• Venticinque •

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Entrammo nella gelateria, dove c'era pochissima gente.
In effetti era comprensibile, erano davvero poche le persone che prendevano il gelato con questo freddo.
Ci sedemmo ad un tavolino vicino al termosifone, visto che io avevo freddo, e vi posai sopra le mani, nel tentativo di scaldarle un po'.
"Cosa gradisci tu?" mi domandò Rodrigo.
"Hanno solo il gelato?"
"No, penso abbiano anche qualcosa di più caldo, in questa stagione."
Si voltò e fece un cenno ad un addetto, che venne verso di noi per prendere le ordinazioni.
Io non ero mai stata in quella gelateria, ma forse Rodrigo sì, poichè sembrava essere un locale piuttosto elegante e per gente del tipo attori, giocatori e VIP vari.
"Buonasera, cosa posso portarvi?" chiese con gentilezza.
"Io un tè. - rispose Rodrigo - Non troppo caldo."
Il ragazzo annuì e si rivolse a me.
"Una cioccolata calda." dissi.
"Direi che è più che giusto, visto il freddo che hai." commentò sorridendo, quindi tornò al bancone.
Guardai Rodrigo con sguardo interrogativo. Anche lui sorrise.
"Che c'è?" domandai, più stizzita che perplessa.
Lui mi indicò.
"Hai il naso rosso come un pomodoro." mi disse.
"Be', ho freddo. - replicai appiccicandomi sempre di più al termosifone - Ho anche le mani ghiacciate."
"Fammi sentire."
Staccai le mani dal calorifero per porgergliele.
Lui le prese tra le sue, molto più calde, e me le strinse come per volermele scaldare.
"Io soffro davvero tanto il freddo. - gli spiegai - D'inverno capita che indossi due felpe."
Lui sorrise.
"Io sono abituato alle temperature fredde, faccio allenamento tutti i giorni con pochi gradi.
Ma ora parliamo di cose più interessanti."
Prima di potermi spiegare a cosa si riferisse, il cameriere portò la cioccolata e il tè.
Iniziai a sorseggiare la bevanda che mi scaldò tutta la gola, facendomi sospirare. Che piacevole sensazione.
"Dicevo, - riprese Rodrigo - che dobbiamo parlare di domenica."
"Domenica?" ripetei.
"Sì, quando tu e tuo fratello verrete a conoscere la squadra."
"Oh, già, hai ragione."
Finì di trangugiare il suo tè e picchiettò le dita sul tavolo.
"Dobbiamo dire che ci vediamo da un po'... ma da quando?" domandai al ragazzo, cercando una soluzione.
"Quella volta al ristorante. Dopo la partita. Ti ho vista al ristorante e abbiamo iniziato a vederci." disse.
Era una buona idea, in effetti, però era comunque da parecchio tempo.
"Sarebbero tre settimane che ci conosciamo. E non hai detto nulla a nessuno di loro. Vorranno sapere perchè." riflettei.
"Perchè avevo paura di perderti. - rispose subito - Dirò così. Essendo io famoso e tu una semplice ragazza, avevo paura che il gossip giornalistico ci costringesse a non vederci più."
"Era la stessa paura che avevo io. - gli rivelai una volta finita la mia cioccolata calda - Ora che ricordo, però, loro mi conoscono già un po' quando abbiamo fatto quella chiacchierata al ristorante."
"Certo. Ma Edoardo non lo conoscono."
Sorrisi e annuì.
"Basta parlare di domenica. Piuttosto parliamo di calcio, la prossima partita con chi è?"
"Con il Toro... Ci sarà il Derby della Mole. Lo guarderai?"
"Ovvio."
Ci raccontammo ancora un po' di cose sul calcio e io gli dissi qualcosa sulla scuola, fino a che lui non mi domandò:
"A Natale cosa fai?"
Feci spallucce.
"Pranzo in famiglia. Con i nonni e i pochi zii e cugini che ho." risposi.
Facevamo sempre il pranzo di Natale tutti insieme, ma dopo la morte di papà io avevo perso la voglia di consumarlo perché mi sembrava ingiusto festeggiare senza di lui.
"Io ho il turno infrasettimanale, giochiamo a Santo Stefano, ti rendi conto?" commentò come se non potesse essere vero.
In realtà non capivo il senso, non potevano lasciarli liberi almeno la settimana di Natale?
Chi aveva deciso il calendario della Serie A era da prendere a botte.
"Mi dispiace." sussurrai.
