La mattina seguente decise ufficialmente di arrendersi. Non aveva senso continuare la lettura di un libro che, seppur classificato tra i più grandi classici della storia, stava praticamente detestando. Aveva passato fin troppo tempo ad incolpare la sua penosa vita di quel piccolo insuccesso, in fondo non sarebbe stata né la prima, né l'ultima persona al mondo che avrebbe rinunciato a proseguire quel noiosissimo romanzo, più vicino ad un calvario che ad uno svago.
Così decise di chiuderlo, di mettere un punto almeno a quella di sofferenza. E incredibilmente quel gesto gli donò un immenso sollievo, come se avesse lasciato andare un fardello senza guardarsi indietro. Non gli fregava un accidente di aver appena ripudiato un indiscusso capolavoro della letteratura del diciannovesimo secolo, si sentiva libero, rinato.
E allora perché non aveva smesso prima? Col senno di poi, aveva dovuto ammettere almeno a se stesso di avere delle tendenze masochistiche un tantino fuori controllo. Si ostinava nel compiere azioni, nel formulare pensieri e nell'esprimere opinioni, pur sapendo che sarebbero state autodistruttive. Sua madre lo aveva sempre canzonato per la sua caparbietà, e solo in quel momento riusciva pienamente a rendersi conto di quanto quella sua caratteristica si avvicinasse più che altro alla stupidità.
Voleva eliminare tutto, ogni tipo di emozione negativa che aveva covato nel corpo fino a quel momento, e se questo lo avrebbe condotto a non provare un bel niente, poco male. Sentirsi come un guscio vuoto sarebbe stato comunque meglio che sentirsi rotto in mille pezzi.
Per ogni fine c'è un nuovo inizio, gli leggeva sua madre quando da bambino faceva i capricci per ascoltare un altro capitolo del Piccolo Principe prima di addormentarsi. All'epoca credeva di aver capito appieno il significato di quelle parole: non aveva previsto le possibili eccezioni.
Come ci si comportava quando un evento non aveva né un inizio né una fine ben precisa? Come si ricominciava quando non si era certi di aver mai cominciato? Così era andata con Madame Bovary, così era andata con Levi. Era stato tutto inaspettato, tutto indefinito: quando credeva di aver toccato il fondo, sotto i suoi piedi si apriva l'ennesima voragine e lui ne veniva risucchiato, allontanandosi sempre di più dallo spiraglio di luce.Eppure a cosa gli serviva lamentarsi quando sapeva che tutto ciò che di brutto gli era capitato nella vita, altro non era stato che il frutto delle sue scelte? Prendersela con il destino avrebbe solamente incrementato in maniera esponenziale la sua codardia. Lui aveva comprato Madame Bovary al mercatino di libri usati, lui era andato da Levi quel piovoso pomeriggio di tanti anni prima.
Raggiunse queste conclusioni mentre, con gli occhi ancora appannati dal sonno, stava spazzolando svogliatamente e con una lentezza estenuante i denti, fissando il suo riflesso allo specchio ma prestando poca attenzione ai dettagli che, in un altro contesto, gli avrebbero fatto storcere il naso. Il giorno precedente Levi non gli aveva rivolto più la parola e lui, dal canto suo, aveva fatto il possibile per evitare di stare nella sua stessa stanza per più di cinque minuti. Avevano mangiato in orari diversi ed Eren aveva dormito nella camera da letto più lontana da quella di Levi, dove per forza di cose era stato costretto a sistemarsi. La neve non aveva cessato di cadere nemmeno per un attimo, alternandosi tra leggere precipitazioni e vere e proprie bufere, con gran disappunto di Eren che analizzava la situazione più o meno ogni ora, nella speranza di scovare una qualche miglioria.
Proprio mentre stava soppesando quanto effettivamente potesse essere possibile portarsi sfortuna da soli, Levi varcò la soglia del bagno, la cui porta era stata socchiusa, facendolo sobbalzare. Eren aggrottò le sopracciglia, prima di iniziare a spazzolare i denti più velocemente e risciacquare la bocca dal dentifricio. Fissò l'altro attraverso lo specchio, subito dopo aver lavato il viso, le ciocche di capelli più lunghe gli si erano attaccate alla pelle per via dell'acqua e lui si maledì mentalmente per non aver pensato prima a sistemare la zazzera castana con un elastico. Con un pettine prese a tirare indietro le ciocche, concentrandosi ben poco sull'azione in questione, troppo impegnato a scrutare il corvino per cercare di capire cosa stesse architettando. Quest'ultimo, dal canto suo, non lo degnò nemmeno di uno sguardo, e si limitò a raggiungere la doccia e ad aprire l'acqua, prima di sfilare via la felpa che utilizzava come pigiama.
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Snow Doesn't Give a Damn [Ereri/Riren]
FanfictionOgni individuo è fautore del proprio avvenire, o semplicemente tutto è stato prestabilito, rendendo l'essere umano un'entità passiva, costretta nello scorrere degli eventi fino alla fine dei suoi giorni? Eren proprio non riusciva a venirne a capo, m...