito, ma lo preferiva alle occhiate che la gente le avrebbe potuto rivolgere una volta fosse uscita.

St. Plate contava un minimo di venti Mutaforma, e lei ne conosceva due. Si chiese chi fossero gli altri diciotto, eppure non ne aveva la minima idea. Le erano sembrate tutti delle persone normali, non degli uomini in grado di trasformarsi in animali selvatici. Certo, alcuni erano robusti oltre il limite del consentito, ma davvero poteva attribuire ad un fisico atletico una natura soprannaturale? La risposta era no.

Issò la borsa a tracolla su di una spalla, ed infilando le scarpe uscì di casa senza nemmeno salutare, conscia che sua nonna non le avrebbe risposto in ogni caso. Fece appena in tempo a richiudersi la porta di casa alle spalle che il suo telefonino iniziò a squillare insistentemente sulle note di una canzone italiana. Sua madre.

«Ehi, mamma.» Era felice di sentirla, sebbene fosse arrabbiata con lei. Sua madre non era una tipa da telefonate o da messaggi, quasi odiava la tecnologia, ed Eloise aveva giustificato quell'assenza di attenzioni nei suoi confronti -una volta trasferitasi- a quello.

«Ciao bimba.» La voce di sua madre le parve rauca ma rilassata. «Come stai?» L'italiana si morse il labbro, pensierosa. Cosa avrebbe dovuto risponderle? Se avesse potuto si sarebbe sfogata con lei, raccontandole cosa era successo nelle ultime due settimane; ma non poteva. Le parole le morirono in gola e dovette tossire per mascherare il nervosismo. Non aveva mai mentito a sua madre.

«Bene, sono solo un poco stanca.» La strada pareva accorciarsi di continuo e poi allungarsi ed allargarsi. Sbattè più volte le palpebre e scosse poi la testa. «Tu e papà come state?»

«Stiamo bene.» Avrebbe voluto sentirsi dire che gli mancava, che sentivano la sua mancanza. Se le avessero chiesto di tornare in Italia avrebbe preso il primo aereo disponibile, eppure sembravano godere di quel cambiamento così drastico. «Come va con l'appartamento?» Le avevano lasciato una discreta somma di denaro che sarebbe dovuta servire per coprire la caparra di un appartamento, ma lei non aveva trovato nulla.

«Male. Il paese è piccolo e a quanto pare nessuno ha da mettere in affitto una casa.» Con il passare del tempo ci aveva addirittura rinunciato. Sapeva che sarebbe stato quasi del tutto impossibile stabilirsi anche solo in un monolocale a St. Plate, per i fatti suoi.

«Ti stai ambientando?» Eloise ridacchiò. Se ne avesse avuto le forze avrebbe inventato qualche battutina acida sul momento, ma fu l'affetto per la madre a fermarla. Aveva provato a capirla, a capire perché l'avessero voluta allontanare e non ci era riuscita. Era arrivata alla semplice conclusione che i due coniugi volevano i loro spazi, senza una figlia laureata da poco che continuasse a poltrire in casa.

«Devo andare.» Chiuse la telefonata senza aspettare il saluto della donna. Per quella giornata, andava bene così. Non aveva bisogno di altri pensieri o seccature. Alzando lo sguardo si soffermò sull'insegna del Gil's. Sarebbe potuta tornare indietro, far finta di niente e continuare a bigiare il lavoro come aveva fatto fino ad allora, ma il proprio orgoglio glielo impediva. Quel lavoro le serviva. Avrebbe semplicemente potuto ignorare Deborah, fare il suo turno da sei ore e tornare a casa come aveva sempre fatto.

WOLF'S HOWL | In RevisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora