Capitolo 5

876 45 19
                                    

Quella sera rimasi a parlare con lui di svariati argomenti, qualsiasi cosa ci passasse per la testa. Alle 3 di notte circa si mise a preparare del ramen istantaneo mentre continuava a parlare, io rimasi sul divano ascoltandolo attivamente.
Era fresco fuori e la luna splendeva in tutta la sua bellezza, le stelle erano ben visibili nonostante le luci della città.
"Non è che non andavamo d'accordo... è che..."
Sospirò continuando poi a parlare mentre riscaldava l'acqua.
Sembrava più rilassato nel parlare di questo argomento ancora un po' terrificante. Per lo meno i suoi muscoli apparivano più rilassati di quanto fossero prima.
Ci eravamo raccontati varie avventure che avevamo avuto assieme ad Obito. Spesso mi scendeva qualche lacrima, era inevitabile, ma era comunque bello ricordarlo sorridente e spensierato.
"... ogni cosa era buona per litigare. Non nego che io mi sentivo superiore a lui... "
Abbassò il tono della voce imbarazzato dalla frase che aveva appena pronunciato. Io non facevo altro che ascoltarlo, il sol fatto che me ne stesse parlando era importante.
La promessa dei ninja che era anche fragile, un mix di caratteristiche che su di lui calzavano a pennello.
"... credevo di essere più abile e pensavo fosse meglio se facessi tutto da solo... ma lui la pensava diversamente, in tutto"
Dopo un po' di tempo ecco che rimase solo un'amara nostalgia.
Si smosse i capelli con la mano. Era stanco, comprensibile.
Tornò con il ramen, sorridente si sedette accanto a me facendomi spostare leggermente sul morbido tessuto del divano.
Lo guardai con un sorriso delicato prendendo il ramen dalle sue mani.
"Sono certa lui sapeva che gli volevi bene"
Ripensandoci il desiderio di ritirare ciò che avevo detto era fortissimo. Lui mi guardò per qualche istante per poi togliersi la mascherina nera per mangiare.
Voltai la testa verso di lui per vedere come aveva reagito alle mie parole, ed ecco che rimasi incantata.
Non lo avevo mai visto senza mascherina e in quel momento non ero preparata, rimasi a guardarlo con i noodles che pendevano dalla mia bocca, le guance traboccavano di spaghetti ma gli occhi continuavano ad ammirarlo.
Forse ero stata un po' ambigua.
Mi guardò anche lui con le bacchette che tenevano la pasta arricciata ancora calda. Alzò un sopracciglio non capendo il motivo del mio blocco.
Si accarezzò la guancia mentre io ripresi a mangiare cercando di apparire il più naturale possibile. L'esordio "aaah", in quel momento iniziai a pregare che non si fosse accorto esageratamente del mio stupore. Ma iniziò a ridere.
Sentire la sua risata e vedere il suo vero viso mentre rideva mi aveva fatto arrossire dal mento fin sopra le orecchie.
Accorgendosi che lo stavo nuovamente fissando senza battere ciglio, si avvicinò a me lentamente indicando poi il lato vicino la mia bocca.
"Sei sporca"
Mi passai un dito sul lato della bocca ridendo nervosa. Lui posò la scatola di ramen vuota sul tavolino basso in legno scuro posizionato davanti al divano.
Osservavo il mio dito pensando al suo viso, era delicato, la pelle chiara e soffice nonché irresistibile.
Si avvicinò a me prendendo il mio polso per poi leccare il mio indice tenendo gli occhi fissi su di me.
Le mie iridi saettavano dalla sua bocca ai suoi occhi facendomi agitare, temevo il mio cuore esplodesse.
Non poteva fare questo genere di cose senza avvisarmi.

La serata era stata stupenda ma alcuni momenti furono imbarazzanti e fin troppo ambigui, talmente tanto che sentivo il mio intero corpo cuocere. Ero felice, spensierata e persa tra le nuvole e tra i ricordi di questa serata.
Quel pomeriggio decisi di incontrarmi con Gai, lui sa molto più di quanto si possa immaginare.
Era meglio non assillare Rin in questo momento, avrei passato del tempo con lei a cena, e dopo volevo portarla a fare un giro. Magari si sarebbe svagata un po'.
"Ciao Gai! Sono veramente felice di vederti, sono state giornate... faticose ecco"
Lui con un grande sorriso si avvicinò a me con una rosa, sempre galante ed affettuoso.
Ridacchiai e presi la rosa per poi darla ad una signora che passava di lì.
Non ero sempre molto socievole con gli sconosciuti, cordiale ed educata ma mai oltre questi standard. Eppure le anziane signore riuscivano ad ammorbidirmi.
Gai riusciva a farmi sentire amata e desiderata, inverosimile ma vero.
Devo dire che Gai ha un grande cuore.
"Aisaka! Non mi arrenderò mai!"
Strinse il pugno con le lacrime che scendevano a fiumi. Mi passai una mano tra i capelli legandoli poi in una coda.
Inoltre era un buon amico. Presente, attento, gentile e determinato. Per non parlare delle sue innumerevoli qualità che non facevano altro che migliorare la sua presenza.
Facemmo un giro per Konoha per poi passare vicino la piazza.
"Come sta Rin?"
Sorridendo soffocai il mio dolore, rispondendo alzando le spalle.
Rin aveva perso un amico, nonché la persona che amava. Non potevo immaginare il suo dolore. Io avevo perso uno dei miei migliori amici ma lei lo amava, e questo sentimento è ben diverso.
Lui si grattò la testa pensieroso. Gli chiesi a sua volta come stava, fortunatamente Gai si abbatte difficilmente. Non è insensibile ma aveva un animo fin troppo forte da poter scalfire.
"Te piuttosto, come stai?"
Mi chiese sorridente cercava di avere un contatto visivo, ma da parte mia era impossibile. Se l'avessi fatto non avrei potuto mantenere la mia posizione.
Ci fermammo seduti su una panchina sotto un albero, rimasi in silenzio senza nemmeno accennare una risposta.
Ridendo però alzai lo sguardo al cielo cercando di trattenere le lacrime.
"Dai così mi fai piangere"
Mi passai le dita sotto gli occhi umidi. Cercavo di non pensare cose negative per non aumentare il desiderio di piangere. Non mi andava.
"Aisaka sono fiero che tu voglia aiutare gli altri sembrando intoccabile ma... a te chi ci pensa?"
Le sue parole non mi aiutavano. La gola era come bloccata e gli occhi pieni di lacrime.
Non potevo permettere di farmi sopraffare dal dolore, alcune persone hanno bisogno di qualcuno di forte nella loro vita, capace di rendere i brutti momenti più sopportabili. Qualcuno che inonda coraggio ed energia. E dovevo essere io.
Gai si alzò andando a prendere un gelato dandomi il tempo di calmarmi.
Aveva intuito che ero come un libro chiuso al momento.
Solitamente Obito avrebbe detto una delle sue solite frasi per incoraggiarmi, anche se non le seguivo mai mi faceva così bene anche solo pensare che lui era lì per me.
"Mi manchi così tanto..."
Mi chiusi a guscio trattenendo le lacrime nonostante iniziasse a fare male.
"Aisaka...?"
Alzai lo sguardo sentendo la voce di Komuro. Era davanti a me perplesso e preoccupato, anche se qualcosa era diverso, sembrava come se dentro di lui qualcosa si fosse rotto.
Si sedette vicino a me vedendo poi Gai tornare con due gelati, lo salutò debolmente per poi lasciare la testa poggiarsi allo schienale della panchina.
Era da un paio di giorni che non lo vedevo, non ci eravamo nemmeno cercati. Io, come lui, avevo bisogno di tempo da soli.
Nonostante tutto, ero contenta di vederlo, i suoi capelli sembravano più arricciati del solito.
Tendeva ad allisciarsi i capelli, io li preferivo ricci ma lui si vedeva più bello. Non insistevo, era innamorato dei suoi capelli.
Per quel poco tempo che parlammo non accennammo nemmeno all'accaduto, anche se sembrava inevitabile.
