Capitolo 23 ~ Adrian

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-Adrian, andiamo di qua! -urlò Allison per farsi sentire sopra il rumore della pioggia incessante.
-Perché? -le chiesi allo stesso modo.
-So dove siamo. -rispose. Indicò verso sinistra: -Da quella parte si arriva a casa mia.
La guardai, poi lanciai un'occhiata alla strada opposta a quella che indicava. Eravamo sbucati in quel punto dal bosco e ci eravamo riparati sotto una tettoia di una casa abbandonata per riprendere fiato.
-Sei sicura? -domandai tornando a guardare Allison, che annuì e disse: -Sono passata di qui tante volte con mia madre. È la strada per andare a San Francisco.
Non l'avevo mai vista così decisa, così dissi: -Va bene. Fammi strada.
Ci incamminammo nella direzione indicata da Allison.
-Non puoi fare qualcosa per questa pioggia? -chiese lei dopo un po'.
-No. Neppure se fossi un dio potrei farlo. È regno di mio padre, perciò fuori dalla mia portata. -risposi. -E poi ora credo che i miei poteri siano simili a quelli di Jason.
-Quindi sei un semidio?
-Sì, una specie.
Per strada non passava nessuna macchina. Alquanto strano.
Anche Allison si era accorta di quella stranezza e si guardava intorno con circospezione.
-Dobbiamo correre. -disse.
-Te la senti? -le chiesi. Non ero sicuro che stesse molto bene: era pallida in viso e tremava, come se avesse avuto la febbre.
-Sì. Sono solo un po' stanca. -rispose. -Ora andiamo.
Cominciammo a correre di nuovo, ma non eravamo molto in forma, perciò decidemmo di camminare. Era la scelta più intelligente.
-Casa mia è qui vicino. Siamo quasi arrivati. -disse Allison come per rassicurarmi, anche se sembrava più un incoraggiamento per sé stessa.
La presi per mano. Volevo che capisse che io ero lì per lei e che non doveva avere paura. Avremmo risolto tutto e lei non avrebbe fatto nulla da sola.
Dopo circa un chilometro si iniziarono a vedere delle luci. Erano delle case di campagna, come il ranch di Allison. Ero sicuro che fosse molto tardi, ma allora perché c'erano così tante persone ancora sveglie?
-Ma che ore sono? -domandai.
-Non ne ho idea. -fece Allison. Era sorpresa quanto me.
Accelerammo il passo e poco dopo camminavamo per la via che portava al ranch di Allison.
Mi accorsi che stava tremando più di prima, ma non dissi nulla. Chissà cosa stava provando.
Il cancello della proprietà era aperto e la cosa non mi piacque.
-Forse è appena arrivata. -dissi per rassicurare Allison.
Lei annuì: -Probabile.
Percorremmo il vialetto e arrivammo alla porta della villa.
-Non credo di farcela, Adrian. -confessò la figlia di Apollo con voce tremante. -Mia madre sarà distrutta ed io... io...
-Ehi. -le alzai il viso per fare in modo di guardarla negli occhi. -Io sono qui con te. Andrà bene.
Allison trasse due respiri tremanti. Tre. Poi annuì. La baciai e le feci segno di suonare.
Dopo pochi secondi la porta si aprì rivelando un uomo sulla cinquantina, alto, con i capelli biondo scuro brizzolati e gli occhi verdi che mi sembravano familiari. Indossava un maglione blu sopra ad una camicia bianca e i jeans.
-E lei chi è? -chiese Allison dubbiosa. -Dov'è mia madre?
L'uomo ci squadrò entrambi, probabilmente chiedendosi da dove fossimo saltati fuori e perché sembravamo appena caduti in una vasca da bagno piena fino all'orlo. Beh, come biasimarlo: l'acqua piovana ci gocciolava dai vestiti e aveva già creato una piccola pozzanghera ai nostri piedi.
L'uomo non ci chiese nulla, ma si voltò e disse: -Alexandra, forse è il caso che tu venga.
Guardai Allison, che ricambiò il mio sguardo. Poi la madre di Allison spuntò in cima alle scale.
Alexandra indossava un paio di jeans e una maglia a collo alto nera. Teneva in mano un ciuccio e una copertina rosa, probabilmente era rimasta con la piccola Adrianne fino a quel momento.
-Aaron, che cosa... -iniziò a chiedere. Poi vide me ed Allison sulla porta e si affrettò a scendere, lasciando ciò che aveva tra le mani sul divano.
-Allison! -esclamò. -Grazie agli dei!
Allison guardava la madre con le lacrime agli occhi, ma appena la vide scendere le corse incontro e si lasciò stringere in un abbraccio.
-Mamma... -singhiozzò.
Ero così intento a guardare la scena, che l'uomo che ci aveva aperto la porta fu costretto a muovere la mano davanti al mio viso.
-Eh? -domandai molto intelligentemente.
-Entra, ragazzo. Qui fuori si gela. -disse.
Obbedii così lui poté chiudere la porta.
Intanto Alexandra si era messa a controllare che la figlia stesse bene ed Allison continuava a rassicurarla dicendo che era solo bagnata per colpa della pioggia.
Poi la signora Davis si ricordò dell'uomo che era proprio accanto a me: gli disse di andare a prendere qualcosa per asciugare me ed Allison e ci fece segno di andare in cucina.
Prima che potessi sedermi accanto alla figlia di Apollo, Alexandra mi controllò da cima a fondo, con l'occhio attento a ogni singola ferita.
-Sto bene, non preoccuparti. -dissi.
-Mi hanno detto che eri morto. -fece lei. -Cos'è successo?
-È una lunga storia. -rispose Allison.
Proprio in quel momento l'uomo tornò con coperte e asciugamani caldi e Alexandra si affrettò a passarli sui capelli di Allison e sui miei, spettinandoli più del solito. Poi ci avvolse con tre coperte di lana ciascuno. Non male come accoglienza.
-Mamma, ti prego. -disse Allison mezza soffocata dalla stoffa.
Poco dopo avevamo davanti delle tazze di tè fumanti e Allison raccontava cos'era successo quella sera. Io spiegai del rito che avevano fatto i figli di Ade e Plutone e cos'era successo con la collana e la mia anima.
Quando nominammo Arden e Adam, l'uomo, seduto accanto ad Alexandra, s'illuminò.
-Stanno bene? -chiese.
-Ehm... sì. -rispose Allison. -Li conosce?
-Certo che li conosco. -disse lui. -Io sono Aaron Gray, il loro padre mortale.

