Follia umana

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Continuava a toccarla, a mantenere quel contatto visivo ed in Ella cresceva a dismisura un disagio che le mozzava il respiro in gola.

Solo quando Andrea afferrò il polso del soldato allontanandolo da lei che Ella fu libera di poter prendere una buona boccata d'aria, nutrendo i suoi polmoni aridi.

«Non andare oltre, cugino, non ti è permesso toccarla così tanto.»

Si liberò dalla stretta dell'altro uomo con uno strattone irritato e poggiò su di lei un ultimo sguardo prima di tornare a parlare con Andrea.

«Non preoccuparti vecchio mio, posso avere donne più belle. Effettivamente è piuttosto insignificante e bruttina.»

Ella non credeva alle sue orecchie, quell'uomo parlava di lei come se non fosse in quella camera, come se non avesse sentimenti, come se le parole di uno sconosciuto non sorbissero lo stesso effetto negativo.

Le lacrime le pungevano gli occhi e un groppo in gola faceva fatica ad andare giù ma decise di combattere le manie di superiorità di quell'arrogante e ingoiare la paura che provava nel mancargli di rispetto.

Perciò tremante di rabbia e con un sudore freddo che le imperlava la fronte, Ella fece sentire la sua voce:

«Sei un cafone!»

Disse solamente, guardando in cagnesco quel ragazzo che aveva già preso posto nei suoi pensieri, in maniera negativa naturalmente.

Due paia di occhi scattarono verso quell'esclamazione.

Andrea sembrava scioccato ma quel Franco, nei suoi occhi brillava un qualcosa di spaventoso.

«Scusami?»

Disse solo, inarcando un sopracciglio chiaro e socchiudendo gli occhi su quella ragazza che aveva osato sfidarlo in quella maniera.

Ella era pronta a ripeterglielo se fosse stato necessario ma Andrea fu fulmineo a bloccarla: «Non farlo.»

Le disse serio, in una maniera così glaciale che Ella si sentì confusa e improvvisamente spaventata.

«Ma...»

Iniziò Ella che ora guardava ad intermittenza i due uomini davanti a lei.

Franco piegò la bocca carnosa in un ghigno che subito catalogò come disturbato.

«Io direi di lasciarla parlare...»

Soffiò suadente, piegandosi per poterla guardare bene negli occhi.

«Ho detto che...»

Stava per ripetere la ragazza, riprendendo quel coraggio che aveva avuto fino a pochi istanti prima ma Andrea, nuovamente, la bloccò.

«No, basta!»

Sbottò, attirando a sé la ragazza da un fianco.

La scena che ne seguì fece impallidire Ella così tanto da credere che non avesse nemmeno più una goccia di sangue nelle vene.

Franco estrasse velocemente una pistola dalla cinta che stringeva quei fianchi sottili e immediatamente la puntò alla testa di Andrea che non sembrava terrorizzato quanto lo era lei in quel momento.

Piegando la testa di lato e sorridendo al cugino, scandì: «Ho detto di lasciarla parlare. Ora.»

E con uno scatto del capo nella sua direzione Andrea la liberò dalla sua stretta combattendo una battaglia nel suo interno, ma perfino Ella capì che non avrebbe avuto libera scelta.

«Perfetto.»

Disse accondiscendente, tornando a concentrarsi sulla ragazza che ora era un blocco di cemento.

«Torniamo a noi, mia cara. Dicevi?»

Ella aveva la bocca serrata, non un suono ne fuoriusciva e decise che tacere era saggio da parte sua.

«Cosa c'è?» Chiese, continuando ghignare.

«Il gatto ti ha mangiato la lingua?»

Ella ora tremava visibilmente, una reale paura a soccomberla e schiacciarla sotto il suo peso.

«Rispondimi!»

Ringhiò all'improvviso afferrandole il mento e stringendo fino a farle sporgere le labbra in fuori.

Gli occhi spalancati di Ella si stavano riempiendo di lacrime e un ansimo le uscì involontariamente.

Il contatto della pelle di quell'uomo sulla sua le faceva girare la testa dal disgusto.

Chi si credeva di essere quell'uomo per prendersi certe libertà?

Era un losco individuo, Ella lo sentiva sotto pelle.

Improvvisamente la lasciò andare strattonandola con forza.

Andrea ed Ella sospirarono all'unisono, sollevati che quel pazzo non fosse andato oltre.

«Siete noiosi.»

Sospirò afferrando di peso il borsone e dirigendosi in cucina a passo svelto.

«Ho fame!»

Urlò dall'altro capo della stanza svanendo dietro una parete.

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