CAPITOLO 16 "Laurence l'ozioso"

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Laurie era andato in vacanza a Nizza con l'intenzione di restarvi una settimana, e vi rimase un mese. Era stufo di girare l'Europa da solo, e la familiare presenza di Amy sembrava dare l'attrattiva della patria all' ambiente straniero che lo circondava. Sentiva un po' la mancanza di tutte le affettuose attenzioni cui era stato abituato, e gli sembrava ora di rigustarne il sapore, poiché nessuna attenzione da parte di estranei, per quanto lusinghiera, valeva la metà della fraterna adorazione delle quattro ragazze a casa. Amy non lo aveva mai coccolato come le altre, ma ora era molto contenta di vederlo e si era attaccata a lui, sentendo che era come una parte della cara famiglia, della quale sentiva molta più nostalgia di quanto non confessasse. Quindi erano di conforto l'un per l'altro, e passavano insieme la maggior parte del tempo, cavalcando, passeggiando, ballando o gironzolando, poiché nessuno, a Nizza, ha molto da fare durante la stagione. Ma, mentre apparentemente sembravano divertirsi nel modo più spensierato, capivano che imparavano a conoscersi e che stavano "scoprendosi" a vicenda. Amy guadagnava ogni giorno nella stima dell'amico, mentre questi invece perdeva nella sua, cosa che entrambi intuivano senza parlare. Amy cercava di piacere e ci riusciva, poiché gli era grata per gli svaghi che le procurava, e lo ripagava con i piccoli favori ai quali le donne sanno dare un fascino indescrivibile. Laurie non faceva sforzi di nessun genere, ma si lasciava portare dalla corrente, cercando di dimenticare e sentendo che ogni donna gli doveva una parola gentile perché una di loro era stata crudele con lui. L'essere generoso non gli costava alcun sacrificio; e avrebbe dato a Amy tutti i gingilli di Nizza, se lei li avesse accettati. Ma al tempo stesso sentiva che ciò non avrebbe cambiato l'opinione che lei si andava facendo sul suo conto, e quasi temeva i penetranti occhi azzurri che sembravano scrutarlo con un'espressione per metà rattristata e per metà sdegnosa. «Tutti gli altri sono andati a passare la giornata a Monaco; io ho preferito restare a casa a scrivere delle lettere. Ora ho finito, e vado a disegnare a Valrosa. Vieni anche tu?», chiese un giorno Amy, raggiungendo Laurie che era venuto come di solito, verso mezzogiorno. «Se vuoi. Ma non fa piuttosto caldo per una passeggiata così lunga?», rispose pigro, poiché l'ombroso salon era insolitamente allettante rispetto al riverbero accecante di fuori. «Prenderò la carrozza. La può guidare Baptiste; tu non avrai che da reggere l'ombrello e mantenerti immacolati i guanti», ritorse Amy, con un'occhiata ironica ai guanti di capretto che erano una

«E allora vengo, con piacere», e Laurie tese la mano per prenderle l'album degli schizzi. Ma lei se lo pose sotto al braccio con un tagliente: «Non incomodarti. A me non pesa, mentre tu hai l'aria di non poterlo sopportare». Laurie inarcò le sopracciglia e la seguì senza fretta, mentre lei faceva le scale di corsa. Ma quando furono in carrozza, le redini le prese lui e al piccolo Baptiste non restò che incrociare le braccia e addormentarsi sul suo seggiolino. Amy e Laurie non litigavano mai. Amy era troppo bene educata, e in quel periodo Laurie era troppo pigro per farlo. Così dopo un istante egli sbirciò da sotto l'ampia tesa del suo cappello con aria interrogativa, lei rispose con un sorriso, e la piccola nube si dileguò all'istante. Fu una bella passeggiata lungo le strade tortuose, ricche di angoli pittoreschi, delizia per gli occhi amanti del bello. Qui un antico convento da dove arrivava fino a loro il canto solenne dei monaci. Là, un pastore a gambe nude, zoccoli di legno, cappello a punta e una rozza giacca buttata sulle spalle, suonava il flauto, seduto su uno scoglio, e intorno a lui le capre saltellavano sulle rocce o stavano adagiate ai suoi piedi. Timidi asinelli, dal muso bigio, carichi di panieri pieni d'erba appena falciata, passavano vicino a loro con una graziosa ragazza seduta fra i mucchi verdi, o una vecchia con una conocchia, intenta a filare. Monelli bruni, dagli occhi dolci, correvano fuori dai tuguri di pietra per offrire mazzolini di fiori o tralci carichi di arance. Contorti alberi di ulivo coprivano la collina del loro fogliame cupo; negli orti alberi carichi di frutti dorati, e grandi anemoni scarlatti correvano lungo il ciglio della strada; al di là di grigi pendii e alture scoscese, le Alpi impervie e candide si profilavano contro l'azzurro cielo italiano. Valrosa ben si meritava il suo nome, poiché in quel clima sempre estivo le rose fiorivano dovunque. Pendevano dalle arcate, si affacciavano fra le sbarre del grande cancello come a salutare i passanti, facevano siepe lungo il viale, correndo lungo gli alberi di limoni e le palme frangiate, fino alla villa sulla collina. Ogni angolino ombroso, dove dei sedili invitavano al riposo e alla sosta, era come un enorme mazzo di fiori; ogni fresca grotta aveva la sua ninfa di marmo che sorrideva attraverso un velo di fiori; e in ogni fontana si specchiavano rose bianche, rosse o rosa, chine a sorridere alla loro propria bellezza. Rose ammantavano i muri della casa, drappeggiavano i cornicioni, s'arrampicavano sui colonnati, precipitavano in cascate dalla balaustra dell'ampio terrazzo, da dove il visitatore si affaccia alla vista del Mediterraneo scintillante di sole, e della città tutta bianca ai suoi piedi.

PICCOLE DONNE CRESCONODove le storie prendono vita. Scoprilo ora