Ci fu un attimo di silenzio sbigottito.
-Ecco perché mi sembrava familiare... -dissi. -Beh, vi somigliate.
Aaron sorrise: -Adam e Arden sono spariti dal Campo Giove un anno fa. Non mi hanno più dato loro notizie. -spiegò. -I semidei li hanno cercati, ma senza successo.
-Kendall ce lo disse. -intervenne Allison e raccontò dell'incontro con i gemelli nelle prigioni del palazzo di Orfeo, del microchip e di quello che avevano detto i ragazzi riguardo al loro rapimento.
Alexandra e Aaron ascoltarono tutto il racconto senza interrompere.
-Ora stanno bene? -chiese Aaron alla fine.
-Sì. -rispose Allison con un sorriso. -Stanno bene, anche se sentono la sua mancanza.
A quel punto Aaron si alzò e prese il suo cappotto: -È meglio che vada. -disse. -Grazie.
-Di nulla. -rispose Allison.
Alexandra lo accompagnò alla porta, lasciando me e Allison da soli in cucina.
La figlia di Apollo sospirò.
-Mi sembra che sia andata bene. -dissi prendendole le mani.
-Già. -fece lei.
-Tutto ok?
-Sì, sono solo stanca. -trovò la forza di stringere le mie mani e di fare un altro sorriso.
Abbassai la voce: -Tua madre sa del bambino?
Lei scosse la testa.
-Glielo vuoi dire?
-Non lo so. Non vorrei che si arrabbiasse. -abbassò lo sguardo, ma io le alzai il mento.
-Vuoi che lo faccia io?
-Io non posso permettertelo. -controllò se sua madre fosse di ritorno. -È una cosa che riguarda anche me.
-Allora aspettiamo, va bene?
-D'accordo.
In quel momento Alexandra tornò.
-Volete fare un bagno caldo? -propose.
-È un modo per dire che puzziamo? -domandò Allison. Sua madre rise: -Beh, se vuoi dirla così, allora sì. Puzzate. E vi serve un bagno. Siete sicuri di essere rimasti sotto la pioggia e non di essere caduti in qualche strana sostanza?
-Ah ah. Divertente. -fece Allison sarcastica.
Feci una risatina, poi dissi alla figlia di Apollo di andare per prima, ma Alexandra intervenne: -Vorrei parlare un attimo con Allison, perciò perché non vai tu per primo?
Lanciai un'occhiata ad Allison, che annuì: -Vai pure.
Così salii al piano superiore con dei vestiti puliti che erano di Aaron. Non so perché fossero lì, però Alexandra mi disse che erano a mia disposizione, perciò li portai con me.
Entrai nel bagno e chiusi la porta dietro di me. Lasciai i vestiti sul ripiano e riempii la vasca. Aggiunsi il bagnoschiuma, poi mi tolsi gli abiti ancora bagnati e mi immersi nell'acqua calda.
Lavai capelli e corpo, poi rimasi in ammollo a pensare.
Ce l'avevo fatta: Allison era al sicuro. Bisognava solo rimandare Orfeo negli Inferi. Probabilmente era scappato quando le Porte della Morte si erano aperte durante la guerra contro Gea avvenuta tre anni prima. C'erano state molte resurrezioni indesiderate e molti morti non erano tornati negli Inferi.
In quel momento, però, non mi importava di nulla. Svuotai la mente e chiusi gli occhi.





*angolo meh*
Salve semidei! Mentre scrivevo questo capitolo ero in depressione per ciò che succede nell'ultimo episodio di Stranger Things. Negli ultimi cinque minuti per essere precisi.
Ma lasciamo perdere!
Voi l'avete vista?

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