"Non è colpa tua. Mi dispiace solo che nemmeno a Natale riuscirò a vederti." mormorò.
Sorrisi e gli presi la mano.
"Quello è il meno. Non preoccuparti per me. Pensa un po' anche per te stesso. Ti farà bene." gli consigliai.
Si era fatto un po' tardi e, siccome io il giorno dopo avrei avuto scuola e Rodrigo allenamento, decidemmo di tornare a casa.
Rodrigo insistette per pagare anche la mia cioccolata, da "vero gentiluomo", come aveva detto lui, e poi uscimmo dalla gelateria per salire in macchina.
"Mi ha fatto piacere uscire con te, guerriera." disse una volta messa in moto l'auto.
"Anche a me, per essere il primo vero appuntamento." risposi, riportando le sue parole.
Lui sorrise.
"Non prendermi in giro. Questo era un appuntamento. Che dire, magari sarà il primo di una lunga serie."
Speriamo, disse una voce dentro di me.
Certo, speriamo in altri appuntamenti con lui, perchè quando sono con Rodrigo sto fottutamente bene.
"Può essere." dissi vaga, lanciandogli uno sguardo mentre era occupato a guidare per riportarmi a casa.
"Lo sai che non c'è nulla di male ad ammettere di amare qualcuno, vero?" chiese d'un tratto, mentre io lo stavo guardando, cosa che mi fece distogliere lo sguardo da lui.
Sentii i suoi occhi spostarsi dalla strada su di me, e perciò risposi:
"Certo che lo so, perché me lo dici?"
Con la coda dell'occhio lo vidi sorridere.
"Perché so che tieni tutto dentro e non dici mai niente. Ma l'amore è una cosa che devi gridare al mondo intero."
Lo guardai di nuovo.
"Chi lo dice?"
"Non lo so. So solo che, se amassi qualcuno, lo direi davvero a tutti. Mi farebbe sentire meglio. L'amore non si può nascondere."
E dopo quell'ultima frase, il discorso si chiuse da solo, perché io non sapevo che dire e Rodrigo pareva aver detto abbastanza.
Arrivammo davanti alla mia via. Rodrigo fermò l'auto.
"Ho detto a mia mamma che sarei uscita con un ragazzo. - dissi - Lei voleva conoscerlo."
"E tu?" mi incalzò Rodrigo.
"Gli ho detto che saremmo usciti da amici..."
Lui mi guardò. Pendeva dalle mie labbra ormai.
"... ma non è affatto vero." conclusi.
Lo guardai anche io, i nostri sguardi erano incatenati l'uno nell'altro e vedevo i suoi occhi sorridere.
Mi sembrava talmente surreale, ma lo fu di più quando io, di mia spontanea volontà, mi sporsi verso il suo sedile e lo baciai.
Senza preavviso, senza motivo, solo perché ne avevo voglia. Trovai Rodrigo un po' sorpreso e spiazzato ma dedussi, dal modo in cui ricambiò, che anche lui voleva quel bacio da tempo.
Era una sensazione che non avevo mai provato prima, il mio stomaco era in subbuglio eppure era piacevole.
Le mie labbra si staccarono dalle sue solo quando nessuno dei due ebbe più fiato.
Ci guardammo ancora intensamente negli occhi, mentre nella mia mente prese forma un pensiero che temevo: la domanda 'perchè lo hai fatto?' da parte di Rodrigo.
Era l'unica cosa che un normale ragazzo avrebbe chiesto in una circostanza simile, eppure l'uruguaiano riuscì a dire:
"Un bacio al primo appuntamento, eh?"
Il suo sogghigno mi fece sorridere e scuotere il capo.
"Mio Dio. Sta' zitto." gli dissi, mentre slacciai la cintura di sicurezza e aprii lo sportello.
Scesi e, prima di richiudere, lo guardai di nuovo.
"Grazie." dissi.
Era probabilmente la cosa più sbagliata che potessi dire in un momento del genere, ma a Rodrigo sembrò non interessare.
"Be', grazie a te." rispose, con un sorrisetto.
Sorrisi anche io e richiusi lo sportello, quindi entrai nella via per raggiungere il cancello di casa con ancora quella sensazione nello stomaco e innumerevoli pensieri nella testa.

Eccomi qui.
Non so che raccontarvi, quindi vi saluto e spero vi piaccia il capitolo 🥰💕
Vi annuncio che ho pubblicato una nuova storia, che potete trovare il suo mio profilo. 😉

𝐆𝐔𝐄𝐑𝐑𝐈𝐄𝐑𝐎 || Rodrigo Bentancur Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora