A Claudia.
La leggera brezza autunnale sfiorava con innata delicatezza i petali bianchi di quel piccolo mazzo di rose poggiato sull’erba ben curata, a cui veniva dedicata una particolare attenzione durante qualunque stagione dell’anno; quello stesso vento, cortese e mai fastidioso, si insinuava tra quei capelli chiari, tra quelle onde rossastre che a tratti sbuffavano, per poi ricadere sulle spalle della ragazza, in uno strano gioco di semplice e costante movimento. Era una giornata calda, quella, in cui l’afa umida era stato a tratti mitigata da qualche benevola attenuante climatica, ma che portava con sé l’impronta di un’estate che forse era trascorsa troppo in fretta, piombando nuovamente nella monotonia di una vita che veniva scandita unicamente dalla scuola, e dalle scadenze degli esami – un’estate scivolata via, sulla pelle diafana della stessa ragazza il cui sguardo rimaneva incatenato alle parole incise sul marmo che aveva davanti, ancora incapace di realizzare il nome che quelle lettere formavano. Un anno e dodici giorni, questo era il tempo trascorso dalla prima volta che Lydia si era ritrovata in piedi, nell’esatto punto in cui lo era adesso, con le mani tremanti e gli occhi colmi di lacrime; un anno e dodici giorni in cui nessuno aveva dimenticato, ed in cui nessuno era stato in grado di darsi pace per ciò che era accaduto, per l’orribile spettacolo a cui tutti avevano assistito.. un anno e dodici giorni in cui era stata un’assenza, l’unico reale motivo per rimanere ancora tutti insieme, per essere ancora il branco dell’Alfa Originale che aveva visto morire tra le proprie braccia la sua Cacciatrice, la piccola Allison Argent.
Ogni giorno, ogni singola mattina, Lydia si era recata in quel cimitero alle porte di Beacon Hills, su una leggera collina ombreggiata dalle fronde degli alberi che erano stati impiantati ordinatamente lungo dei percorsi quasi obbligati da seguire per poter accedere alle varie zone di quel luogo di pace, e dolore; qualunque cosa accadesse, qualunque minaccia dovessero affrontare, qualunque folle serial killer minacciasse le loro vite, la ragazza aveva sempre trovato anche solo un paio di minuti per recarsi dalla sua migliore amica. Le aveva portato un fiore al giorno, una sola rosa bianca che aveva poggiato alla base della lapide, sotto le parole ‘nous protégeons ceux qui ne peuvent pas se protéger eux-mêmes’ che erano state incise appena dopo la data di nascita – quella di morte non era stata scolpita, come se fosse sufficiente per non doverle dire addio – ed era rimasta quel poco che bastava per chiedersi perché fosse successa una cosa del genere, perché così in fretta, e perché nessuno fosse stato in grado di salvarla, nello stesso modo in cui lei aveva salvato gli altri. I sensi di colpa avevano privato la ragazza dai capelli rossi del sonno, trascinandola in uno stato psicologico instabile, che non le permetteva ormai neanche più di carpire le voci che le affollavano la mente; le sue capacità di banshee erano andate affievolendosi nel tempo, e questo aveva avuto una violenta ricaduta soprattutto sugli ultimi avvenimenti, impedendole di essere davvero d’aiuto come avrebbe desiderato, e vedendo quei nomi sul deathpool venir spuntati troppo in fretta. La notte in cui Allison era morta, quelle voci erano esplose, in un potente boato che l’aveva travolta quasi come un’onda, al punto tale da sentire nella propria mente le esatte parole “Sta bene? Lydia è al sicuro?”, che poi avrebbe scoperto aver sussurrato la ragazza a Scott, appena prima di spirare; dopo quel momento di puro dolore, in cui le voci delle banshee avevano cantato quello che Lydia aveva interpretato come un requiem, tutto era diventato vibrante, e confuso. Come un fischio nel silenzio, le sue abilità si erano ridotte ad un fastidioso disturbo, a dei rumori di sottofondo non bene interpretabili: era come se non potesse esserci più nulla, dopo quella notte, come se senza Allison, Lydia fosse tornata ad essere solo un’umana. L’aveva sognata quasi ogni notte, al punto tale da domandarsi se questo non fosse il modo che l’altra avesse per non farla sentire sola, ma aveva abbandonato quella sciocca idea in fretta, imponendosi di lasciarla andare, così come tutti sembravano essere già stati in grado di fare.
“ Vado via, Allison. ”
Sussurrò d’improvviso, interrompendo la quiete che regnava,;si spostò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio, inumidendosi le labbra.
“ Non.. non riesco ad andare avanti, è come se questo posto mi tenesse incatenata al dolore, ed io non riesco più a darmi pace. ” Sospirò, abbassando lo sguardo. “ Lo so che se tu fossi qui mi diresti di non lasciare Scott e Stiles, ma quello non è più il mio branco, e per quanto io voglia proteggerli, mi rendo conto che hanno tutti trovato la propria àncora, mentre io vago ancora in cerca di un posto a cui appartenere. ” Sentì gli occhi pizzicarle, ma ricacciò indietro le lacrime, imponendosi di essere forte, di non abbandonarsi nuovamente a ricordi troppo dolorosi. “ Diresti anche che ho solo bisogno di credere in me stessa, non è vero? ” Si lasciò sfuggire un breve sorriso che increspò le labbra pallide in un amaro sorriso. “ ..ma tu non sei qui, Allison, e questa non è più casa mia. ”
Si chinò, facendo scorrere l’indice della mano destra sulle due frecce incrociate che erano state incise al posto della foto, e per un istante la rivide tendere quell’arco, e scoccare le sue frecce con la strana ed impeccabile precisione di una Argent.
“ Mia madre ha trovato un impiego in un liceo di New Orleans, ed entrambe pensiamo che questo potrebbe essere il modo migliore per ricominciare, per andare avanti, per.. dimenticare, forse. ” Si schiarì la gola, incrociando le braccia al petto, stringendosi quasi nelle spalle. “ Questo vuol dire che non potrò più venirti a trovare, ma sono sicura che ci penserà Scott.. o almeno spero. ” Aggiunse poco dopo, cercando di mascherare il disappunto che non poteva fare a meno di provare. “ Stanno tutti bene, adesso, ed anche se Beacon Hills continua ad essere infestata da creature sempre più strane, stanno riuscendo a cavarsela, ed è ammirevole. Per me, però, tutto questo è troppo. Ho bisogno di una vita normale, ho bisogno di allontanarmi dai lupi, dalle volpi, dai coyote e dallo zoo che la nostra scuola sta diventando perché, senza offesa, ma a me gli animali non sono mai piaciuti – fatta eccezione per Prada, ma dubito che tenterebbe di sbranarmi durante una notte di luna piena. ” Arricciò teneramente il naso, pensando al suo adorabile cagnolino che avrebbe portato con sé; sospirò, subito dopo, tornando seria.
“ Ti porterò sempre con me, piccola e coraggiosa cacciatrice – ti prometto che tornerò qui, e spero magari non con questo enorme peso sul cuore. ” Indietreggiò di un passo, guardandosi intorno con aria malinconica, cogliendo ogni dettaglio di quel paesaggio, che era certa non avrebbe rivisto, o almeno non per un po’. “ Veglia su di me, Allison, ne ho bisogno. ” Mormorò infine, voltandosi ed incamminandosi con passo rapido verso i cancelli che segnavano l’ingresso del cimitero; una lacrima le rigava il volto, e bruciava quasi come fuoco, mentre quel saluto pesava su di lei come un macigno.. era l’unico addio che avesse mai dato all’amica, e questo non se lo sarebbe mai perdonata.
Sarebbe partita la notte stessa, senza comunicarlo a nessuno; semplicemente lei e sua madre si sarebbero lasciate quella cittadina alle spalle, con un paio di valigie, per ricominciare in un luogo che fosse abbastanza lontano da proteggerle entrambe. Forse una vita normale sarebbe stata sufficiente per convincersi di non essere speciali, di non essere qualcosa.
Lydia scappava da se stessa, dai suoi fallimenti e dai fantasmi che infestavano la sua mente, e per quanto sapesse che non sarebbe stata la distanza ad annientare i suoi demoni, questo le sembrava l’unico modo per lasciarsi alle spalle il dono che le aveva strappato via l’unico genere di felicità che era stata in grado di provare in vita sua.