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Ancora. Era ciò che Nila si ripeteva da ormai due ore. Il suo corpo invece urlava a gran voce tutt'altro, lei ovviamente non gli diede ascolto, com'era solita fare ogni giorno della sua vita. Il suo corpo era un fardello, odiava con tutta sé stessa quell'ammasso di carne ed ossa che la teneva ancorata alla disprezzata Imperfezione che rappresentava il più grande nemico di Nila. Il suo corpo però alla fine era essenziale per il genere di attività che faceva, e Nila sfruttava ogni arto, muscolo, e cellula fino allo stremo. La ragazza era convinta che prima o poi la sua carne si sarebbe ribellata, palesando quanto fosse falso il controllo che lei esercitava su sé stessa. Pure lei contava sulla finzione, la sua più grande alleata, sia sul palco che nella vita reale. La mora percepì le gocce di sudore, la fitta al piede destro - dovuta, probabilmente, alla mancanza di un'unghia - ed anche le vibrazioni della "Bella addormentata" di Tchaikovsky.

Era certa che la sua mente stesse perdendo ogni parvenza di lucidità. Si faceva guidare dalle note e dai movimenti che aveva imparato dopo sessioni di filmati di tale balletto. I suoi occhi non vedevano gli specchi della sala prove, erano troppo impegnati a puntare la luce della Perfezione, che pareva sempre più vicina. Il respiro accelerava ad ogni pliè, arabesque, demi plié e ecartée, senza contare le posizioni che ormai vorticavano nella sua mente, quasi fossero un mantra invece che un movimento. Era troppo concentrata su sé stessa, sulla ricerca dell'agognata Perfezione da rendersi conto che all'interno della sala prove vi era un ospite, per niente gradito tra l'altro. Ella se ne accorse grazie al riflesso degli specchi che la circondavano, il respiro si bloccò in mezzo alla trachea, fortunatamente riuscì ad evitare una caduta imbarazzante. Si sentiva bruciare, ma non era certamente a causa dello sguardo persistente di Park Jimin sul suo corpo. Era il suo essere, che furioso le suggeriva - crudelmente - di iniziare ad urlare all'intruso. Nila fu contenta del fatto di non avere fiato o avrebbe agito davvero secondo il suo demone interiore.

«Sorpresa?» Che razza di quesito era? Nila non desiderava vedere il biondo, era seccante averlo attorno ed era contenta che ciò fosse raro. La presenza di Jimin aveva su di lei un effetto preoccupante: la faceva dubitare delle sue capacità, inoltre la spingeva a mostrare il lato più mostruoso del suo essere; quello che era solita reprimere con tutta sé stessa. Nila era convinta che per liberarsi di Jimin avrebbe fatto ben peggio che mettere in giro su di lui certe voci. Il biondo non poteva sapere quanto lei fosse pericolosa per il suo percorso alla KAA, dal momento che se minacciata Nila era capace di ogni crudeltà possibile. Era già accaduto quand'era ragazzina ed i risvolti non erano stati felici. Nel profondo del suo cuore la mora temeva di ciò che avrebbe potuto fare a Jimin.

«Che vuoi?» Mormorò acidamente ella, le mani che si erano posate sui fianchi, il petto si abbassava lentamente mentre lei cercava di regolarizzare i respiri. Nila notò lo sguardo di Jimin indugiare sul suo volto arrossato, sudato e sintesi degli sforzi fatti: credeva che non dovesse allenarsi? Gli occhi del ragazzo erano fin troppo vivaci per i suoi gusti, aveva già affrontato le difficoltà che Nila aveva posto sapientemente sulla sua strada? «Mi hanno detto che ti sei preoccupata per me. Avevi timore che fossi sul punto di suicidarmi per via dei tuoi giochetti sporchi?» La mora sgranò gli occhi, per poi mostrarsi impassibile. Non capiva il coraggio con cui Jimin parlava del suicidio, pensava che fosse diverte un tale riferimento? Per caso era a conoscenza degli incubi che tormentavano la mora? Impossibile, si disse mentalmente. Dopotutto nessuna delle sue vecchie conoscenze frequentava la sua stessa accademia. Ella non si stupì del fatto che Jimin avesse capito il ruolo da mera bambola che aveva avuto la sua coetanea. «Parevi sconvolto» Il tono causale che utilizzò fece irritare il biondo. La sua mascella era rigida come non mai, la sua espressione era granitica. Doveva aver colpito il segno. «Avrei dovuto ridere mentre venivo additato come un copione davanti mezz'accademia?» Lui si faceva carico dei giudizi altrui, aveva appena rivelato a lei una delle sue debolezze e neppure se n'era reso conto.

𝐃𝐀𝐍𝐙𝐀𝐌𝐈 𝐋'𝐀𝐌𝐎𝐑𝐄 ||  𝑃𝑎𝑟𝑘 𝐽𝑖𝑚𝑖𝑛Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora