Capitolo 1

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Grigio.

Il paesaggio con le sue case monotone, una accanto all’altra, ci accompagna lungo la triste via con il suo funereo grigiore.
Le persone vicino a me  cercano in qualche modo di consolarmi, di dirmi che andrà tutto bene, ma anche loro sono grigie ai miei occhi, così come il cielo che ci sovrasta sconsolato.
Le nuvole infatti lo coprono, nascondendo l’azzurro che di solito riesce a rallegrarmi anche nelle giornate peggiori. Oggi è una di quelle giornate, una giornata da dimenticare, una giornata che nessuno vuole nè vorrà mai vivere.

Guardo pietosamente di fronte a me la tomba dell’uomo che amo.
La cerimonia è finita e non sono riuscita a trattenere le lacrime e a non pensare ai nostri momenti insieme… non ce l’ho fatta.
La gente se ne sta andando, tutti quanti, uno dopo l’altro, tranne io: non voglio lasciarlo solo, non sono pronta.

Resto ferma in piedi, mentre le lacrime continuano a scendere come fiumi sulle mie guance e io non faccio nulla per fermarle. Osservo con lo sguardo vuoto le gocce di pioggia che iniziano a cadere al suolo bagnando i monumenti, picchiettano il cemento e penetrando qua e là nella terra infradiciandomi, facendo così appiccicare la frangia castana alla fronte e i vestiti neri al mio corpo.
Abbasso gli occhi per osservare angosciata la tomba del mio amato: il mio sguardo cade soffermandosi sulla sua pagetta, ormai rigata dalla fredda e amara pioggia.
La mente, dapprima vuota, ora vaga tra i ricordi.

Com’è possibile che un ragazzo, apparso dal nulla nella mia vita, che mi ha strappato improvvisamente dalla mia monotona quotidianità, se ne sia andato così? Dopo avermi mostrato la bellezza dell’amore?

Mi manca. E glielo sto dicendo con tutto il silenzio di cui sono capace mentre continuo a rigirare sull'anulare il suo anello.

Lo avevamo comprato insieme ed è tutto quello che ora mi rimane di lui, oltre ai ricordi; in realtà gli anelli erano due, li avevamo trovati insieme per puro caso.
Un giorno eravamo entrati in un negozietto di articoli per amanti della magia ed il proprietario ce li aveva mostrati dicendoci che erano perfetti per noi visto che rappresentavano una Coppia attraverso due simboli nordici che simboleggiavano l’Inizio e la Fine. Ci aveva detto anche che chi li avesse indossati sarebbe rimasto legato per sempre all'altro, come una magia, e così avevamo deciso di prenderli.
Ecco perché ci sono rimasta malissimo quando ho perso il mio, quello che rappresentava l’Inizio. Temevo con tutta me stessa di aver rotto l’incantesimo.

Ora, abbassando lo sguardo sulle mie mani, quello che vedo è il simbolo del suo anello: la Fine… la fine di tutto.

Due anni prima. 

L’acuto suono della sveglia risuona nella mia mente persa nel mondo dei sogni. Stropiccio il mio viso assonnato e, dopo aver indossato le mie morbide ciabatte rosa, mi trascino in cucina per prepararmi una rapida colazione.
Scelgo velocemente cosa indossare per poi mettermi quel poco di trucco sufficiente per coprire le occhiaie dovute alle poche ore di sonno. Una volta pronta, esco di casa chiudendomi la porta alle spalle.

Mi dirigo annoiata alla fermata dell’autobus che mi conduce all’ospedale dove studio medicina e lavoro come tirocinante.
Attualmente mi è stato assegnato un paziente in coma, si chiama Min Yoongi, il motivo per cui si trova in ospedale è un trauma cranico dovuto ad un incidente in auto molto violento. Ogni giorno, per più volte, lo tengo monitorato.

Finita la mia giornata in corsia torno a casa esausta ma soddisfatta.
Non ho mai pensato di cambiare la mia vita perché, anche se non è come quella che fantasticavo da bambina, piena di avventure e colpi di scena, sono soddisfatta e mi piace così come è nella sua tranquillità e monotonia.

Non ho molti amici, sono una persona piuttosto riservata. Con questo non voglio dire che sono una ragazza timida, ma semplicemente non soffro la solitudine e per questo non vado quasi mai in giro a divertirmi a feste o nei locali della città come fanno le mie coetanee. 
Ultimamente però, occupandomi del signor Min Yoongi, mi ritrovo spesso a scambiare due chiacchere con un suo visitatore. Un ragazzo che puntualmente alle cinque del pomeriggio si presenta in stanza chiedendomi come stia il "paziente in coma".
Non so stabilire esattamente che tipo di relazione abbiano, possono essere amici, parenti, colleghi...

"Si riprenderà vero?" mi domanda assiduamente.
Le condizioni del paziente Min Yoongi sono apparse sin da subito molto critiche: infatti, appena arrivato in ospedale, ha dovuto subire un intervento a cranio aperto per via di una grave emorragia cerebrale. A portarlo in ospedale è stato proprio quel ragazzo.

Ricordo ancora il suo viso rigato dalle lacrime e lo sguardo disperato. Pareva terrorizzato al pensiero di perdere quella persona, era così pallido e preoccupato che per un momento ho temuto che anche lui avesse bisogno delle nostre cure. Così, preoccupata, gli sono stata vicina e ho cercato di tranquillizzarlo il più possibile.
Alla fine si è calmato e sono riuscita a convincerlo a lasciare l’ospedale solo dopo averlo rassicurato che l’intervento era riuscito e che il suo amico era fuori pericolo.
Da allora, da più di un mese a questa parte, viene a trovare il mio paziente ogni giorno: si siede di fianco al letto, gli sistema i capelli con un movimento lento e delicato. Osserva il pallore del suo viso.

"Come stai? Tutto bene? Ti fa male da qualche parte? Chissà in quale mondo ti trovi ora…riesci a sentirmi?"

Tenta sempre  una conversazione nonostante il ragazzo sia inerte e non possa rispondergli. Ma egli non demorde ed è sempre lì ogni pomeriggio, pronto per una chiaccherata col suo compagno.

"Mi dispiace disturbarla signor....?" gli dico rendendomi conto solo ora di non sapere ancora il suo nome.

Il ragazzo alza lo sguardo dal paziente rivolgendosi verso di me. Un accenno di sorriso illumina il suo volto vedendo il disagio trasparire dal mio viso
"...Park Jimin" conclude, con la sua bellissima voce argentina.

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