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you were like home to me

I dont recognize this street

So che timporta, Ed.

Cammino per le strade di Londra, ma non paiono mai le stesse. Le persone mi confondono, marcio a testa bassa, le cuffie nelle orecchie e la sciarpa che mi nasconde dal mondo esterno, quello stesso mondo che mi attacca, che mi ferisce come l’aria gelida che arrossa il mio viso. Ti cerco, nelle strade gremite, ma non ci sei.

Una ragazza mi viene addosso, mi guarda per un istante mentre le sue labbra si muovono rapide. Probabilmente mi ha domandato scusa, ma non le do importanza. Sorrido fingendo di aver compreso e riprendo a camminare. Non so perché sia uscita di casa, non so dove i miei piedi mi stiano portando, tutto attorno a me muta, cambia di forma. Londra è una giungla, un’attrice. Ogni giorno interpreta una parte dissimile. Londra ha mille e più sfumature, mi stordisce come se urlasse. Che sia arrabbiata, triste o - in rari momenti - felice, Londra non è mai la stessa.

Londra è una grande stronza, in realtà. Ci ho litigato e non siamo mai riuscite a fare pace.

C’era stato un tempo in cui amavo perdermi nelle sue strade, guardarmi attorno e meravigliarmi di quanta diversità potesse essere contenuta in una singola città. Londra è multietnica, è rumorosa, è stressata e stanca, ma una volta era riuscita a diventare una casa. C’era stato un tempo in cui tornavo in un piccolo appartamento troppo affollato. C’era stato un tempo dove avevo mangiato fajitas e nachos per una settimana di fila. C’era stato un tempo dove avevo dormito su un divano intriso di fumo. E c’era stato un tempo in cui tutto quello era l’unica cosa che desiderassi, perché ero con te.

So che timporta, Ed.

Ricordi quei momenti in cui non avevamo nulla, ma ci bastavamo l’un l’altra?

Ricordi di quelle sere passate sul divano a guardare film idioti, di quelle volte in cui ti guardavo bruciare una pizza surgelata, di quelle notti in cui cantavi piano per farmi addormentare?

Ricordi il nostro amore, Ed?

O l’hai dimenticato, cancellato dalle tue dita che sfioravano la mia pelle, dalle tue labbra che baciavano le mie, dalle tue braccia che stringevano il mio corpo. Eppure i segni di quella nostra vicinanza, di quell’attenzione che avevamo rivolto l’uno all’altra sono ancora visibili sul tuo corpo, indelebili e imperituri. Nessuno lo sa, nessuno vuole scavare a fondo; ma io sì, non posso scordare ciò che è stato e ciò che avrei desiderato durasse in eterno.

Ho le mie colpe, ne sono conscia. Non posso odiarti, risulterei ipocrita ai miei stessi occhi. Non ho pianto per te. Lo sai che non sono il tipo, non sono fatta per queste cose.

Siamo annegati in una passione nuova, sconosciuta ad entrambi. Abbiamo avuto paura di smettere di respirare? Abbiamo sentito il dovere di tornare a galla e riempirci i polmoni di realtà, smetterla di vivere quel sogno ad occhi aperti?

È per questo che te ne sei andato? È per questo che ti ho lasciato andare?

Hai posto un punto alla fine della frase, hai dato una conclusione alla nostra storia lasciandomi con l’amaro in bocca. Ancora adesso schiocco la lingua, quando ripenso alla nostra ultima conversazione.

«Che facciamo, ora? Ci salutiamo, ci diamo un altro abbraccio e fingiamo di non conoscerci? Sai che non è possibile, lo sai Ed.»

«Nina…»

I Know You CareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora