Capitolo quattordicesimo: il dovere chiama

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Entro due giorni ero di nuovo in campo.
Nuove missioni e nuovi incarichi.
Il corpo carico di adrenalina durante un combattimento.

Allarme.
Nuova emergenza.
Veniamo mandati io e James.
Tuta da combattimento e via. Si dà inizio alle danze.

Un combattimento di facile vincita e per niente eccitante.

Mentre ce ne andiamo sento i pensieri di Lilith.

"Voglio che tu uccida dei normali. Loro che sono nostri nemici, loro che ci odiano. Voglio che tu lo faccia in fretta, nel minor tempo possibile."

La mia furbizia mi porta a pensare a qualche concerto. 

Questa sera se ne svolgerà in piazza San Carlo, non so di chi ma a quanto pare è un cantante abbastanza conosciuto. Se ne parla in tutta la città. Inizierà alle h 21.30... mi basterà essere lì per le h 21.15. Adesso sono le h 18.00, devo aspettare quattro ore e quindici minuti. Basterà non farmi notare mentre esco dall'instituto e il gioco è fatto.

Torniamo all'instituto immediatamente e quando dopo l'allenamento giornaliero ceniamo, leggo un libro per far passare il tempo più velocemente.

Un libro ormai letto un centinaio di volte e ad ogni lettura sembra la prima volta. Con la stessa velocità, le stesse lacrime e gli stessi sorridono quando succede qualcosa di bello. Questo libro di cui sto parlando è " Shadowhunters, the Mortal instruments: Città di vetro". Inutile dire che è il mio libro preferito e amo qualsiasi libro abbia scritto Cassandra Clare. Lei è il mio idolo.

Il tempo, come ben previsto, passa in fretta e quando arrivano le dieci inizio a prepararmi.

Pantaloncino di jeans nero, dato che faceva molto caldo e una semplice maglia a maniche corte nera. Nei passanti del jeans infilo un cinturone dove ho tutte le custodie se poter tenere i miei kindjal, un pugnale e perchè no, una pistola.

In verità i lightfighter non potevano usarle perchè il sangue angelico interferisce e non fa partire il proiettile per qualche strana ragione. Per me non valeva. Avevo una mira perfetta.

Decido di mettere un giubbotto di pelle ed esco. Slego la coda e lascio che i miei capelli biondi cenere ricadano sulle mie spalle e sulla mia schiena. Deciso di lasciarli così.

Rimuovetti l'incantesimo che rendeva verdi i miei occhi, questa sera non ne avrò bisogno.

Con un altro incantesimo rendo invisibili le mie armi: la pistola, che si trovava sul mio fianco destro, il pugnale, nel fianco sinistro e i kindjal che sono sulla schiena, o meglio ci sono solo i due manici. Mi basta portarli dall'alto verso il basso per poter far allungare la loro lama con alla base il marchio angelico in uno e nell'altro un marchio dell'abilità. Avevo scelto io questi marchi e i miei kindjal non avrebbero potuto essere più efficienti di così.

Uscì dall'instituto e inizia a direggermi verso il concerto.

Arrivai in via Roma e già da lontano potevo constatare che la piazza era piena. Mi avvicinai e rimanetti ai margini. Osservai la statua raffigurante Emanuele Filiberto di Savoia che pur sembrando un guerriero, avevo sentito dire che la stata rappresentasse la pace.

Le chiese gemelle avevano le porte chiuse e non mi avvicinai più di tanto ad esse.

Mi guardai ancora intorno e osservai i porticati. Stracolmi anche quelli.

Il palco era enorme e si trova in un enorme angolo della piazza andando verso sud ovest, arrivava a poco prima di una chiesa gemella.

Non sono proprio gemelle.
Simili si.
Identiche? No.

Decisi di semplificarmi la vita e mi disegnai su di un braccio il marchio per non farmi vedere dai normali e mentre si attiva entrai in un portale. Prima che io lo faccia una voce attira la mia attenzione.

Mi urlava -Sophie! Aspetta! Ti prego!- era Bea.

Non mi giro nemmeno a guardarla, mi è bastato poter riconoscere la sua voce. Non ho tempo da perdere, Lilith si arrabbierebbe. Il dovere chiama e io devo andare.

Entro e mi ritrovai catapultata sul tetto di uno dei palazzi che accerchiava la piazza. Sono proprio dietro il palco.
È ora di agire.

James' pov

Stavo chiacchierando con Max dei progressi di Sophie. Era molto migliorata e lo aveva fatto molto velocemente. Non si era mai vista una cosa simile.

-È uscita- ci avverte Marmell teletrasportandosi davanti a noi.

Io e Max ci guardiamo preoccupati. Non era mai uscita da sola prima e avevamo chiesto a Marmell di tenerla d'occhio dopo la storia di Lilith. Ero preoccupato per lei.

Subito ci catapultiamo nel luogo che ci indica la strega per poi rilassarci vedendo che è solo andata ad un concerto. Però il fatto strano era con non usciva mai da sola o avvisava sempre prima. Forse si vergognava? Non ne ho la più pallida idea.

-Guarda lì!- urlò max cercando di farsi sentire sopra tutto quel baccano. Seguetti il suo sguardo e notai che Sophie era su di un tetto di un palazzo.
Ci guardammo preoccupati, cosa starà combinando lassù?

-Tu sei il tipo del bar, non è vero?- mi chiese una voce sconosciuta. Mi girai e notai che era un vecchio amico di Sophie. Ho un vuoto di memoria, come si chiama? Non me lo ricordo.

Feci cenno a Max di andare da Sophie dato che avrei potuto rimanere impegnato per un po' con questo normale.

-Sono io- risposi guardandolo negli occhi freddamente. Mi scocciava dover improvvisare durante una missione. Ero abituato ad aver un piano perfetto, preparato nei minimi dettagli ma a volte gli imprevisti accadono.

Poco dopo si avvicinò a noi una ragazza della nostra età intuisco. Ha un viso conosciuto e notai il ventre arrotondato. Come si chiama? Beatrice, penso. Si, penso proprio di sì. Anche lei è una vecchia amica di Sophie. Chissà se le manca? Si credo di sì. Parla sempre di lei e il suo amico.

La salutai con un cenno della testa, guardai il ventre e dissi -Chi è il fortunato padre?- le sorrido. È solo curiosità, non vorrei sembrare troppo sfacciato.

Lei mi sorridette, si avvicinò al ragazzo della quale non ricordo il nome, si alzò in punta di piedi e lo baciò. Un bacio, lieve e delicato, veloce.

Distolgo lo sguardo poiché non amo le smancerie e le dimostrazioni di affetto in pubblico.

-Congratulazioni- dissi io per poi dire che dovevo andare.

La mia donna mi aspetta.

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