La tua immagine è confusa nella mia mente. I nostri momenti, il tuo viso, i tuoi lineamenti, il tuo sorriso, tutto è sbiadito. Mi sorridi, mi prendi le mani. Corriamo verso quella casa. Quella casa dove mi portavi tutte le estati che passavamo insieme, che fine ha fatto? Me la ricordo troppo bene. Ho paura. Non voglio ricordare. Non voglio, ma è inutile. Lei farà di tutto per farmi ricordare.
Sono paralizzata. Voglio piangere, ma non ci riesco. Voglio muovermi, ma non ci riesco. Sento una presenza strana su di me. Forse sei tu, forse è il tuo spirito che sta cercando di vendicarsi su di me. Ti capisco. Ma tanto, per quanto mi farai soffrire anche questa notte, tu non vincerai. Tanto non vinci mai. Vinco sempre io. Vero? Forse è per questo che Lei mi odia così tanto e mi punisce tutti i giorni. Perchè non importa cosa faccia, alla fine della giornata sono sempre io a vincere.
Ho avuto dieci secondi per pensare. Adesso Lei mi riporta ai nostri momenti. Ripetiamo la scena: mi sorridi, mi afferri le mani. Questa volta aggiunge un piccolo particolare: le mie mani gracili che scivolano nei tuoi ricci scuri. Che bastarda che è. Ripete la scena altre volte, ho provato a contarle ma non ce l'ho fatta. Forse più di dieci volte me l'ha mostrata. Finalmente passiamo alla scena successiva: tu, sempre sorridente, che mi porti sul parquet della tua casa nel bosco. Mi baci, mi accarezzi, mi sorridi, ti volti, apri la porta consumata dal tempo che scorre, entriamo. Ti volti di nuovo, mi baci, mi afferri con prepotenza. Sono felice, ma è in questo preciso momento nel quale le nostre lingue si esplorano che mi vengono in mente. Cosa? I ricordi. Tutte le volte che mi hai fatto soffrire, penare..ti odio. Però voglio che continui a baciarmi, giusto perchè sono masochista e amo soffrire. Forse amo no, però mi piace. La presa delle mie mani intorno al tuo viso diventa sempre più prepotente, come i ricordi che si affollano l'uno sull'altro non lasciandomi il tempo di...riflettere. Ti odio. Ti stacchi da me, inizi ad urlarmi contro. Sono una stronza. Hai ragione. Ti ho fatto male, ti ho lasciato il segno delle mie cinque dita sul viso. E io cosa dovrei dire che tu mi hai lasciato il segno di mille coltellate?
Mi tiri per i capelli, mi fai chinare, mi urli nell'orecchio che sono una poco di buono. Mi getti sul pavimento, senza domandarti neanche una volta se stessi facendo del male alla persona che tanto proclami di amare. Io ti amo e tu? Mi afferri e mi prendi di nuovo tra le tue braccia prepotentemente. Mi sbatti violentemente contro tutte le pareti che ci siano intorno e io emetto versi doloranti e piacevoli che a te piacciono tanto. Mi mordi il labbro inferiore così fortemente che sanguina. Il sapore del labbro spaccato e del sangue mi piace. A te fa impazzire. Mentre mi baci il collo guardo in avanti pensando che ti amo, tanto, troppo. Ma poco dopo Lei torna e mi riempie di dubbi. Mi dice che tu non mi ami veramente, che sei violento, che non mi rispetti. Cerco di non ascoltarla, ma è più forte di me, è nascosta nelle piccole parti di me. Così ti allontano da me, tu mi guardi col tuo sguardo rabbioso. Questa volta mi afferri per il collo e mi sbatti contro il muro, io alzo i piedi da terra e per poco non soffoco. Il mio istinto di sopravvivenza mi dice che devo reagire altrimenti ci rimetto le penne, ma a te non è mai piaciuto quando reagisco. Dici che sono una bambina cattiva quando lo faccio. Ma il respiro mi manca troppo, non ho i pensieri lucidi. Afferro la prima cosa che mi capita a tiro, un vaso di vetro posizionato sul comò accanto a noi. Amore mio, questa volta hai sbagliato luogo. Dopo due secondi sento il rumore del vetro andare in frantumi, tu molli la presa, io cado sul pavimento tossendo. La botta che hai preso è pesante, resti a terra sanguinante, dato che ti sono entrati alcuni pezzettini di vetro nel collo. Io mi alzo, mi pulisco il sangue con la mano, dopodiché passo la mia lingua viscida e bollente su quello rimanente sulle mie labbra. Mi avvicino a te, con passo lento, ma non ci vuole molto a raggiungerti: sei giusto qualche metro lontano da me. Mi poggio sul tuo petto a cavalcioni, in modo sensuale, come piace a te. Ti guardo, tu mi sorridi. Io ti sorrido. Ma non è il tuo solito sorriso: mi stai implorando. Amore, per cosa? Giuro che non ti faccio niente. E mentre te lo dico, e penso che ti amo, ti colpisco il viso ripetutamente con i pezzi di vetro che ho in mano. Sanguini ancora di più, urli. Io nel frattempo penso a quanto ti amo, e ripenso ai nostri momenti belli e brutti. Soprattutto a quelli brutti, però.
Mi fa male la testa. Smettila di tenermi sveglia la notte. Questo soffitto è troppo bianco per essere fissato tutte le notti. Ti odio. E non ripetermi la scena altre diecimila volte, che mi arrabbio. Poi combattiamo. E lo sai che sarà una guerra senza fine tra me e Te.