Decisi di andarmene lasciando quei due a parlare, Gai aveva sempre aiutato Komuro al meglio.
"Aisaka e il gelato?"
Non ci pensai neanche, non riuscivo a pensare all'idea di mangiare qualcosa.
"Komuro mangialo tu, io devo andare, mi ero dimenticata che avevo un impegno!"
Non mi voltai, non riuscivo più a sorridere.
Tornata a casa trovai mia madre che leggeva delle lettere seduta a terra vicino il tavolino.
Sembrava tranquilla, nessuna crisi nelle vicinanze, ne qualcosa di strano. Semplicemente lei.
"Ho saputo del tuo amico"
Rimasi in silenzio, togliendomi in seguito le scarpe. Era da qualche giorno che era successo, non glie ne avevo parlato perché ancora non ci riuscivo. Era inevitabile che lo avrebbe saputo.
Mia madre smise di smuovere la carta, sentì i suoi bracciali posarsi sul legno creando un rumore secco e fastidioso.
"Perchè non me ne hai parlato?"
Stavo andando verso le scale senza risponderle, non sapevo cosa dirle.
La sua voce non esprimeva nulla, forse voleva creare un contatto con me. Ma mi fidavo molto più delle mie sensazioni che di qualche pensiero fugace. E la mia pancia mi diceva che lei non cercava di avvicinarsi a me.
"Aisaka, un giorno me ne andrò. E quando succederà voglio sapere a chi ti rivolgerai."
Il suo tono era diventato incredibilmente freddo e rimproverante.
Sembrava volermi colpevolizzare nuovamente di chissà che cosa. Solamente lei sapeva cosa le passava per la testa.
Tornai indietro verso di lei pensando al peso di questa situazione.
"Dobbiamo parlare di questo tuo modo di ri-"
"Non dobbiamo parlare di nulla. Tu sai quello che hai fatto."
"Basta con questa storia! Ero una bambina."
Alzai il tono di voce. Stanca di sentirmi dire ogni volta tutto ciò di cui ero colpevole.
"Sei come tuo padre. Lui ti giustificava sempre! Anche quando era palese che eri nel torto."
Per lei era come se sbagliassi sempre io, come se lei fosse perfetta. Mi sedetti davanti di fronte alla donna che mi aveva creato, determinata a parlarele a mente aperta.
"Mio padre, anzi, papà ha sempre fatto di tutto per te. Quindi non provare a nominare i suoi errori visto che i tuoi sono incalcolabili. Ha dato la vita per te."
I suoi occhi erano infossati dalla stanchezza, le unghie graffiavano il tavolino e la mascella era serrata.
Mi rispose subito, come se non avesse nemmeno riflettuto.
"Tuo padre ha dato la vita per TE!"
Rimasi sorpresa dalla sua risposta, subito dopo continuò a parlare con gli occhi lucidi. Il tono di voce era diverso dal solito.
"Lui amava più te che me!"
Cominciò a piangere facendomi sentire in colpa, mio padre mi aveva sempre trasmesso tutto l'amore che provava per me, avvolgendomi e cullandomi.
Mi aveva insegnato tutto: l'educazione, l'uso del chakra e delle mie possibilità ben diverse dai soliti ninja. Mi aveva istruita e rimproverata. Era stato un ottimo genitore, che avrebbe potuto dare di più.
Mi amava come nessuno, ed io lo stesso.
I suoi capelli bianchi e gli occhi rosa me li ricordo molto bene. Ricordo il suo tocco e i suoi abbracci. Aveva braccia forti, possenti e un petto che esprimeva il suo grande cuore che mi aveva fatto sentire al sicuro.
"Ha dato la vita per una figlia che come lui portava dentro quella capacità maledetta! La stessa che lo ha ucciso!"
Il suo dolore urlava, non c'era più nessun freno inebitore che la teneva ancorata.
Aveva ragione, pensai, ma subito dopo mi tornò in mente un momento. Un momento tra me e mio padre prima che mi addormentassi che aveva contribuito alla mia formazione come persona e come amante dell'infinita realtà dell'amore.

The Copy And The Otom NinjaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora