Capitolo 16 ~ Arden, Allison

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{Arden}
Erano da poco passate le dieci quando mi alzai dal tavolo della colazione. Per fortuna ero rimasto solo, così potei prendere qualcosa da mangiare per Emily e sgattaiolare nelle segrete senza essere visto.
Percorsi il corridoio più velocemente che potei e raggiunsi la cella di Emily, dove la ragazza era seduta sul letto sfatto. Probabilmente si era appena svegliata.
Mi schiarii la voce e feci un sorriso: -Buongiorno. -dissi. Lei alzò lo sguardo e mi vide. Quando sorrise sentii la temperatura corporea salire di qualche grado.
-Buongiorno. -mi ricambiò.
Presi le chiavi, aprii la cella ed entrai, accostando la porta.
-Vi ho portato la colazione, mademoiselle. -dissi facendo un inchino.
-Arden, non dovresti rischiare così tanto per me. -mi rimproverò mentre mi sedevo accanto a lei. -Potrebbe accaderti qualcosa.
-Non preoccuparti. -la rassicurai. Poi le diedi il croissant che avevo portato e il bicchiere con il latte caldo.
Mentre Emily mangiava, le dissi che avevo visto sua sorella quella notte, che le avevo parlato e che lei e gli altri stavano cercando un modo per riportare Adrian in vita.
Emily ascoltò il mio discorso e intanto finì la sua colazione.
-Mi dispiace, non riesco a portare altro. -dissi guardando altrove. Lei mi strinse il braccio: -Va tutto bene. È già molto il fatto che tu mi dia il cibo sufficiente a farmi passare la fame ai tre pasti della giornata. -mi fece voltare verso di lei. -E per questo non so come ringraziarti.
Eravamo talmente vicini che non so come feci a trattenermi dal baciarla. Sentivo il suo respiro sulle labbra e i suoi occhi marroni sembravano leggere dentro di me.
-Emily. Ho trovato un modo per liberarti da questa cella. -rivelai.
Lei inclinò la testa: -Che modo?
-Orfeo tiene nelle segrete chi non vuole passare dalla sua parte, perciò... -abbassai il tono della voce per evitare orecchie indiscrete. -Ti basterà fingere di essere sua alleata e lui ti assegnerà una camera. Fa così con tutti i semidei che accettano di collaborare.
Emily abbassò lo sguardo: -Tu sei dalla sua parte? -chiese in un sussurro.
-Mi prendi per scemo? -le chiesi. -Non potrei mai!
La ragazza ridacchiò.
-Faccio solo finta. -spiegai. -Adam e io abbiamo deciso di rimanere qui per Allison.
-Credo che abbiate fatto la cosa giusta.
-Lo credi davvero? -domandai con la felicità alle stelle. Quando Emily si trovava d'accordo con me diventavo il ragazzo più felice del mondo.
Emily annuì: -Significa che per voi Allison è importante.
Aveva ragione: in quei pochi mesi, Allison era diventata la mia sorellina preferita. Cercavo sempre di evitare che intraprendesse un'impresa omicida com'erano quelle che Orfeo assegnava ai suoi soldati e Adam mi aiutava. Avevamo fatto capire ad Orfeo che Allison sarebbe stata di grande aiuto nel progettare gli attacchi e i piani da mettere in atto. Perciò Orfeo non la mandava mai in missioni speciali sapendo che gli sarebbe tornata utile.
-Arden! -chiamò la voce di Adam. Sembrava nel panico.
Mi alzai in fretta dal letto di Emily: -Che succede? -risposi.
Mio fratello arrivò davanti alla cella con il fiato grosso per la corsa: -È Allison. Ha scoperto che il corpo di Adrian non c'è più.
Dissi qualcosa (che non ripeterò) in latino, poi guardai Emily: -Devo andare, ma pensa a ciò che ti ho detto, va bene?
Emily annuì, poi uscii dalla cella, la chiusi a chiave e seguii Adam.
-Allora... la prigioniera, eh? -fece lui con quello che doveva essere un tono furbo.
-Ah! Sta zitto! -risposi sentendomi arrossire.

{Allison}
Ero inginocchiata sul pavimento freddo davanti al letto vuoto. Le lacrime mi bagnavano senza sosta le guance.
Adrian non c'era più... la mia unica consolazione in quel maledetto posto se n'era andata. Forse per sempre.
-Una vera disgrazia. -commentò Orfeo, ma dal tono che usò capii che non lo pensava per davvero. Non aspettava altro. Per lui, Adrian era solo un peso da togliere di mezzo per pensare solo a conquistare l'Olimpo.
Mi alzai in piedi e mi voltai verso quell'essere immortale che voleva essere chiamato "padrone".
-Tu lo volevi sin dall'inizio. -dissi. -Odiavi Adrian perché io lo amavo. Era solo un ostacolo per te. Quindi smettila di fingere e dimmi dove lo hai portato.
-Non so di cosa tu stia parlando. -fece Orfeo con espressione impassibile. Faceva il finto tonto. Che idiota.
-Avevi promesso che lo avresti riportato in vita se mi fossi schierata dalla tua parte. -allargai le braccia. -Io sono qui. Sono la tua piccola servitrice affezionata. Ma tu non hai mantenuto la promessa. E ora dimmi dove lo hai portato. So che sei stato tu.
-E cosa te lo fa pensare?
A quel punto non ce la feci più e urlai: -Pensi solo a te stesso! Gli dei non ti hanno restituito Euridice e sai una cosa? Avevano perfettamente ragione!
Orfeo fu così veloce che non ebbi tempo di difendermi: mi bloccò al muro e mi puntò la spada alla gola. I suoi occhi erano diventati di un rosso simile al colore del sangue.
-Io non ho giurato sullo Stige di riportare in vita il figlio di Zeus, mezzosangue. La mia promessa non era vincolante. -disse e sentii qualcosa di caldo colare sul collo dal punto in cui la lama della spada era a contatto con la mia pelle.
-Sei un...
-Un cosa? Dillo se hai il coraggio.
Spinse la lama più a fondo e mi mancò il respiro. Tentai di parlare, ma non ci riuscii.
-Non sai cosa dire, eh? -urlò Orfeo. -Semidea impertinente. Avrei dovuto rinchiuderti in una cella e lasciarti marcire...
Prima che terminasse la frase, qualcuno lo tirò indietro, liberandomi. Caddi in ginocchio e cercai di respirare in modo normale mentre mi portavo una mano al collo. Mi guardai le dita: erano sporche di sangue.
Alzai lo sguardo e vidi Arden e Adam in piedi davanti ad Orfeo. Avevano le spade sguainate.
-Giù le mani da nostra sorella. -disse Arden in un tono autoritario che non gli avevo mai sentito. O almeno, che non aveva mai usato con me.
-Ma chi la vuole toccare. -ribatté Orfeo con disprezzo.
-Mi stavi per strozzare! -ebbi la forza di dire.
-E non l'ho fatto. -fece lui. Poi rinfoderò la spada e, con un ghigno in viso, disse: -Non voglio perdere altro tempo con voi, mortali. Perciò andate a fare il vostro dovere.
E uscì dalla stanza.
Subito i gemelli si avvicinarono a me.
-Ally, tutto bene? -chiese Adam.
-Sì. -risposi con voce tremante. -Almeno credo.
-Andiamo nella tua stanza. Così posso curarti quella ferita. -disse lui porgendomi una mano per aiutarmi a mettermi in piedi.
Prima di uscire lanciai un'ultima occhiata al letto vuoto, come se il corpo di Adrian avesse potuto ricomparire magicamente. Cosa che non successe.
Sospirai e seguii i gemelli fuori dalla stanza e lungo il corridoio.

Mentre Adam mi puliva il sangue colato, io mangiai un pezzo di ambrosia. Come sempre aveva il gusto del tiramisù, il mio dolce preferito. Quel giorno, però, non mi fece sentire molto meglio. Certo, la piccola ferita sul collo guarì, ma il gusto del tiramisù mi fece provare nostalgia di casa per la prima volta dopo sei mesi. Pensai al ranch, a mia madre, a mia sorella... chissà cosa stavano facendo. Sicuramente mamma si occupava di Adrianne e lavorava al ranch insieme ai nonni. Mi si strinse il cuore al pensiero.
-Finito. -disse Adam riponendo il fazzoletto di stoffa che aveva usato per pulirmi il sangue secco. Poi sembrò notare il mio stato d'animo e mi chiese: -Stai bene?
-Io... sì. Stavo solo pensando. -risposi cercando di sorridere.
Adam lanciò un'occhiata ad Arden. Sembrarono capire cosa provavo in quel momento.
-Ally, sappiamo cosa si prova. -disse Arden dolcemente. -Anche noi abbiamo nostalgia di casa. E di nostro padre.
-Padre? -chiesi confusa. Non mi avevano mai parlato del lato mortale della loro famiglia.
-Esatto. -Arden sorrise. -È una storia lunga.
-Ma la raccontereste? -domandai. Mi sentivo una bambina, ma adoravo ascoltare storie.
I gemelli accettarono subito e iniziarono a raccontare finché non crollai, vinta dalla stanchezza provocata dalla tensione.

Mi trovavo nella cucina di casa mia, in California. La luce era accesa e fuori pioveva.
La mamma era seduta al tavolo con una tazza di tè fumante davanti. Apollo le stava di fronte, ma, nonostante avesse l'aspetto di un diciottenne, sembrava dimostrare la sua vera età.
-Funzionerà? -domandò mia madre con voce tremante.
-Sì. -rispose mio padre, poi allungò il braccio per prenderle una mano. -Alexandra, sono dei ragazzi in gamba. Will me l'ha assicurato e io mi fido della sua parola.
-Non lo so, Apollo. Io... è da mesi che... -balbettò la mamma. Il dio la guardò e le strinse la mano.
-Non preoccuparti. -la rassicurò. -Allison tornerà.
Appena pronunciò il mio nome mi sentii in colpa. Vedere mia madre in quello stato non era esattamente ciò a cui avrei voluto assistere.
Vedendo che non alzava lo sguardo, mio padre si mise accanto a lei e l'abbracciò: -Andrà tutto bene, amore mio. -disse. -Lo giuro sullo Stige.

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