5

7 0 0
                                    

Uscita di casa mi fermo un attimo per pensare alla prossima mossa.
Non posso stare in città, mi prenderebbero per una barbona, chiamerebbero le autorità etc... Alla fine la conclusione è sempre la stessa: si arriverebbe a domande scomode.
Decido allora di dirigermi di nuovo in periferia e la scelta più assennata mi sembra quella di tornare nel bosco in cui ero fino a qualche ora fa; non posso permettermi di girare troppo in luoghi che non conosco e perdermi più di quanto già non lo sia.
Faccio un bel respiro, scaccio dalla mente tutti gli scenari peggiori e mi  incammino per uscire dal palazzo.
Fuori l'aria pungente mi sferza il viso, i lampioni della via vanno a intermittenza (se fossi Joyce Byers potrei dare di matto) mentre uno a uno li sorpasso avvicinandomi sempre di più alla periferia di Olympia.
Anche se non voglio ammetterlo, i lampioni iniziano a fare uno strano effetto anche a me, che continuo ossessivamente a guardare dietro di me per la paura che qualcuno mi stia seguendo.
Dei passi leggeri mi rimbombano nella testa, che si prende gioco di me facendomi credere che qualcuno mi stia seguendo, ma con quella piccola parte di me che non è ancora stata risucchiata dalla paura riesco a rendermi conto che è solo frutto della mia fantasia suggestionata dall'ambiente tetro che mi circonda.
Ogni tanto si sente in lontananza qualche cane che abbaia e nelle vie più isolate e buie si può intravedere ogni tanto qualche uomo ubriaco che cammina barcollando usando come sostegno il muro, in questo caso non ci penso due volte a fare dietrofront e a passare per un'altra via.

Mentre cammino i miei pensieri si spostano su Shon, ai suoi stranissimi occhi e alla sua gentilezza nei miei confronti, e non posso che essere contenta che il mio primo contatto umano dopo anni sia stato con una persona così gentile verso una completa estranea. Quelli che avevo a scuola non li considero neanche più contatti umani, loro stavano nel loro e io nel mio, loro non infastidivano me e io non infastidivo loro: un classico rapporto di "ti rispetto ma non starmi tra le palle".
Invece di Shon, anche se non abbiamo scambiato molte parole, ho sentito di potermi fidare, anche se non ero lì presente non ha parlato male di me e soprattutto non ha dubitato della mia onestà (a differenza di quella cara donna che si ritrova per madre).
Chissà se potrò rivederlo...
Certo, ora questa non è la mia priorità, ma mi piacerebbe davvero parlare con lui e sentire che esiste ancora qualcuno che abbia fiducia in me e che pensi che io non sia completamente inutile.
Quanti film mentali mi sto facendo su un ragazzo con cui ho a malapena parlato, ma di solito riesco a leggere le persone abbastanza in fretta e lui mi ha stupito per la bontà che emana.
Sarò mai in grado di levarmi quest'oscurità di dosso e irradiare anch'io bontà?
Sarò mai in grado di avere quella luce particolare negli occhi, quella luce che lui ha in sovrabbondanza e che attira e mette a proprio agio le persone?
Chissà cosa avrà pensato quando hanno scoperto che ero scappata.
Sarà stato deluso, felice o semplicemente indifferente?
Da quando sono morti i miei genitori e ho iniziato a vivere da sola mi si è creato come un vortice di oscurità intorno; le persone per evitare di essere risucchiate in questa oscurità iniziarono a tenermi lontana, i miei vecchi compagni iniziarono a non parlarmi, a non invitarmi più a casa loro o a qualsiasi cosa facessero e anche le loro madri mi guardavano storto, consapevoli anche loro del vortice oscuro che aveva come centro me.
Però in quel momento e grazie a loro ho scoperto la solitudine e ho scoperto che non mi dispiaceva per niente; ho imparato a essere indipendente e questo mi ha dato una marcia in più.
Ormai ho imparato a badare a me stessa alla perfezione, non ho bisogno di nessun altro, sono completa, sono forte e indipendente.

Ormai, tra un pensiero ed un altro è passata più di un'ora e riesco a scorgere in lontananza la casa di Lydia e Shon; le luci sono tutte spente, ormai è tardi, staranno tutti dormendo.
Il mio sguardo si sposta su ogni finestra per poi fermarsi con decisione su una finestra in particolare.

Quella è la finestra della sua stanza.

Come faccio a saperlo? Però ne sono sicura, lo sento.

Come se fosse la cosa più naturale del mondo, il mio corpo si slancia di corsa verso la casa fino ad arrivare sotto la finestra di Shon, poi con una straordinaria facilità inizio ad arrampicarmi su un albero lì vicino.

Cosa sto facendo? Non sono mai stata agile e improvvisamente mi metto ad arrampicarmi sugli alberi come se l'avessi sempre fatto in vita mia?!

In un attimo sono in cima e non riesco a resistere alla tentazione, mi sporgo verso dei rami più esterni fino a essere ad un palmo dalla sua finestra e sbircio all'interno.

Se qualcuno mi vedesse in questo momento potrebbe denunciarmi per stalking, violazione di proprietà privata e una sfilza di altre cose.

La stanza è nella semioscurità, illuminata solo dalla luna; in generale è abbastanza vuota e ordinata: sul muro alla destra c'è una grande scrivania con montagne di libri sia scolastici che di narrativa. In mezzo agli altri libri se ne intravedono alcuni dall'aria molto antica e noto che uno di questi è aperto in mezzo alla scrivania.
Chissà di cosa parla, sembra più antico degli altri. Lo stava studiando?
Sposto lo sguardo attraverso la stanza e noto una libreria piena zeppa di libri, un mobile con un pc e un iPad con le cuffiette collegate, un armadio con i suoi vestiti ben piegati e alla sinistra un letto, su cui scorgo la figura stanca di Shon.

I raggi della luna gli illuminano parzialmente il viso, facendo brillare la sua pelle chiara e i suoi capelli corvini tutti scompigliati, che sotto quella luce sembrano avere una leggera sfumatura blu notte.
La luce si scontra poi con le lunghe ciglia dei suoi occhi a mandorla che toccano leggermente i suoi zigomi perfetti, con il suo naso leggermente all'insù, con le labbra carnose e rosse, in completo contrasto con la pelle, e va  infine a delineare la sua mandibola marmorea.

Sembra di stare di fronte ad un adone greco.

Come se avesse sentito il mio sguardo bruciargli addosso sospira e si gira, lasciandomi una completa visuale della sua nuca.
Decido di non rimanere più a lungo e scendo dall'albero, frastornata da ciò che è appena successo e da ciò che ho appena visto.
Riprendo tutta la mia roba che avevo lasciato ai piedi dell'albero e mi dirigo verso il bosco vicino alla casa; non riesco più a trovare la strada fatta con la luce del sole, tutto con la luna è diverso, sembra di essere in un mondo completamente diverso, come se le creature che lo abitavano di giorno si fossero tramutate, al calare del sole, nella loro versione più oscura e inquietante.
Con parecchia fortuna riesco a raggiungere la radura in cui mi sono fermata a dormire, poso il borsone a terra e tiro fuori la coperta e dei vestiti da usare come cuscino.
Mi corico per terra e mi metto a guardare le stelle, ma duro poco: sono così stanca che in attimo sono già tra le braccia di Morfeo.

Quella, la notte del giorno dopo il mio diciassettesimo compleanno, fu la prima notte in cui sognai il mio passato.

THE BLACK ANGELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora