Canzone consigliata:
Erano passati due giorni dal momento in cui avevo deciso di mettere piede al Cimitero Monumentale, ma non ce l'avevo fatta. Ero arrivata davanti ai grandi cancelli ed ero scappata. Mi sentivo debole come non mai prima d'ora e lo odiavo. Non ero riuscita nemmeno a tornare a casa, così presi la metro per...I piccioni del Duomo invadono la piazza come al loro solito e un centinaio di turisti si riempie di mangime per poter fare delle foto con loro. Sono le sei del pomeriggio e ormai è già buio, quando la piazza inizia a svuotarsi, ma io rimango immobile esattamente nel punto della gradinata della cattedrale in cui mi sono posizionata non so quante ore fa.
«Non pensavo di vederti così depressa» ammette una voce familiare.
Mi volto e sobbalzo, sgranando gli occhi.
Elia è seduto accanto a me e guarda fisso davanti a sé, come un anziano guarda il tramonto dalla sua veranda perché sa che la sua fine arriverà presto.
La differenza è nella morte: Elia ci è già passato. Infilo una mano nel cappotto, trovo le cuffie, le inserisco velocemente nelle orecchie e sospiro.
«Non ci credo» sussurro fingendo di parlare al telefono.
«Sapevo che eri in grado di vedere i fantasmi» afferma.
«Come?» balbetto confusa.
«Sai, Demetra, io ti conosco da quando eri piccola e il mio compito è sempre stato quello di proteggerti. Non ci avevo mai pensato prima, ma quando ti vidi per la prima volta da vicino il mio sesto senso mi disse qualcosa, ma non volli ascoltarlo» riflette ad alta voce. «Ogni tanto ti vedevo parlare da sola o addirittura fissare punti in cui non c'era nulla, ma adesso capisco. Tu hai iniziato a vedere i fantasmi. Quand'è stata la prima volta?»
«Poco prima di avere il secondo appuntamento con Lestat, cioè...» scuoto la testa, disorientata. «Tancredi.» Sospiro. «Avevo litigato con Adriel e Daniel, così ero uscita furiosa. Ero in piazza Gae Aulenti, quando un essere umano, appena prosciugato della sua anima, mi attaccò. Fu lì che vidi Francesco Schillaci per la prima volta.»
«Adesso che sono uno spirito puoi anche dirmi tutto, Demetra» esorta Elia con malizia.
«Io...» balbetto confusa.
Avevo cinque anni – penso – e stringevo la mano di mia madre, che piangeva di getto. Eravamo in prima fila, sedute su una panca di legno scuro insieme a tante altre persone. Alzai lo sguardo e notai che mi trovavo in una chiesa piena di dipinti sacri, al cui centro si ergeva un altare al centro, dove era posizionata una lunga bara di legno chiaro contenente mio nonno, che portava un abito bianco e un fiore rosa nel taschino della giacca.
Odiavo le chiese e volevo andare via subito.
Affondai il viso tra le balze della gonna nera di mia madre e dopo alcuni minuti, guardandomi intorno, vidi di sfuggita mio nonno accanto alla sua bara.
Ci sono due nonni uguali? pensai.
Tirai il braccio di mia madre e sussurrai: «Mamma! Guarda, c'è il nonno!»
Lei mi rivolse uno sguardo truce e mi strattonò, obbligandomi a sedermi, per poi ritornare a piangere nel suo fazzolettino di stoffa.
Non volevo guardare oltre le mie ciglia: avevo paura di far arrabbiare mamma, di nuovo. Non resistetti molto, così alzai lo sguardo. Mio nonno guardava tutti con un sorriso e quando si accorse della mia capacità di vederlo agitò una mano e mi salutò, mandandomi un bacino.
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Il segreto dei Ricordi
FantasySECONDO LIBRO DELLA SAGA DEI SEGRETI Questa storia si può trovare facilmente su Amazon sia in cartaceo che in Kindle Demetra Romano, rimasta senza genitori e amici, deve ricominciare a vivere. Deve essere strano tornare alla normalità quando invec...